Cancro e cure non convenzionali, la libertà di scegliere

Cancro e cure non convenzionali, la libertà di scegliere

Cancro e cure non convenzionali possono essere considerate un binomio sensato? Si può pretendere o concedere la libertà di scelta a chi fa l’esperienza di una diagnosi di cancro? Ci sono persone che non vogliono neppure pensare a questa opportunità. Credono che accostare cancro e cure non convenzionali sia un grave errore. Lo credono al punto da ostacolare con forza i propri cari che cercano altre strade.

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Negli articoli “Perché curare il cancro integrando le terapie complementari” e “Cancro: primi passi dopo la diagnosi” ho raccontato i vantaggi di integrare le cure complementari alle terapie convenzionali.

In questo articolo propongo una riflessione a favore delle persone che chiedono, se non il sostegno, almeno il rispetto delle proprie scelte terapeutiche non convenzionali.

Un atteggiamento di rifiuto

Spesso, i giornalisti che raccontano fatti di cronaca legati alla morte per cancro di persone che stavano percorrendo strade di cura non convenzionali, denunciano l’irresponsabilità di queste persone. Sembrano suggerire che se i malati avessero seguito un percorso convenzionale, oggi sarebbero vivi e sani. Questa, però, è una bugia. Coloro che pensano e scrivono cose del genere esprimono tutta la loro ignoranza sulla complessità della situazione.

Certo, sarebbe bello (o forse no) se fosse tutto bianco o nero e se si potessero avere certezze sull’esito futuro di una scelta. La verità è che nessuno può sapere cosa sarebbe accaduto percorrendo un’altra strada, più convenzionale. E quando qualcuno muore in seguito a un percorso di cure convenzionali, non se ne parla sui giornali.

Con questo articolo vorrei dar il mio contributo per favorire una maggiore consapevolezza, vorrei che chi legge capisca quanto sia complesso l’argomento e, perché no, vorrei promuovere il rispetto per le scelte di ognuno. Convenzionali oppure no.

Il desiderio di salute

Innanzitutto, vorrei fosse chiaro a tutti che nell’agire di ognuno di fronte alla malattia e nelle scelte terapeutiche, c’è il desiderio (per sé o per i propri cari) di ripristinare la piena salute e darsi la possibilità di vivere a lungo, sani e felici.

Ogni azione intrapresa ha questo obiettivo. Partendo da questo scopo, ognuno mette in gioco la propria esperienza, le convinzioni, le emozioni, la cultura e il contesto in cui è vissuto. Si sceglie la strada che si crede migliore per sé o per la persona cara. Non è possibile sapere in anticipo quale sarà il risultato e tutto si gioca a partire dal desiderio di raggiungere salute e benessere.

Perché cercare strade non convenzionali?

Guardando negli occhi un figlio/a, una compagna/o, un genitore che sta male, che ha sempre meno energia, che non riesce a tenere il cibo nello stomaco, perde i capelli e diventa sempre più pallido e debole, non è legittimo che sorga un dubbio? Cosa fa stare male questa persona? La malattia o la terapia? Cosa sarebbe successo dicendo no alla chemioterapia?

Siamo in tanti, professionisti e non, ad aver già vissuto da vicino oppure da lontano un percorso di terapie convenzionali tossiche, che ha avuto un esito nefasto. A volte la persona è morta, a volte è sopravvissuta a costo di sofferenze, effetti collaterali e sequele non indifferenti. Può essere legittimo allora, quando la situazione si ripresenta, voler esplorare altre strade?

Il messaggio di fondo sul quale vorrei riflettere con voi è quello secondo cui chi non segue la Medicina Ufficiale è destinato a morire. E in fondo diventa colpevole della propria sofferenza e della propria eventuale morte, assieme a tutti i familiari che non lo hanno distolto da questa “folle” idea.

Perché cercare strade diverse dovrebbe essere folle? Come può essere sbagliato desiderare di star meglio, di preservare l’energia vitale e, anzi, di aumentarla?

Non esiste un’unica via

Come medico mi rincresce doverlo sottolineare, ma anche decidendo di seguire i protocolli della medicina convenzionale non c’è certezza di guarigione. Questo significa che non esiste una Via Assoluta, efficace sempre e per tutti.

Anche decidendo di seguire i protocolli della medicina convenzionale non c’è certezza di guarigione

Magari ci fosse un percorso senza effetti collaterali e che assicura la guarigione! Allora forse sì, di fronte alla certezza del successo, chi non percorresse quella via sarebbe da considerare folle. La scelta di non curarsi secondo un protocollo che dà il 100% di guarigioni e di benessere sarebbe davvero difficile da comprendere.

Guardare ai fatti

Partendo dalla costatazione che c’è tanto margine di miglioramento riguardo alle cure convenzionali e non, sembrerebbe evidente che per aiutare il paziente serve unire le forze, le conoscenze e i punti di vista.

