Biopsicogenealogia: risalire alla radice antica dei sintomi

Biopsicogenealogia: risalire alla radice antica dei sintomi

La Biopsicogenealogia abbina Psicogenealogia e Leggi Biologiche. Ideata da Anne Ancelin Schützenberger negli anni 70, la Psicogenealogia è fondata sull’osservazione del fatto che eventi, traumi, conflitti e segreti che riguardano i nostri antenati hanno una conseguenza, diretta o indiretta, sulla nostra costituzione fisica, sulla nostra psiche e anche sui nostri comportamenti.

In sostanza traumi e conflitti avvenuti nel passato, lungo il tuo albero genealogico, possono essere responsabili di qualunque tuo sintomo fisico, psicologico o comportamentale.

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Traumi e conflitti vissuti nel passato dai tuoi antenati possono essere responsabili di qualunque tuo sintomo

Cosa sono le Leggi Biologiche

Le Leggi Biologiche si concentrano sullo studio e la comprensione dei sintomi psicofisici. Ogni sintomo è una reazione sensata del corpo per attraversare al meglio una data situazione, che ha colto la persona impreparata. Inoltre, ogni sintomo è il risultato dell’attivazione simultanea di tre livelli: la psiche, il cervello e l’organo che manifesta il sintomo.

Ogniqualvolta un avvenimento ti coglie impreparato si attiva un programma speciale che si esplicita attraverso una o più reazioni del corpo. Qualunque reazione organica è il risultato di un programma biologico speciale e risponde a uno specifico vissuto e a uno specifico nucleo di sensazioni. Il sintomo permette agli esperti di Leggi Biologiche di risalire al vissuto. Dopodiché, assieme ai pazienti, si cerca l’evento all’origine di quello specifico vissuto. L’evento “svelato” consente di orientare le azioni per capire come liberarsi dello stress legato al trauma e contemporaneamente del sintomo.

Qualunque reazione organica è il risultato di un programma biologico speciale

Il punto di vista della Biopsicogenealogia

Integrando le due discipline (cioè Psicogenealogia e Leggi Biologiche), la Biopsicogenealogia vede la malattia come una risposta del corpo in relazione a una data situazione che stai vivendo e alla quale non trovi una soluzione. A sua volta le modalità di risposta sono influenzate dal tuo vissuto personale, presente e passato, ma anche dal vissuto dei tuoi antenati.

La risposta, chiamata comunemente malattia, è influenzata dal vissuto dei tuoi antenati

Contrariamente a quello che viene insegnato durante gli studi di medicina convenzionale occidentale, questo paradigma alternativo vede la malattia come una risposta sensata. La radice del problema non è al di fuori di noi ma dentro di noi.

La malattia non proviene dall’esterno come un nemico invasore che ti attacca. Non è nemmeno l’espressione di un’incompetenza o di una debolezza del corpo. Bensì nasce dalla competenza del corpo, in reazione a una situazione che diventerebbe mortale se non affrontata.

Il tuo cervello è programmato per favorire la tua sopravvivenza e quella della tua specie, quindi fa in modo che si attivi un protocollo “di salvataggio”: la malattia.

 

Cosa definiamo patologico

In questo blog puoi trovare diversi esempi che ti aiuteranno a capire come definisco la malattia nel contesto del mio metodo, quello della Bioconsapevolezza, che racchiude in sé i principi della Biopsicogenealogia.

Immagina ora una gazzella stanca, in affanno, con il battito cardiaco accelerato (tachicardia), la pressione arteriosa alta. I suoi esami del sangue risulterebbero leggermente fuori norma. Secondo te, tutti questi sintomi sono patologici? Dipende dal contesto. Se la gazzella è appena scappata da un leone affamato, tutte queste manifestazioni sono fisiologiche. Il riposo in un luogo sicuro basterà e l’organismo della gazzella tornerà al suo funzionamento di routine in totale autonomia, senza più manifestare alcun sintomo.

 

Un’anamnesi incompleta

Quello che mi ha sempre lasciato perplessa fin dagli studi di medicina convenzionale è la tendenza, propria della medicina occidentale, di isolare il paziente dal suo contesto. Quando qualcuno sta male si rivolge al medico. Al paziente però si chiede raramente che lavoro fa, quale è la sua situazione famigliare e sociale, che forme di stress sta vivendo. L’anamnesi medica si concentra quasi esclusivamente sulle patologie pregresse personali e famigliari.

Isolare il paziente dal suo contesto impedisce di andare alla radice del problema

La Biopsicogenealogia riconosce una soglia di stress massimo, che se superata mette a rischio la sopravvivenza. Quando in un contesto specifico si supera questa soglia, il cervello attiva un protocollo di soluzione d’emergenza, la soluzione con la S maiuscola, ovvero la malattia. Al posto di morire, il cervello preferisce attivare una malattia. Ecco perché è così importante raccogliere informazioni sul vissuto dei pazienti.

Al posto di morire di stress il cervello preferisce attivare una malattia

Per salvarti la vita, il tuo corpo trasferisce lo stress psicologico a livello organico, su un tessuto cellulare, individuando quelle cellule che potrebbero risolvere il problema. La malattia interviene per salvarci momentaneamente la vita. Biologicamente parlando è sempre meglio essere malati che morti. Ecco allora che capire qual è la fonte di stress che ha spinto il corpo ad agire è fondamentale per guarire. Ciascuno di noi può vivere un evento in modo drammatico per ragioni differenti. Tra queste ragioni ci sono la storia personale e il vissuto genealogico.

La malattia interviene per salvarci momentaneamente la vita

La tua storia personale

Se hai bisogno di indagare sul tuo vissuto per capire l’origine di un sintomo, chiediti innanzitutto cosa stai vivendo di molto stressante in questo momento. Ma non fermarti qui. Domandati se ci sono stati dei drammi nella tua vita. Le ferite del passato condizionano il tuo modo di vivere la situazione presente.

Poiché tutti noi viviamo tanti tipi di stress diversi, spesso senza esserne pienamente consapevoli, come fare per individuare qual è la situazione fonte dello stress che ti fa ammalare? A orientarci nella direzione giusta sono le Leggi Biologiche. Si parte sempre dal sintomo, poi si analizza la malattia con le sue caratteristiche specifiche cercando di capire in quale modo può essere una risposta sensata del corpo. Quindi si indaga per comprendere perché il corpo ha attivato quella malattia in quel tessuto cellulare (organo) e non in un altro. Ci si chiede come la malattia “tampona” momentaneamente il problema legato a un forte stato di stress. Se vuoi approfondire trovi un esempio qui.

Si cerca di capire in quale modo la malattia può essere una risposta sensata del corpo

La tua storia famigliare e l’albero genealogico

Ognuno porta con sé e in sé la memoria della sua famiglia, della sua tradizione, della sua specie. Siamo vivi, esistiamo grazie e attraverso i nostri antenati, che con la loro esperienza ci hanno regalato risorse positive ma anche difficoltà e vissuti irrisolti.

Inconsapevolmente ereditiamo dei programmi biologici che si esprimono sotto forma di comportamenti o sintomi, che a volte ci allontanano da quello che sarebbe il nostro modo “personale” di vivere la situazione.

Ci sono due tipi di elementi che vengono trasmessi di generazione in generazione: il problema o la soluzione.

L’eredità della soluzione

Se un tuo antenato ha vissuto un dramma e ha trovato una risposta di adattamento efficace, questa capacità e questo comportamento adattivo diventano un programma inconscio. Nel caso in cui tu sia portatore di questa memoria, anche se la situazione che ha causato il problema nel passato non esiste più, proporrai sistematicamente quella stessa “soluzione” in tutta una serie di contesti. Una capacità utile nel passato può così diventare una fonte di stress e malattia nel presente.

Facciamo alcuni esempi, tratti dalle mie sedute di Biopsicogenealogia.

  • Un uomo che non si sentiva molto bene è stato salvato perché sua moglie si è preoccupata e l’ha portato dal medico, nonostante le sue reticenze. Aveva una peritonite acuta ma tutto si è risolto per il meglio. Perché è stato preso in tempo. Preoccuparsi può diventare così un programma biologico vitale. Finché non si libera da questo programma, la persona portatrice rischia di non sapere cos’è la serenità, anche in situazioni di totale sicurezza.
  • Anche comportamenti considerati socialmente sbagliati possono derivare da programmi biologici. Una donna durante la guerra ha mentito nel corso di un interrogatorio riuscendo a salvare cinquanta persone. Dire bugie può diventare un programma vitale inconscio. Ottenere la verità da una persona che porta in sé questo programma è davvero difficile: non lo fa attivamente, è spontaneamente portata a distorcere la realtà e omettere alcuni fatti.
  • Pensiamo alle famiglie nelle quali più di un componente viola la legge. È possibile che nel loro albero genealogico qualcuno abbia salvato molte persone, o la propria vita, non rispettando la legge all’interno di un regime dittatoriale. E così via.

Quando la soluzione non è stata raggiunta

Se il dramma vissuto dall’antenato è stato senza soluzione, i discendenti continueranno a viverne le conseguenze fino a quando non si identifica finalmente una possibile soluzione.

Facciamo qualche esempio, sempre tratto dalla mia esperienza professionale.

  • O magari un bambino è morto durante la notte e i genitori hanno vissuto il dolore di non averlo sentito, perché dormivano. Coloro che, nelle generazioni successive, ereditano questo dolore, potrebbero soffrire di insonnia. L’insonnia in questo caso è un programma biologico inconscio sensato: permette di rimanere vigili, vegliare il bambino e salvarlo per tempo.
  • In un’altra famiglia due persone sono morte a causa di un incidente in macchina sulla strada per le vacanze. Nelle generazioni successive tanti individui sembrano morbosamente attaccati al proprio lavoro, incapaci di prendersi una pausa. Le ragioni sono incomprensibili perché inconsce, ma un motivo c’è sempre…

Le ragioni sono incomprensibili perché inconsce, ma un motivo c’è sempre

I programmi biologici privano della libertà di scelta

Quando la situazione problematica stressante è presente, la consapevolezza di quanto sta accadendo permette di sapere in quale direzione agire concretamente per risolverla. Così si scioglie lo stress e si libera il corpo dal compito di trovare una soluzione creando sintomi e malattie.

Se invece il problema vissuto è legato a una situazione del passato, personale o genealogico, diventare consapevoli, accogliere il problema può bastare a sciogliere il nodo e liberarti dal programma biologico. Ciò permette, grazie alla Biopsicogenealogia, di recuperare la libertà di scelta. Potrai andare in vacanza o lavorare senza sosta, avere figli oppure no, preoccuparti o essere sereno, dire la verità o mentire eccetera.

Ogni nostra azione è influenzata dai programmi inconsci ereditati dai nostri antenati. Questo è un concetto chiave al cuore della Biopsicogenealogia. Se si apre la mente a questo punto di vista diventa superfluo giudicare bene o male se stessi o un’altra persona per i suoi comportamenti.

Hai in te comportamenti, modi di fare e di sentire che ti piacciono? Puoi ringraziare i tuoi antenati per i programmi biologici portatori di positività che hai ereditato. Se al contrario manifesti comportamenti che ostacolano la tua crescita, la tua felicità e il tuo benessere puoi lavorare su te stesso sfruttando i principi della Biopsicogenealogia, per sciogliere alcuni ostacoli e guadagnare consapevolezza, libertà e salute.

Mangiare troppo: emozioni represse e abbuffate

Mangiare troppo: emozioni represse e abbuffate

Perché il fatto di mangiare troppo, abbuffandosi indipendentemente dallo stimolo della fame, è legato al vissuto emozionale? Il cibo, nella società contemporanea e nei Paesi più ricchi, dove ce n’è in abbondanza, è diventato per molti uno strumento di gestione dei momenti di crisi. C’è quindi chi lo usa come anestetico nei confronti delle emozioni negative.

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Quando si fa fatica a gestire le proprie emozioni è facile cadere in un circolo vizioso… Poiché si provano sentimenti e sensazioni che non si vorrebbero vivere, ci si abbuffa di cibi consolatori, spesso ipercalorici.