Non posso che constatare che c’è una mancanza di collaborazione tra i professionisti esperti nei diversi approcci, quando invece le strade della medicina convenzionale e non convenzionale si potrebbero benissimo integrare.

Osservo che tanti operatori, anziché collaborare sfruttando le competenze e le conoscenze di ognuno, si ignorano, anzi: sovente si disprezzano. Spesso senza nemmeno conoscersi! A subire le conseguenze di tutto questo sono i malati e i loro cari.

È un dato oggettivo, per esempio, che la chemioterapia sia una terapia fortemente invalidante. I medici e i pazienti che esplorano strade nuove per cercare di evitare, arginare o compensare i danni delle terapie proposte dalla medicina convenzionale perseguono un intento legittimo.

Alcuni studi hanno mostrato che i medici sono spesso i primi a esitare quando devono sottoporsi a queste terapie se si ritrovano nel ruolo di paziente. Questo perché sanno ciò che comportano. Iniettarsi un veleno altamente tossico nel corpo per uccidere le cellule considerate pericolose non è affatto naturale. Nessuno che conosce la medicina potrebbe mai farlo a cuor leggero.

La medicina non è onnipotente

Contrariamente a quello che tanti vogliono far credere, ricordo che la medicina non è una scienza ma un’arte. Un’arte che necessità umanità, empatia, rispetto, sensibilità, intuizione e umiltà, oltre che conoscenza e tecnica.
Non comprendo quest’insistenza a voler fare passare la medicina per una scienza esatta. Forse c’è un bisogno diffuso, da parte dei media e dei professionisti, di convincere le persone che sia totalmente sicura e infallibile? Farne una scienza non ne eliminerebbe comunque i potenziali margini di fallimento (quante teorie, nei secoli, si sono rivelate sbagliate?).

L’integrazione come via verso salute e benessere

Sempre più persone decidono di integrare le terapie convenzionali con un percorso di terapie non convenzionali. Scelgono di seguire i protocolli terapeutici consigliati dalla medicina convenzionale e, spesso di nascosto dalla squadra di professionisti convenzionali, integrano un percorso di terapie non convenzionali.
Strade che possono comprendere, ad esempio, terapie naturali per arginare gli effetti collaterali della chemioterapia e percorsi per raggiungere la consapevolezza delle ragioni dietro alla malattia, con l’obiettivo di individuare e rimuoverne le cause.
L’intento dei percorsi di consapevolezza mira certo a una guarigione fisica, ma anche emotiva e a volte spirituale.
Anche se qualcuno che critica e dà parere contrario c’è sempre, di solito questa integrazione risulta una via abbastanza pacifica, che i pazienti riescono a percorrere senza troppi ostacoli.

Sempre più persone decidono di integrare le terapie convenzionali con un percorso di terapie non convenzionali

Perché una scelta drastica?

A volte invece, alcune persone rifiutano totalmente la medicina convenzionale. Perché una scelta cosi drastica? Per comprendere queste scelte c’è da prendere atto di un fatto importante. Accettare terapie tossiche che fanno sentir peggio di quanto faccia il tumore è un grande atto di fiducia nei confronti della medicina che si pratica nei nostri ospedali. Questa fiducia, però, oggi è incrinata.

Lo è perché la medicina che viene proposta è una medicina di massa, fatta di protocolli in cui si cura la malattia e non la persona. Se il protocollo prevede 6 dosi di farmici chemioterapici, una ogni 3 settimane, il medico prescrive questo stesso percorso indipendentemente dalla persona che ha di fronte e dalla sua risposta fisica. Il medico stesso è prigioniero dal protocollo e rischia il proprio posto di lavoro se si prende la libertà di adattarlo al paziente.

La medicina che viene proposta è una medicina di massa

Inoltre, la fiducia è incrinata perché vengono sempre più spesso a galla malfunzionamenti gravi del sistema: manipolazioni che portano primari di chirurgia a fare operazioni non necessarie per raggiungere i budget di spesa prefissati; case farmaceutiche che corrompono i ricercatori per modificare i risultati delle sperimentazioni sui farmaci falsificando i dati sull’efficacia o sugli effetti collaterali… Sono tanti gli esempi che chiariscono quanto il benessere del paziente non sia sempre al primo posto in questi ambienti.

Tale crisi di fiducia può spingere il paziente a rifiutare del tutto un certo tipo di cure per cercare strade alternative.

Evitare i protocolli, si può?

Creare la propria via di guarigione indipendentemente dai protocolli è possibile? Ho conosciuto personalmente pazienti che l’hanno fatto e che stanno bene. Vorrei però sottolineare che non c’è una ricetta magica. Questi individui hanno intrapreso un percorso di consapevolezza e di auto determinazione. Hanno cambiato non solo le proprie abitudini ma anche attitudini e convinzioni.