È capitato anche a te? Se sei condizionato dalla cultura delle diete, in modo palese o più subdolo, mangiare troppo ti fa sentire in colpa. Da queste scorpacciate ne esci portando dentro un senso di disagio, svalutazione e vergogna. Questi giudizi negativi su te stesso e queste emozioni sono a loro volta difficili da elaborare e sei spinto nuovamente a rifugiarti nel cibo. E così via.

Quando provi sentimenti e sensazioni che non vuoi vivere, ti abbuffi di cibi consolatori

Un cortocircuito che parte dall’infanzia

C’è chi ha talmente paura delle proprie emozioni da temere di esserne schiacciato o addirittura ucciso. La paura di essere travolto da un’onda emotiva, ti fa scappare lontano da quello che provi.

A molti sarà capitato, soprattutto nell’infanzia, di seppellire le proprie emozioni a causa dell’educazione impartita dai genitori e dalla società. “Non piangere non è successo nulla”, “non fare così, è tutto a posto”, “perché sei triste se ti ho dato quello che volevi?”, sei molto cattivo!”. Quanti di noi si sono sentiti ripetere più e più volte queste frasi? Un bambino non ha la capacità di mettere in discussione i propri eroi (le figure genitoriali, gli insegnanti), di conseguenza mette in dubbio se stesso.

Le emozioni riportano la nostra attenzione sul corpo e su quello che sentiamo. Quando siamo bambini siamo delle vere e proprie spugne emotive. Abbiamo delle antenne speciali che captano tutto quanto ci circonda: emozioni, vibrazioni, tensioni… Da adulti questa capacità risulta più o meno repressa a seconda dell’individuo. Tornare a sentire, a prestare attenzione al corpo e alle emozioni, può farti molta paura perché da piccolo, quando eri in grado di farlo, hai provato dolore. La mancanza della mamma, la paura delle ombre notturne, le tensioni tra gli adulti che ti circondavano, l’incoerenza spiazzante tra linguaggio verbale e non verbale e così via.

Tornare a sentire, a prestare attenzione al corpo e alle emozioni, può fare molta paura

Da spugna emotiva a dittatore

Nel processo di continua negazione delle proprie emozioni che si innesca durante la crescita e il raggiungimento dell’età adulta, molti diventano dei dittatori impietosi e giudicano se stessi senza tregua.

Nel mio lavoro mi capita spesso di conoscere persone che si rivolgono a se stesse in modi che non userebbero neppure con il loro peggior nemico, scegliendo parole e toni offensivi, pieni di disprezzo.

Tristezza ma anche rabbia

Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, mangiare troppo non è un meccanismo usato solo da coloro che si sentono tristi o inadeguati. Anche chi prova altre emozioni può rifugiarsi nel cibo.

Se la tua rabbia, per esempio, ti fa paura, se temi di danneggiare qualcuno altro o anche te stesso nel momento in cui la lasci sfogare, è possibile che tu abbia trovato dei modi alternativi per placarla. Hai scoperto, consapevolmente o meno, che non potendo mordere l’individuo con cui sei in conflitto, addentare del cibo ti dà sollievo. D’altra parte, fare il pieno di cibo fa sentire intorpiditi. La belva che c’è in te si calma, temporaneamente. Il leone affamato è più pericoloso di quello con la pancia piena.

Mangiare aiuta a ritrovare il proprio centro

Quando ci si abbuffa, oltre a tentare di scappare dalle proprie emozioni, spesso si cerca un altro beneficio importante. Mangiare, poiché fa lavorare lo stomaco, che occupa anatomicamente una posizione centrale nel corpo, ti aiuta a ritrovare il tuo centro. Grazie alla medicina cinese sappiamo che lo stomaco, insieme alla milza, è legato all’elemento Terra, che rappresenta il centro. Mangiare può aiutare a riconnettersi alla Terra.

Ogni volta che sei destabilizzato, potresti essere tentato di mangiare per recuperare nuovamente una centralità. Non è sbagliato di per sé, anzi è funzionale. Il problema è farlo in modo compulsivo, senza controllo e senza consapevolezza, come se fosse l’unica soluzione possibile.

Il sapore dolce (sto parlando dei carboidrati, come pane, focaccia, brioche, pasta eccetera, che hanno questo sapore) da un punto di vista energetico nutre milza e stomaco. Come abbiamo sottolineato questi organi sono legati all’elemento Terra, che rappresenta il centro. La tua attrazione per i carboidrati, può essere la conseguenza del bisogno di radicarsi. Ecco che ancora una volta diventa evidente che è meglio evitare di rendere tabù alcuni alimenti. I carboidrati non sono il tuo nemico, come spesso capita di pensare a chi segue delle diete.

Lo stomaco, insieme alla milza, è legato all’elemento Terra, che rappresenta il centro

Trovare un’alternativa

Quando mangiare troppo ti fa stare male (ti senti gonfio, appesantito, poco reattivo, in sovrappeso) ti suggerisco di cercare altri modi, oltre al cibo, per ritrovare il tuo centro. Puoi sperimentarne diversi e utilizzarli a seconda del momento che vivi e del tuo specifico bisogno. Puoi sfogare l’emozione che ti ha destabilizzato, oppure regalarti un momento di rilassamento (trovi degli audio gratuiti a disposizione sul mio sito alla pagina risorse).

Oppure ancora, ad esempio, puoi fare venti respiri profondi in silenzio e a occhi chiusi. Immagina di avere delle radici che scendono dalle tue gambe verso il centro della Terra, mentre il tuo corpo e la tua testa si espandono dritti verso il cielo.

Anche una camminata a passo veloce può aiutare, così come qualche minuto di meditazione vera propria.

Ci sono vari modi per ritrovare il tuo centro, indipendentemente dal cibo

Il cibo è portatore di emozioni piacevoli

Oltre a scappare dalle emozioni negative, è possibile che nel cibo tu sia portato a cercare delle emozioni piacevoli.

Ti propongo ora un esercizio. Quale è l’alimento che per te è irresistibile? Questo è il tema di uno dei miei Laboratori sul peso forma. Ho anche dedicato a questo argomento un capitolo del mio libro per dimagrire senza diete. Quando hai individuato l’alimento, prova a chiederti: questo cibo cosa suscita in me? Per molti è legato a una sensazione di benessere, ricordi spensierati, momenti di festa, di condivisione, di vacanza eccetera. Ti faccio degli esempi.

  • I dolci e la panna montata riportano Anna ai festeggiamenti in famiglia, quando era piccola e i suoi genitori, nonni e zii erano ancora vivi. Oggi non ci sono più.
  • Pane, pizza e focaccia ricordano a Maurizio la cucina e il calore della mamma.
  • Il cioccolato al latte con le nocciole riconnette Paola alle vacanze estive dalla nonna. Le fa ricordare momenti spensierati, passati in mezzo alla natura insieme agli amici del paesino di montagna.
  • Linda non può fare a meno dell’aperitivo a fine giornata. Richiama in lei il ricordo di suo padre, che aveva appunto l’abitudine di prendere un aperitivo dopo il lavoro. Questo gesto per Linda è un atto di vicinanza a suo padre.

Quando avrai compreso perché quel cibo è così importante e prezioso per te, prova a chiederti come puoi connetterti a quell’emozione senza dover ricorrere per forza al cibo. Scrivi su un foglio almeno tre azioni mirate che ti possano aiutare a farlo.

Puoi riconnetterti a sensazioni ed emozioni positive senza chiedere aiuto al cibo

Come uscire dal circolo vizioso delle abbuffate

Per smettere di mangiare troppo in modo compulsivo, devi imparare ad accogliere le tue emozioni. Prova a dare nuovamente spazio al tuo bambino interiore e alle tue sensazioni. Parla a te stesso e agisci con l’obiettivo di diventare il tuo migliore amico (o amica). L’adulto che c’è in te ha la capacità di essere amorevole, affidabile, comprensibile e paziente con il bambino interiore che urla il suo bisogno di essere accolto, rassicurato, e amato in modo incondizionato.

Al posto di giudicare prova ad ascoltare e rassicurare il bambino che c’è in te. Grazie a questa riconciliazione potrai fare pace con emozioni e sensazioni.

Al posto di giudicare prova ad ascoltare e rassicurare il bambino che c’è in te

A livello simbolico, non esistono né tempo né spazio. Tutto accade nel qui e ora. Se l’adulto che sei oggi prende per mano il bambino che sei stato, si crea uno spazio nuovo. Potete fare grandi cose insieme e operare importanti guarigioni. Potete vivere il bello delle emozioni, delle sensazioni legate al corpo, al piacere, al qui e ora, grazie alla presenza del bambino. E al contempo potete contare su conoscenza, sicurezza in se stessi e senso di responsabilità propri dell’adulto.

Per smettere di mangiare troppo, oltre a riconnetterti con il tuo bambino interiore è importante riconciliarti con le emozioni.

Ri-addomesticarsi alle emozioni

Di solito, quando si presenta un’emozione, automaticamente smettiamo di respirare. Invece la prima cosa da fare è respirare profondamente. Chi ha partorito può pensare a quello che ha imparato durante il corso pre-parto per affrontare le contrazioni uterine. Queste contrazioni iniziano piano, poi crescono di intensità fino ad arrivare a un picco di dolore e infine si affievoliscono. L’onda emotiva si comporta alla stessa maniera.

Quando senti che un’emozione sta per arrivare a travolgerti, respira e osserva. Ascolta cosa accade nel tuo corpo quando l’emozione lo attraversa, con la fiducia che passerà anche questa sensazione, apparentemente soverchiante. Se hai vissuto situazioni molto difficili e senti che le emozioni potrebbero scatenare in te il panico, chiedi aiuto a un professionista esperto.

 Quando senti che un’emozione sta per arrivare a travolgerti, respira e osserva

Ascoltare e comprendere le emozioni

Le emozioni sono anche dei messaggi. Hanno una ragione di essere. Possono essere risvegliate da un evento, da una persona, ma anche da un luogo, da un piccolo dettaglio che mette il dito nella piaga, provocando una reazione emotiva sproporzionata alla situazione effettiva che stai vivendo. Facciamo un esempio per chiarire.

Nel corso di un laboratorio una dei partecipanti, che chiameremo Bruna, ci ha raccontato delle sue abbuffate, che stranamente avvenivano dopo il pasto. Mangiava anche in abbondanza, fino a sazietà, durante il pranzo. Dopo un sonnellino di mezz’ora, si svegliava, parole sue, con la sensazione di sentirsi mancare la terra sotto i piedi. Questa sensazione la spingeva a precipitarsi a divorare un dolce. Per prima cosa ho verificato che non si trattasse di ipoglicemia, e indagando ancora ho scoperto che l’orario del pranzo e la tipologia di cibo assunta non influenzavano tanto il fenomeno, che si ripeteva inevitabilmente alle due del pomeriggio. Da circa due anni.

Indagare sul vissuto emotivo

Insieme a Bruna ricostruiamo cosa è accaduto due anni prima. Seguendo il mio modo consueto di ragionare e il mio metodo, quello della Bioconsapevolezza, ho cercato di scoprire cosa è successo che le ha fatto mancare la terra sotto i piedi. Individuiamo quindi il responsabile: una diagnosi di cancro, che l’aveva lasciata del tutto spiazzata. Parlando scopriamo che aveva ritirato il referto in ospedale proprio alle due del pomeriggio. E da quel momento il suo mondo era crollato.

Per Bruna lo choc della diagnosi si era come cristallizzato. Allo scoccare delle due la voragine emotiva riaffiorava. Non sapendo cosa fare di questa emozione inaspettata e incomprensibile, Bruna cercava rifugio nel cibo. Senza saperlo, cercava di ritrovare un suo centro.

Questa partecipante aveva già attraversato tutto l’iter di cure per il suo cancro. Ed era stata sostenuta psicologicamente durante il percorso. Il momento della diagnosi, però, non era stato rivisitato. Al contrario era stato come “risucchiato” dall’inconscio.

Mangiare troppo dopo pranzo era solo la punta dell’iceberg. Il sintomo dell’abbuffata ha richiamato l’attenzione sul trauma della diagnosi e Bruna ha potuto finalmente rielaborarlo e guarire.

Mangiare troppo può essere solo la punta dell’iceberg

Come accade per ogni sintomo, una volta consegnato il messaggio ed elaborato il trauma, l’abbuffata può sparire così come è apparsa. Da un giorno all’altro.