Bisogna essere pronti e convinti per intraprendere un percorso del genere. Sono decine di anni che riceviamo messaggi che fanno del terrorismo sulla malattia e in particolar modo sul cancro. I medici sono i primi ad aver ricevuto un insegnamento che vede la malattia come un nemico sempre pronto a colpire, dal quale ci dobbiamo proteggere e che dobbiamo combattere senza tregua.

Riuscire a liberarsi da queste convinzioni e da questo punto di vista tanto spaventoso non è da tutti. Serve avere delle conoscenze, delle esperienze personali o famigliari che hanno favorito o rinforzato la fiducia nel corpo, nella sua capacità di auto-guarigione e nella Vita che scorre in noi. Nella mia esperienza, serve sostanzialmente essere ben connessi alla propria direzione interiore.

Accompagnati oppure soli

Qualunque sia la strada scelta, un percorso di guarigione è sempre un percorso personale. Nessuno lo può fare al posto nostro. Solo la persona coinvolta direttamente vive sulla propria pelle emozioni e sintomi. È sempre lei o lui che sentirà se quello che sta facendo è la strada giusta oppure no.

C’è però una differenza importante per chi sceglie una strada non convenzionale rispetto a quella convenzionale. Spesso non troverà il sostegno del sistema sanitario e forse nemmeno dei propri cari. Anzi: rischia di incontrare critiche, giudizio, rabbia, frustrazione, ansia, a volte violenza. Scegliere una strada diversa da quella convenzionale aumenta il senso di responsabilità verso se stessi e di solitudine, in un certo senso.

Un percorso di guarigione è sempre un percorso personale

Quando si cerca di convincere l’altro sulle cure da intraprendere

Prima di fare pressione sulle scelte terapeutiche di un’altra persona, è importante sapere che percorrere una strada che ci convince è una condizione che favorisce la nostra guarigione, indipendentemente dalla strada scelta. La fiducia, il senso di sicurezza e la libertà di scelta favoriscono drasticamente i processi di guarigione.

Nessuna persona, che sia un terapeuta convenzionale oppure no, può garantire al paziente la sua guarigione e nemmeno un miglioramento sicuro seguendo le terapie proposte.
Il risultato di un percorso di guarigione appartiene alla persona. È il risultato di un movimento interiore profondo, in parte inconscio, che può al massimo essere sostenuto da chi è esterno al processo.

Se la tentazione di obbligare la persona a fare quello che crediamo giusto è troppo grande, rendendo a volte un inferno la vita in comune, propongo di farsi qualche domanda. Cosa mi spinge a fare pressione? L’amore o la paura? Il rispetto o il disprezzo? La conoscenza o l’ansia? La fiducia o il terrore di avere rimpianti? Mi muovo in relazione a quello che c’è realmente o in relazione a quello che temo?

L’attrazione verso il protocollo

I protocolli di medicina convenzionale possono restituire un senso di sicurezza al paziente, ai suoi cari e al medico curante. In un momento di tempesta, avere una strada già tracciata (e percorsa da tanti altri) per i prossimi 3-6 mesi senza aver bisogno di riflettere, senza sforzarsi per sentire cosa è giusto, senza decisioni da prendere, relativizza l’eventuale senso di smarrimento.

Un percorso di guarigione personalizzato si fa un passo alla volta, osservando gli effetti di ogni passo e di ogni scelta, rispettando i tempi del corpo e pronti a continuare nella stessa direzione o adattare la propria rotta.

Seguire un percorso deciso da una squadra di curanti convenzionali sostenuta dal Sistema Sanitario Nazionale, toglie anche un po’ di senso di responsabilità. Sono altre persone esperte a decidere per me o per la persona cara. Nel togliersi un po’ di senso di responsabilità, ci tuteliamo da un eventuale futuro senso di colpa se le cose non dovessero finire bene.

Capisco, davvero, la difficoltà di accettare l’incertezza. Con i protocolli, la parte razionale che c’è in noi cerca di mettere l’essere umano e la Vita in caselle predefinite, per trovare sempre una soluzione efficace, definitiva e immediata. Purtroppo, o per fortuna, la Vita non è affatto cosi lineare!

Il percorso di cura, un momento di condivisione

Rinunciare a opprimere la persona malata per convincerla a fare quello che consideriamo giusto; accettare di fare un passo indietro per lasciarle spazio e rispettare le sue scelte è un gran dono d’amore incondizionato. È un segno di stima e di sana umiltà.

Al di fuori di ogni dogma, libero da pressioni esterne, ognuno può trovare la propria strada. Qualcuno si sentirà al sicuro e curato bene beneficiando esclusivamente dei protocolli della medicina convenzionale. Qualcun altro avrà la necessità di integrare le medicine complementari, mentre altri ancora decideranno di percorrere esclusivamente un percorso non convenzionale.