Strumenti concreti per smettere di mangiare troppo

Scrivi liberamente su un quaderno, da usare come una sorta di diario. Lascia che a esprimersi sia la tua “pancia”: senza censura, con curiosità e accoglienza benevola nei confronti di qualsiasi sensazione. Il tuo vaso, forse troppo pieno, deve poter traboccare in un luogo sicuro. Oltre a sfogarsi, l’obiettivo del quaderno è prendere coscienza di cosa c’è dietro l’agitazione che ti spinge a mangiare troppo.

Dai a te stesso l’opportunità di sfogare la frustrazione e la rabbia fisicamente. Picchia un cuscino, vai a correre, taglia la legna eccetera.

Potrebbe sembrarti strano ma anche l’urlo muto è di grande aiuto. Con i pugni chiusi apri la bocca e immagina di urlare, senza emettere alcun suono. Perché muto? Il rumore dell’urlo potrebbe alimentare il panico, riportando alla memoria momenti di pericolo. Ho provato sulla mia pelle e so che funziona, invito anche te a fare questa esperienza.

Ridare al cibo la sua giusta importanza

Quando avrai fatto pace con le tue emozioni e saprai accoglierle senza negarle, non avrai più bisogno di un anestetico. Saprai comprendere i tuoi veri bisogni e le abbuffate inspiegabili smetteranno di manifestarsi. Potrai ritrovare il piacere di nutrirti di buon cibo in tutta serenità e naturalezza. Ne trarrai allora l’energia giusta per percorrere la via della leggerezza, dentro e fuori.

Se il sovrappeso per te è un problema e vuoi sperimentare una strada diversa per ritrovare il tuo peso forma, senza diete, leggi il mio libro.

Diete e abbuffate: come uscire dal circolo vizioso

Diete e abbuffate: come uscire dal circolo vizioso

Le diete sono inutili e spesso anche dannose, perché spingono molte persone, frustrate dal sacrificio e dalla fatica di controllare in continuazione quello che mangiano, ad abbuffarsi. Cerchiamo di capire meglio quali sono le ragioni dietro a questo meccanismo e come funziona. Comprenderlo è utile a spezzare il circolo vizioso dieta-dimagrimento-abbuffata-recupero di tutti i chili “persi” e anche di più.

Il corpo è competente

Non mi stancherò mai di ripetere che il corpo è programmato per nutrirsi con l’obiettivo di garantirsi un livello di energia vitale ottimale. Questo significa che il corpo è competente in fatto di cibo e alimentazione. Non ha alcun bisogno di controllo da parte della mente, anzi. A tavola, è proprio quando la mente interviene che nascono i problemi. Le regole dettate dalla nostra parte cosciente, controllante e giudicante compromettono il rapporto sano e istintivo che tutti abbiamo con il cibo quando siamo bambini.

Il corpo non ha alcun bisogno di controllo da parte della mente in fatto di alimentazione

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Alcuni entrano nel circolo vizioso delle abbuffate dopo una sola dieta, altri dopo molte diete fallimentari. Si tratta di una vera e propria schiavitù mentale, dettata dal fatto che tutto il potere su quello che si può o non si può mangiare viene conferito alla mente. Privando il corpo di un ruolo importante che gli è proprio.

Se affidi alla testa il compito di gestire la tua alimentazione quotidiana, gli chiedi qualcosa che non è in grado di fare. Sono il corpo e il tuo istinto animale che dovrebbero decidere cosa mangi. Solo loro possono farlo in modo idoneo.

Diete, cambiamenti biologici e disturbi alimentari

Le diete causano dei veri e propri cambiamenti a livello biologico. Si perde sensibilità alla leptina (l’ormone della sazietà). Inoltre si sbilancia il rapporto tra leptina e grelina (l’ormone della fame). Il corpo di conseguenza smette di autoregolarsi in modo ottimale per quanto riguarda fame e sazietà.

Le diete ti fanno perdere sensibilità all’ormone della sazietà

Le restrizioni provocano frustrazione e la frustrazione porta a cercare una compensazione. Molti compensano con grandi abbuffate che causano un senso di vergogna difficile da debellare e una nociva svalutazione di se stessi, per il fatto di aver perso il controllo.

Le diete hanno come obiettivo la risoluzione di un fatto considerato un problema: i chili di troppo. Ma invece di eliminare i chili in più le diete provocano tutta una serie di difficoltà più o meno gravi. Alimentazione squilibrata, disturbi alimentari, sovrappeso, disordini ormonali e metabolici. Tra i disturbi alimentari c’è il binge-eating: caratterizzato da abbuffate analoghe a quelle della bulimia, ma che non vengono seguite da pratiche di eliminazione o compensazione.

Se ti è capitato di vivere queste difficoltà, molto probabilmente avrai cercato di risolvere la situazione imponendoti nuove diete, ulteriori regole, magari più restrittive. Si entra in un circolo vizioso che può durare una vita intera.

A tutti questi disturbi si aggiunge lo stress, che può provocare problemi di sonno. Il ciclo circadiano perde la sua normale regolazione così come accade a tante secrezioni ormonali (leptina e grelina incluse).

Prima di raccontarti cosa puoi fare per interrompere il circolo vizioso nel quale sei intrappolato, voglio condividere con te la testimonianza di una paziente, che chiameremo Laura.

La storia di Laura e della sua ossessione per le diete

A 16 anni ho deciso che pesavo due chili di troppo. Ho fatto la mia prima dieta. Da allora ho iniziato a pensare e ripensare al cibo.

In tanti momenti a pensarci troppo, a volerlo controllare tramite diete di ogni tipo. Mi ferivo con giudizi pesantissimi su me stessa e i miei “fallimenti”, facevo programmi, mi davo obiettivi da raggiungere. In certe fasi della mia vita questo approccio che definirei ossessivo sfumava o era assente. Ma per la maggior parte del tempo il mio corpo non mi è andato bene. Ero sempre alla ricerca di una soluzione per quello che vivevo come un problema.