Qualunque sia la scelta, potrai sostenere il percorso di chi ami con la tua presenza amorevole, con empatia e rispetto e rendere la situazione delicata un momento di grande condivisione e crescita personale, per tutti.

Il sistema famigliare e il potere di guarire l’albero genealogico

Il sistema famigliare e il potere di guarire l’albero genealogico

Che cos’è un sistema famigliare? In questo articolo voglio approfondire il tema del sistema famigliare e condividere con te conoscenze e competenze fondamentali per guarire l’albero genealogico. Di solito è chiaro a tutti che il nostro presente è influenzato da quello che viviamo in questo momento e dal nostro passato personale. Invece non tutti sono consapevoli del fatto che il passato della nostra linea genealogica conta anch’esso.

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Biokinesiologia, Biocostellazioni, Biopsicogenealogia: sono tutti strumenti di aiuto che sono solita usare e che hanno come denominatore comune il fatto di prendere in considerazione l’importanza del vissuto degli antenati.

Cosa è successo prima di te?

Ciò che hanno vissuto i tuoi antenati ha un grande potere, quello di influenzare la tua vita. Tramite il DNA (l’acido desossiribonucleico che costituisce i nostri geni), oltre ad aspetti fisici come il colore degli occhi, erediti dagli antenati talenti, risorse e qualità ma anche emozioni non accolte e ferite non guarite. Vale per tutti noi.

Forse la mia affermazione ti stupirà: a volte, parte del nostro sentire, che condiziona la nostra vita, può appartenere non propriamente a noi ma piuttosto a un nostro antenato. Tante emozioni o sensazioni possono derivare proprio da questo: una rabbia interiore che non ci spieghiamo, un senso di ingiustizia, un senso di esclusione, di solitudine, la tendenza a fallire, l’impossibilità di imporre dei limiti eccetera.

Parte del nostro sentire può appartenere non propriamente a noi ma piuttosto a un nostro antenato

Si può fare qualcosa per non subire queste eredità? La consapevolezza di come stanno le cose può essere il punto di partenza di un lavoro in grado di sciogliere i condizionamenti e i legami limitanti con alcuni antenati. In questo articolo mi concentro su un aspetto specifico del lavoro che puoi scegliere di fare.

Le costellazioni famigliari e la legge di appartenenza

Ho imparato dallo strumento delle costellazioni famigliari ideato da Bert Hellinger che un aspetto fondamentale per stare bene è essere al proprio posto all’interno del tuo sistema.

Quando si parla di sistema si intende l’insieme di persone di cui fai parte. Il primo sistema di appartenenza è proprio il sistema famigliare. Il tuo posizionamento all’interno del tuo sistema di origine condiziona tutte le dinamiche che puoi mettere in campo in altri sistemi: sul lavoro, in coppia, con gli amici e così via. È proprio per questo che la famiglia di origine, che include gli antenati, è il sistema di cui voglio parlarti con questo articolo.

Quando si ha l’obiettivo di essere al proprio posto, il primo passo da compiere è quello di riconoscere l’appartenenza di ogni membro al sistema famigliare stesso. Si tratta di qualcosa di molto importante: nessuno deve essere escluso. Il senso di appartenenza, infatti, è uno dei principi fondamentali nel lavoro con le Costellazioni Familiari.

La Legge dell’Appartenenza recita: “ogni membro di un sistema familiare ha diritto di fare parte del sistema-famiglia e conseguentemente nessuno può esserne escluso, per nessun motivo”.

Approfondiamo il concetto

In pratica, tutti i membri di una famiglia hanno lo stesso diritto di appartenere a quella famiglia, è un diritto irrinunciabile, che si acquisisce per il semplice fatto di essere stati concepiti da due membri appartenenti al sistema famigliare. Qualunque siano le azioni, il destino, le scelte di ogni persona, niente può giustificare il non rispetto di questa legge di appartenenza. Nessuno va escluso, ognuno va rispettato e onorato qualunque sia il suo destino.

Attenzione, c’è una precisazione importante che voglio farti. La Legge dell’Appartenenza non implica che tu debba per forza essere in contatto fisicamente con tutti i membri del sistema famigliare. Sono consapevole che esistono molte situazioni in cui è fondamentale prendere le distanze, ad esempio quando si ha a che fare con una persona violenta. Senza rinnegare, però, la sua appartenenza al sistema.

Cos’è esattamente il sistema famigliare?

Il primo sistema di appartenenza è la tua famiglia di origine, che comprende i membri della tua famiglia e non solo. Vediamo insieme chi dobbiamo prendere in considerazione.