Anche negli ultimi mesi precedenti al laboratorio Peso Forma ero caduta nel loop. Senza riuscire a controllare un bel niente. Anzi: avevo una pessima alimentazione, gli abiti mi stavano troppo stretti, sentivo molta frustrazione. Vivevo grossi sensi di colpa e soprattutto la mia mente era spesso occupata dal cibo.

Il primo e principale motivo per cui mi sono iscritta al Laboratorio Peso Forma era per me molto ambizioso… Liberarmi dall’ossessione verso il cibo. Cambiare passo. Cambiare il mio modo di pensare al cibo.

Questo è successo, quasi subito, in modo netto.

Come Laura vive oggi il rapporto col cibo

Il cibo adesso occupa pochissimo i miei pensieri. Sempre più spesso mi trovo a non programmare nemmeno i pasti della giornata. Ho abbandonato qualsiasi regime alimentare abbracciato in passato. Al contrario, mi ascolto. Ed è incredibile per me constatare quanto il corpo sia effettivamente competente. Così mi lascio guidare.

Mangio solo se ho fame, quella fame reale che oggi riesco incredibilmente a riconoscere. Smetto di mangiare quando sono sazia. E smetto molto, molto prima rispetto al passato. Mangio quindi molto meno, ma allo stesso tempo non ho più la sensazione di volerne ancora e di dover rinunciare a qualcosa.

Mangio quello che mi chiede il corpo. Quando me lo chiede. Quanto me ne chiede. Se ricado in qualche vecchio schema, che mi spinge a mangiare per placare l’ansia o il dolore, cerco di non colpevolizzarmi troppo. Mi do tempo. Mi dico che la prossima volta sarà diverso. E così mi sento finalmente libera. Una sensazione impagabile.

Pensare al cibo oggi è quasi sempre una gioia o comunque non è un cruccio o un problema. Sono libera di pensare con godimento a quando mangerò, per esempio, la polenta col gorgonzola. E quindi ne mangerò un piatto, non tre. In ogni caso non mi giudicherò e non mi sentirò in colpa. Ho capito che per tutta la vita ho dato al cibo e a tutto ciò che ruota intorno al cibo un’importanza che ora non riconosco più.

Inizialmente ero un po’ spaventata da questo cambiamento e credevo che sarei ingrassata. Invece no. Sono dimagrita.

Laura ha fatto questo percorso per liberarsi dalla sua ossessione per le diete. Come dico spesso ai miei pazienti “tutti abbiamo altro da fare, altro a cui pensare che non ossessionarci con diete e quantità di calorie!” Ma vediamo nel dettaglio quali sono i passi per uscire dal circolo vizioso che connette diete e abbuffate.

Riconnettiti al tuo istinto

Prima di tutto è fondamentale dare di nuovo voce al proprio istinto. Prova a smantellare tutte le regole che ti sei imposto di rispettare in fatto di alimentazione. Non devi seguirne nessuna, neppure quella che recita di aspettare che arrivi la fame. Il corpo non ha bisogno del controllo della mente. Sa benissimo gestirsi da solo, anzi lavora meglio quando non intervieni consciamente.

Smantella tutte le regole che ti sei imposto in fatto di alimentazione

So bene che ascoltare e seguire il proprio istinto quando si parla di cibo non è facile. A partire dall’allattamento materno… Alcuni esperti consigliano alle madri di non allattare a richiesta, ma di imporre orari e quantità al neonato. Quando invece, lasciando al bimbo sano e al suo istinto la responsabilità di dare il ritmo delle poppate, si può osservare una crescita tranquilla e rigogliosa del piccolo. Come ho già sottolineato, la nostra biologia è programmata non solo per la sopravvivenza ma anche per favorire un livello di vitalità ottimale.

Questa libertà di solito fa molto paura alle persone abituate a vivere sotto dittatura alimentare. La via di uscita, nella mia esperienza, passa attraverso la ricostruzione della fiducia nel proprio istinto e nel proprio corpo.

Recupera la fiducia nel tuo corpo e nel tuo istinto

Ringrazia la tua mente, che interviene con intenti benevoli, ma mettila da parte. Rimettila al suo posto. Solo così il corpo avrà lo spazio necessario per occuparsi della tua alimentazione con tutta la maestria di cui è capace.

Un risultato sorprendente

L’esperienza mi ha insegnato che il risultato di questo processo è molto diverso dai timori che può suscitare. Le persone, quando si concedono la libertà di mangiare quello che il corpo suggerisce loro senza freni, non ingrassano. Al contrario si stabilizzano.

Qualcuno dimagrisce progressivamente in modo naturale e spontaneo. Indipendentemente dal peso, tutti vivono il sollievo e la serenità di liberarsi dall’ossessione per il cibo. Scoprono di avere più tempo ed energia a disposizione per nutrire la propria gioia e il proprio benessere.

Alle persone che rimangono in sovrappeso, consiglio di comprendere perché il loro corpo ha bisogno di quei chili di “troppo”. È l’approccio alla base del metodo della Bioconsapevolezza, che illustro nel mio libro Conquista per sempre il tuo peso forma.

Chi si stabilizza su un peso che non è il peso forma può intraprendere un percorso per capire perché il corpo ha bisogno del sovrappeso

Fai pace con il cibo

Per interrompere il circolo vizioso delle diete e delle conseguenti abbuffate devi riuscire a smettere di pensare che alcuni alimenti siano tabù. Il cioccolato non fa male, in sé. Ogni cibo ha il suo valore nutrizionale, energetico ed emotivo.

Non esistono alimenti tabù

Smettila anche di pensare che quando mangi una porzione in più o scegli cose golose, dimostri di essere una persona senza volontà, poco degna. Non dire più a te stesso che ti dovresti vergognare e dunque nascondere. Evita anche il pensiero opposto: non raccontarti di essere degno d’amore e virtuoso quando riesci a mangiare poco e in modo sano.

Togli voce e potere al tuo dittatore interiore che ti impone di essere costantemente alla ricerca dell’alimentazione perfetta e del corpo ideale.

Togli voce e potere al tuo dittatore interiore che ti impone di avere un corpo ideale

Smettila di demonizzare o venerare gli alimenti. Il cibo è solo cibo. Utile, piacevole o meno a seconda dei gusti personali.