  • Te, i tuoi fratelli e le tue sorelle. Nel contare fratelli e sorelle dobbiamo includere anche: i fratelli e le sorelle nati fuori dal matrimonio dei nostri genitori, cioè quelli illegittimi ma anche quelli nati da unioni successive o precedenti; i fratelli e le sorelle morti, sia quelli nati morti sia quelli abortiti (intenzionalmente e non), fratelli e sorelle dati in adozione o adottati, fratelli e sorelle disconosciuti per qualunque ragione, nessuno escluso;
  • i tuoi genitori biologici, i loro fratelli e sorelle naturali, compresi quelli morti (anche per aborto), abbandonati, dati in adozione o disconosciuti, fratelli e sorelle dei genitori che siano stati adottati;
  • i partner precedenti dei tuoi genitori e i genitori adottivi;
  • i nonni, anche in questo caso inclusi i fidanzati o i coniugi precedenti.

Il primo sistema di appartenenza è la tua famiglia di origine

Un gruppo allargato

Secondo Bert Hellinger appartengono al nostro sistema tutte le persone di sangue, cioè i nostri famigliari, ma anche le persone che hanno contato per noi e per loro.

Ti faccio alcuni esempi, così da chiarire. Fanno parte del gruppo persone verso cui ti senti in debito per varie ragioni. Oppure persone che rifiuti, che escludi (anche solo perché ti rifiuti di nominarle o cerchi di dimenticarle), individui che hai scelto di disconoscere.

Poi ci sono coloro che hanno assassinato un membro della famiglia, oppure che hanno commesso un delitto grave nei tuoi confronti o di qualcuno appartenente al tuo sistema famigliare. Bert Hellinger chiarisce anche che nel sistema famigliare rientrano persone che con il loro sacrificio hanno contribuito al benessere collettivo di quel gruppo.

Per esempio la prima moglie del nonno di Sara, morta giovane, che con la sua morte ha “permesso” all’antenato di Sara di incontrare un’altra donna e creare con lei una famiglia, dalla quale Sara discende. Se questa prima moglie non fosse morta Sara non sarebbe mai nata.

Cosa comporta l’esclusione?

Se eventi o persone del nostro passato genealogico ci disturbano tanto da volerli cancellare, dobbiamo sapere che qualunque cosa noi pensiamo o facciamo, le memorie continuano a esistere e a esercitare la loro influenza. Più cerchiamo di ignorarle e farle tacere più saranno rumorose, parlandoci attraverso malesseri, malattie e ostacoli, impedendoci di esprimere appieno il nostro potenziale di gioia e benessere.

Le memorie hanno una influenza più forte quanto più cerchiamo di cancellarle

Per liberarsi dal peso di queste memorie dobbiamo accettare di riconoscerle e accoglierle nel nostro cuore, sospendendo il giudizio.

Il meccanismo di Irretimento

Quando una persona del clan è stata esclusa o coinvolta in un evento che viene “rifiutato” da tutti gli altri, un membro del clan delle generazioni successive si incarica inconsciamente di riportare l’escluso, o l’esclusa, nel clan. Accade per esempio con un nonno che si è suicidato e nessuno ne parla perché viene considerata un’azione vergognosa, vedremo alcuni esempi dettagliati più avanti.

Come avviene tutto ciò? Il discendente si identifica, sempre inconsciamente, nell’escluso. Il fenomeno, nelle costellazioni famigliari, si chiama appunto Irretimento. La persona irretita è bloccata nel proprio movimento di Vita, si sente in trappola ed è come condannata a fare quello che, a un livello sottile, il sistema gli impone di fare… Vivere le stesse emozioni, attitudini, scelte dell’escluso. Questo perché chi è stato “scacciato dal clan” sia finalmente riportato nel sistema. L’Irretimento impedisce alla persona di vivere liberamente il proprio destino, il che è fonte di profondo disagio, malesseri e malattie.

I segreti di famiglia, che sono il tipico sintomo di eventi rifiutati, dei quali ci si vergogna, favoriscono gli irretimenti più pesanti e distruttivi.

Esclusione, volontaria e non

L’esclusione di qualcuno dal sistema famigliare può anche essere involontaria. Un bambino morto del quale non si sa nulla, perché nessuno ne ha più parlato, non è stato escluso in modo premeditato, ma il fatto che tutti lo abbiano dimenticato è una forma di esclusione.

Nella storia dei tuoi antenati vari eventi possono non essere stati accolti, nel momento in cui sono accaduti, perché troppo dolorosi. Di conseguenza hanno lasciato la traccia dell’esclusione nel sistema famigliare.

Per esempio: lo zio di Luigi di cui non si è più parlato perché è finito in manicomio, o la nonna di Rita, sulla quale cala un silenzio imbarazzato se si nomina la sua morte perché si è suicidata e nessuno ha elaborato l’accaduto a livello emotivo. Oppure il bambino concepito fuori dal matrimonio dalla prozia di Rachele, in un’epoca in cui le regole sociali lo consideravano scandaloso.

Come guarire l’albero genealogico?

Nella strategia che ti propongo, il primo passo è quello di ricostruire il tuo albero genealogico. Puoi iniziare semplicemente risalendo fino ai nonni, comprendendo cioè tre generazioni. L’atto di mettere su carta il proprio albero genealogico è l’opportunità di rimettere ognuno al proprio posto, senza escludere nessuno. È importante inserire (ovviamente) le persone allontanate, i bambini abbandonati, non nati (aborti spontanei e provocati), nati morti, le persone disperse, quelle bandite. Metti i nomi anche di tutti coloro che sono stati giudicati, quelli di cui i tuoi cari si sono vergognati.

Segui queste regole:

  • inserisci ogni nome nell’ordine di arrivo su questa terra. Ad esempio, da sinistra a destra, si posiziona il primo fratello poi i successivi, seguendo l’ordine cronologico;
  • trova per ognuno la data di nascita e di morte quando occorre.

Cosa puoi fare grazie all’albero genealogico

Il secondo passo è più impegnativo. Quando avrai una visione d’insieme del tuo albero, con ognuno al proprio posto, lavora per accogliere ciascuno nel tuo cuore, riconoscendo che fa parte del clan e della tua storia.

Una volta messo nero su bianco l’albero, avrai una visione globale del sistema famigliare cronologicamente più vicino a te. Potrai quindi “entrare” nell’albero genealogico e riconoscere l’esistenza di ogni membro del clan, accettando e comprendendo che il passato di ciascuno di loro influenza la tua storia e quello che sei oggi.

Da questa consapevolezza è possibile scegliere di agire a livello personale, per raggiungere un equilibrato livello di accettazione, amore e integrazione, affinché le emozioni e le informazioni raccolte sul passato e rimaste in sospeso possano fluire liberamente sulla linea del tempo. Tutti gli insegnamenti di queste esperienze positive e negative potranno allora arrivare fino a te. La necessità di riprodurre le stesse dinamiche o portare pesi che non sono tuoi lascerà allora spazio alla libertà di compiere il proprio destino, il ché da accesso a maggiore benessere e vitalità.

Il potere dell’accettazione e del riconoscimento

Questo lavoro, che può essere un semplice intento del Cuore, ha un potere molto grande nello sciogliere rabbie, frustrazioni, ingiustizie, dolori cristallizzati e schemi comportamentali predefiniti. Libera energia, luce, vitalità alle quali finalmente potrai accedere nel presente.

Liberi dal compito di vivere nel dolore per onorare gli antenati esclusi, dimenticati o giudicati, tutti noi possiamo seguire il sentiero della nostra vita, verso la piena realizzazione del nostro potenziale di salute, gioia e serenità.

Se desideri un aiuto per intraprendere questo cammino di liberazione, ho creato un laboratorio intitolato Costruire e guarire l’albero genealogico. Guarda quando sarà il prossimo sulla pagina Eventi.

Biopsicogenealogia: risalire alla radice antica dei sintomi

Biopsicogenealogia: risalire alla radice antica dei sintomi

La Biopsicogenealogia abbina Psicogenealogia e Leggi Biologiche. Ideata da Anne Ancelin Schützenberger negli anni 70, la Psicogenealogia è fondata sull’osservazione del fatto che eventi, traumi, conflitti e segreti che riguardano i nostri antenati hanno una conseguenza, diretta o indiretta, sulla nostra costituzione fisica, sulla nostra psiche e anche sui nostri comportamenti.

In sostanza traumi e conflitti avvenuti nel passato, lungo il tuo albero genealogico, possono essere responsabili di qualunque tuo sintomo fisico, psicologico o comportamentale.

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Traumi e conflitti vissuti nel passato dai tuoi antenati possono essere responsabili di qualunque tuo sintomo

Cosa sono le Leggi Biologiche

Le Leggi Biologiche si concentrano sullo studio e la comprensione dei sintomi psicofisici. Ogni sintomo è una reazione sensata del corpo per attraversare al meglio una data situazione, che ha colto la persona impreparata. Inoltre, ogni sintomo è il risultato dell’attivazione simultanea di tre livelli: la psiche, il cervello e l’organo che manifesta il sintomo.

Ogniqualvolta un avvenimento ti coglie impreparato si attiva un programma speciale che si esplicita attraverso una o più reazioni del corpo. Qualunque reazione organica è il risultato di un programma biologico speciale e risponde a uno specifico vissuto e a uno specifico nucleo di sensazioni. Il sintomo permette agli esperti di Leggi Biologiche di risalire al vissuto. Dopodiché, assieme ai pazienti, si cerca l’evento all’origine di quello specifico vissuto. L’evento “svelato” consente di orientare le azioni per capire come liberarsi dello stress legato al trauma e contemporaneamente del sintomo.