Voglio aggiungere una cosa. Contrariamente a quello che tante persone in sovrappeso cronico pensano, quando avrai raggiunto il peso desiderato non sarai automaticamente felice, sicuro di te, libero e stimato dai tuoi pari. Le persone che ti hanno suggerito questo ti hanno mentito.

Guardare in faccia la realtà

Nello svolgimento della mia professione, ti posso assicurare che ho incontrato persone al loro peso forma per niente sicure di se stesse, né felici o appagate. Ho invece incontrato altre persone che, pur essendo in sovrappeso, vivono serene, sono piene di vita e anche stimate dalla loro rete sociale.

Quando avrai raggiunto il tuo peso forma, sarai sempre tu, semplicemente avrai qualche chilo di meno.

Se però lavorerai su te stesso e sul tuo equilibrio emotivo, se riuscirai a guarire qualche ferita del passato, allora sì che oltre a raggiungere il tuo peso forma e fare pace con il cibo raggiungerai uno stato di maggiore benessere e gioia. Se sei interessato a questi aspetti ne parlo sempre nel mio libro.

Quando saprai rispettare la tua fame in ogni momento della giornata, senza pensarci troppo su, le abbuffate compulsive non faranno più parte della tua vita.

Trasformare il conflitto interiore e raggiungere il peso forma

Trasformare il conflitto interiore e raggiungere il peso forma

Se lotti da tempo contro la bilancia nel tentativo di dimagrire, nel tuo Io vivono due parti in conflitto tra loro. La prima agisce generalmente a livello inconscio e desidera mantenere il sovrappeso. La seconda invece vorrebbe raggiungere il peso forma. Entrambe le parti in gioco hanno le loro buone ragioni per desiderare di dimagrire o al contrario per evitare di farlo. Intendiamoci: sei un essere integro ma capita di essere combattuti fra due alternative, due desideri che non possono coesistere.

Può capitare di essere combattuti fra due desideri che non possono coesistere

 

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Le teorie sulla trasformazione dei conflitti di Pat Patfoort e Galtung possono aiutare anche in questa situazione, nella quale il conflitto che vuoi superare, per vivere meglio e stare bene, non è con un’altra persona o con un gruppo di individui, ma con te stesso. Scopri come fare per risolvere il tuo conflitto interiore e iniziare il percorso verso il peso forma.

Sei in lotta contro la bilancia? Dentro di te c’è una parte che vuole dimagrire e un’altra che vuole rimanere in sovrappeso

Hai già provato altre strade e hai capito che le diete non servono a dimagrire in modo duraturo? Se senti di essere pronto a intraprendere un percorso completo e approfondito che ha come obiettivo il raggiungimento del peso forma, prova a leggere il mio libro. Grazie al metodo della Bioconsapevolezza potrai finalmente pesare quanto desideri. E mantenere quel peso che hai a lungo sognato, in modo naturale e spontaneo.

L’effetto Yo-Yo nasce dal conflitto interiore

Hai letto il mio articolo Trasformare i conflitti per migliorare la qualità della vita? Allora sai già che all’origine dei conflitti c’è il mancato rispetto o la minaccia di almeno un Bisogno Essenziale dell’uomo. Ti ricordo che i Bisogni Essenziali individuati da J. Galtung sono quattro: Sopravvivenza, Benessere, Identità e Libertà. Nel caso del sovrappeso questo bisogno essenziale ha spesso a che fare con la sopravvivenza. Si tratta cioè di una necessità connessa alla conservazione della vita. Ma il sovrappeso può anche avere altre radici. In ogni caso, il sovrappeso è un messaggio dal corpo che cerca di proteggerti.

Tutti i conflitti irrisolti portano a un continuo stato di tensione fisica e psicologica e consumano la tua energia vitale. Questo vale pure per il conflitto interiore che ti impedisce di raggiungere il peso forma.

Molto probabilmente ti sarà già capitato: riesci a controllarti e a mangiare meno, la bilancia pian piano segna un numero che ti piace di più. Poi quando pensavi di essere sulla buona strada i chili ricominciano ad accumularsi. Oppure ti metti periodicamente a dieta stretta, dimagrisci ma non appena sgarri anche di poco il peso torna a crescere. È il famigerato effetto Yo-Yo che sperimentano tutti coloro che sono in lotta contro il proprio peso.

Questo accade perché, anziché provare a trasformare il conflitto, le due parti in contrapposizione tra loro continuano a farsi la guerra. Lottare non può portare a una soluzione. Le due posizioni di per sé, quella inconscia della parte (A) che non vuole dimagrire e quella conscia della parte (B) che invece vuole dimagrire, sono inconciliabili. A meno che si intraprenda un percorso attivo di trasformazione del conflitto interiore.

Lottare non può portare a una soluzione

Il modello dell’Equivalenza nel conflitto interiore

Inizia subito a usare il modello dell’Equivalenza di Pat Patfoort. Potrai così disinnescare il meccanismo che ti porta a ingrassare di nuovo dopo essere riuscito a dimagrire. Come prima cosa è necessario che tu comprenda le parti di te che sono in conflitto e le loro buone ragioni.

Il concetto alla base dell’Equivalenza è semplice, ma solo quando lo avrai interiorizzato potrà funzionare. La relazione tra le due parti di te in contrapposizione sarà sana solo nel momento in cui riconoscerai che entrambe hanno pari valore. Nessuna deve prevalere sull’altra.

Il modello dell’Equivalenza di Pat Patfoort dà pari valore alle parti in conflitto

Una volta riconosciuta l’equivalenza tra le parti che generano il conflitto interiore, devi indagare. In che senso? Devi scoprire e capire quali sono le ragioni della parte (A) che vuole rimanere in sovrappeso e della parte (B) che vuole dimagrire.

Prova a chiederti cosa pensa di ottenere di buono dal sovrappeso quella parte di te che non vuole cambiare? E poi cosa crede invece di raggiungere di positivo la parte di te che spinge verso il dimagrimento?

Credi che la parte (A) che resiste al dimagrimento sia solo una sabotatrice della felicità? La svolta si attuerà quando comprenderai che A e B vogliono entrambe il meglio per te. Vogliono che tu stia bene, che sia felice e sano. Nel momento in cui avrai capito che non c’è bisogno di lotta ma di integrazione, le parti si concilieranno per aiutarti a dimagrire, nell’ottica di raggiungere uno stato di piena salute e benessere.