Qualunque reazione organica è il risultato di un programma biologico speciale

Il punto di vista della Biopsicogenealogia

Integrando le due discipline (cioè Psicogenealogia e Leggi Biologiche), la Biopsicogenealogia vede la malattia come una risposta del corpo in relazione a una data situazione che stai vivendo e alla quale non trovi una soluzione. A sua volta le modalità di risposta sono influenzate dal tuo vissuto personale, presente e passato, ma anche dal vissuto dei tuoi antenati.

La risposta, chiamata comunemente malattia, è influenzata dal vissuto dei tuoi antenati

Contrariamente a quello che viene insegnato durante gli studi di medicina convenzionale occidentale, questo paradigma alternativo vede la malattia come una risposta sensata. La radice del problema non è al di fuori di noi ma dentro di noi.

La malattia non proviene dall’esterno come un nemico invasore che ti attacca. Non è nemmeno l’espressione di un’incompetenza o di una debolezza del corpo. Bensì nasce dalla competenza del corpo, in reazione a una situazione che diventerebbe mortale se non affrontata.

Il tuo cervello è programmato per favorire la tua sopravvivenza e quella della tua specie, quindi fa in modo che si attivi un protocollo “di salvataggio”: la malattia.

 

Cosa definiamo patologico

In questo blog puoi trovare diversi esempi che ti aiuteranno a capire come definisco la malattia nel contesto del mio metodo, quello della Bioconsapevolezza, che racchiude in sé i principi della Biopsicogenealogia.

Immagina ora una gazzella stanca, in affanno, con il battito cardiaco accelerato (tachicardia), la pressione arteriosa alta. I suoi esami del sangue risulterebbero leggermente fuori norma. Secondo te, tutti questi sintomi sono patologici? Dipende dal contesto. Se la gazzella è appena scappata da un leone affamato, tutte queste manifestazioni sono fisiologiche. Il riposo in un luogo sicuro basterà e l’organismo della gazzella tornerà al suo funzionamento di routine in totale autonomia, senza più manifestare alcun sintomo.

 

Un’anamnesi incompleta

Quello che mi ha sempre lasciato perplessa fin dagli studi di medicina convenzionale è la tendenza, propria della medicina occidentale, di isolare il paziente dal suo contesto. Quando qualcuno sta male si rivolge al medico. Al paziente però si chiede raramente che lavoro fa, quale è la sua situazione famigliare e sociale, che forme di stress sta vivendo. L’anamnesi medica si concentra quasi esclusivamente sulle patologie pregresse personali e famigliari.

Isolare il paziente dal suo contesto impedisce di andare alla radice del problema

La Biopsicogenealogia riconosce una soglia di stress massimo, che se superata mette a rischio la sopravvivenza. Quando in un contesto specifico si supera questa soglia, il cervello attiva un protocollo di soluzione d’emergenza, la soluzione con la S maiuscola, ovvero la malattia. Al posto di morire, il cervello preferisce attivare una malattia. Ecco perché è così importante raccogliere informazioni sul vissuto dei pazienti.

Al posto di morire di stress il cervello preferisce attivare una malattia

Per salvarti la vita, il tuo corpo trasferisce lo stress psicologico a livello organico, su un tessuto cellulare, individuando quelle cellule che potrebbero risolvere il problema. La malattia interviene per salvarci momentaneamente la vita. Biologicamente parlando è sempre meglio essere malati che morti. Ecco allora che capire qual è la fonte di stress che ha spinto il corpo ad agire è fondamentale per guarire. Ciascuno di noi può vivere un evento in modo drammatico per ragioni differenti. Tra queste ragioni ci sono la storia personale e il vissuto genealogico.

La malattia interviene per salvarci momentaneamente la vita

La tua storia personale

Se hai bisogno di indagare sul tuo vissuto per capire l’origine di un sintomo, chiediti innanzitutto cosa stai vivendo di molto stressante in questo momento. Ma non fermarti qui. Domandati se ci sono stati dei drammi nella tua vita. Le ferite del passato condizionano il tuo modo di vivere la situazione presente.

Poiché tutti noi viviamo tanti tipi di stress diversi, spesso senza esserne pienamente consapevoli, come fare per individuare qual è la situazione fonte dello stress che ti fa ammalare? A orientarci nella direzione giusta sono le Leggi Biologiche. Si parte sempre dal sintomo, poi si analizza la malattia con le sue caratteristiche specifiche cercando di capire in quale modo può essere una risposta sensata del corpo. Quindi si indaga per comprendere perché il corpo ha attivato quella malattia in quel tessuto cellulare (organo) e non in un altro. Ci si chiede come la malattia “tampona” momentaneamente il problema legato a un forte stato di stress. Se vuoi approfondire trovi un esempio qui.

Si cerca di capire in quale modo la malattia può essere una risposta sensata del corpo

La tua storia famigliare e l’albero genealogico

Ognuno porta con sé e in sé la memoria della sua famiglia, della sua tradizione, della sua specie. Siamo vivi, esistiamo grazie e attraverso i nostri antenati, che con la loro esperienza ci hanno regalato risorse positive ma anche difficoltà e vissuti irrisolti.

Inconsapevolmente ereditiamo dei programmi biologici che si esprimono sotto forma di comportamenti o sintomi, che a volte ci allontanano da quello che sarebbe il nostro modo “personale” di vivere la situazione.

Ci sono due tipi di elementi che vengono trasmessi di generazione in generazione: il problema o la soluzione.

L’eredità della soluzione

Se un tuo antenato ha vissuto un dramma e ha trovato una risposta di adattamento efficace, questa capacità e questo comportamento adattivo diventano un programma inconscio. Nel caso in cui tu sia portatore di questa memoria, anche se la situazione che ha causato il problema nel passato non esiste più, proporrai sistematicamente quella stessa “soluzione” in tutta una serie di contesti. Una capacità utile nel passato può così diventare una fonte di stress e malattia nel presente.

Facciamo alcuni esempi, tratti dalle mie sedute di Biopsicogenealogia.

  • Un uomo che non si sentiva molto bene è stato salvato perché sua moglie si è preoccupata e l’ha portato dal medico, nonostante le sue reticenze. Aveva una peritonite acuta ma tutto si è risolto per il meglio. Perché è stato preso in tempo. Preoccuparsi può diventare così un programma biologico vitale. Finché non si libera da questo programma, la persona portatrice rischia di non sapere cos’è la serenità, anche in situazioni di totale sicurezza.
  • Anche comportamenti considerati socialmente sbagliati possono derivare da programmi biologici. Una donna durante la guerra ha mentito nel corso di un interrogatorio riuscendo a salvare cinquanta persone. Dire bugie può diventare un programma vitale inconscio. Ottenere la verità da una persona che porta in sé questo programma è davvero difficile: non lo fa attivamente, è spontaneamente portata a distorcere la realtà e omettere alcuni fatti.
  • Pensiamo alle famiglie nelle quali più di un componente viola la legge. È possibile che nel loro albero genealogico qualcuno abbia salvato molte persone, o la propria vita, non rispettando la legge all’interno di un regime dittatoriale. E così via.

Quando la soluzione non è stata raggiunta

Se il dramma vissuto dall’antenato è stato senza soluzione, i discendenti continueranno a viverne le conseguenze fino a quando non si identifica finalmente una possibile soluzione.

Facciamo qualche esempio, sempre tratto dalla mia esperienza professionale.

  • O magari un bambino è morto durante la notte e i genitori hanno vissuto il dolore di non averlo sentito, perché dormivano. Coloro che, nelle generazioni successive, ereditano questo dolore, potrebbero soffrire di insonnia. L’insonnia in questo caso è un programma biologico inconscio sensato: permette di rimanere vigili, vegliare il bambino e salvarlo per tempo.
  • In un’altra famiglia due persone sono morte a causa di un incidente in macchina sulla strada per le vacanze. Nelle generazioni successive tanti individui sembrano morbosamente attaccati al proprio lavoro, incapaci di prendersi una pausa. Le ragioni sono incomprensibili perché inconsce, ma un motivo c’è sempre…

Le ragioni sono incomprensibili perché inconsce, ma un motivo c’è sempre

I programmi biologici privano della libertà di scelta

Quando la situazione problematica stressante è presente, la consapevolezza di quanto sta accadendo permette di sapere in quale direzione agire concretamente per risolverla. Così si scioglie lo stress e si libera il corpo dal compito di trovare una soluzione creando sintomi e malattie.

Se invece il problema vissuto è legato a una situazione del passato, personale o genealogico, diventare consapevoli, accogliere il problema può bastare a sciogliere il nodo e liberarti dal programma biologico. Ciò permette, grazie alla Biopsicogenealogia, di recuperare la libertà di scelta. Potrai andare in vacanza o lavorare senza sosta, avere figli oppure no, preoccuparti o essere sereno, dire la verità o mentire eccetera.

Ogni nostra azione è influenzata dai programmi inconsci ereditati dai nostri antenati. Questo è un concetto chiave al cuore della Biopsicogenealogia. Se si apre la mente a questo punto di vista diventa superfluo giudicare bene o male se stessi o un’altra persona per i suoi comportamenti.

Hai in te comportamenti, modi di fare e di sentire che ti piacciono? Puoi ringraziare i tuoi antenati per i programmi biologici portatori di positività che hai ereditato. Se al contrario manifesti comportamenti che ostacolano la tua crescita, la tua felicità e il tuo benessere puoi lavorare su te stesso sfruttando i principi della Biopsicogenealogia, per sciogliere alcuni ostacoli e guadagnare consapevolezza, libertà e salute.