Da più di 20 anni sviluppo queste tematiche con le persone che partecipano ai miei laboratori sul Peso forma. Insieme tracciamo un percorso per riconoscere e incontrare la parte che non vuole dimagrire. Cerchiamo di comprendere le sue intenzioni positive. Poiché questa parte di solito agisce in modo inconscio, è sconosciuta e più difficile da capire. Nel vocabolario di Patfoort quelle che ho chiamato intenzioni positive vengono definite Fondamenti.

Alla ricerca dei Fondamenti

Come già sottolineato le buone ragioni della parte che vuole dimagrire, che ho chiamato parte B, sono più facili da individuare perché sono consce. Questa parte, per esempio, vuole che tu ti senta più leggero, più bello, più apprezzato dalla società. Ma potrebbero esserci delle altre ragioni alla base del desiderio di raggiungere il peso forma. Ad esempio la volontà di avere a disposizione maggiore vitalità e salute quando presenti dei sintomi o una malattia, legati almeno in parte al sovrappeso.

Tutte le ragioni meritano un approfondimento. Pensiamo ad esempio alla pressione sociale che spinge a essere magri. Non è detto che si tratti di un obiettivo o di un desiderio che è davvero tuo e sano. Magari lo percepisci come importante ma ti viene imposto dall’esterno. Quando si intraprende il percorso verso il peso forma, invece, è interessante attingere alla propria motivazione. Raggiungere l’obiettivo è più facile quando le ragioni per compiere questo viaggio non sono esteriori (la società mi vuole magro) ma veramente tue, cioè interiori (io voglio essere snello).

Cosa vuole la parte che spinge verso il sovrappeso

Nella mia lunga esperienza di terapeuta, ho incontrato i Fondamenti più diversi alla base della difficoltà di dimagrire. O meglio le ragioni della parte che spinge al mantenimento del sovrappeso sono molto varie. Ti ricordo che questi Fondamenti sono spesso completamente inconsci e gli esempi che riporto ora, il più delle volte, sono stati scoperti con sgomento dalle persone interessate.

Nel mio lavoro una delle cose che faccio, insieme ai pazienti, è abbinare i Fondamenti ai Bisogni Essenziali.

1-Dimagrire potrebbe minacciare il Bisogno Essenziale di Sopravvivenza

Vale per chi ha visto delle persone care dimagrire a causa di una malattia terminale che le ha portate alla morte. Anche chi è nato prematuro o sottopeso e ha rischiato la vita ha nella sua memoria la connessione tra rischio vitale e dimagrimento. O ancora chi è stato violentemente picchiato e ha riportato meno danni grazie allo strato di grasso. Il grasso in tutti questi casi è vissuto come un agente protettivo.

2-Dimagrire rischia di minacciare il Bisogno Essenziale di Benessere

Alcune persone sono in sovrappeso perché inconsciamente pensano che questo stato possa salvaguardare la coppia e la famiglia. Credono di non essere attraenti grazie ai chili in più e così facendo sono convinte che non rischieranno di tradire e porre fine al matrimonio. Oppure una parte (B) vuole essere snella con l’obiettivo di osare esporsi di più e avere in cambio una vita più intensa e appagante. Mentre l’altra parte (A) resiste, perché vede in questo desiderio di cambiare un rischio troppo grande, quello di soffrire di più.

3-Dimagrire mette a rischio il Bisogno Essenziale di identità

Esistono persone che scoprono in sé una parte (A) che rivendica il diritto di avere qualunque forma, rifiutando di adeguarsi a regole culturali poco rispettose delle singole identità. Altre appartengono a etnie e popolazioni che culturalmente considerano il sovrappeso come un sinonimo di abbondanza, fertilità e salute. I chili di troppo sono come un atto di fedeltà e appartenenza alla propria cultura.

In altri casi, quando in famiglia sono tutti (o quasi) in sovrappeso, i chili “di troppo” diventano un elemento identitario. Chi è magro in qualche modo tradisce l’identità della famiglia.

4-Dimagrire minaccia il Bisogno Essenziale di libertà

C’è chi è in sovrappeso per opera di una parte (A) che odia l’idea di dimagrire. Questa parte crede che l’unica strada da percorrere, per farlo, sia quella della dieta e della frustrazione. Questi individui vogliono mangiare liberamente, rifiutano imposizioni difficili da rispettare. Desiderano condividere i pasti con familiari e amici senza preoccuparsi costantemente di quello che c’è nel piatto.

Dal fallimento alla riuscita

Fin quando le parti che sono in conflitto non trovano un percorso integrato, la strada verso il dimagrimento resta un combattimento molto faticoso, destinato alla lunga a fallire. Grazie al metodo della Bioconsapevolezza, che riunisce diverse strategie tra cui quella della Trasformazione dei Conflitti, potrai uscire dallo stato di eterna lotta. Troverai una soluzione win-win, grazie alla quale entrambe le parti vincono e vedono la possibilità di soddisfare le loro intenzioni positive. Potrai vivere in una situazione adatta a te, nella quale ogni tuo bisogno essenziale sarà rispettato. Libererai così la strada verso il tuo peso forma. Senza diete e senza vivere frustrazioni o rinunce. Scopri come.

Trasformare i conflitti per migliorare la qualità della vita

Trasformare i conflitti per migliorare la qualità della vita

I conflitti irrisolti portano a un continuo stato di tensione fisica e psicologica che può peggiorare la qualità della tua vita e minare pesantemente il tuo stato di salute. Si tratta di una situazione che vale per qualunque tipo di conflitto, dai più grandi ai più piccoli. Quindi non sto parlando solamente dei conflitti più gravi e generalizzati, come quelli che portano un popolo a ribellarsi contro un tiranno o uno Stato a combatterne un altro. Anche i conflitti di tutti i giorni sono potenzialmente dannosi.

 

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La buona notizia è che puoi imparare a risolverli partendo dallo stesso modus operandi, quello della trasformazione dei conflitti. Prima di scoprire come si trasformano e si superano i conflitti, però, è necessario comprendere come nascono.

All’origine dei conflitti

Perché nasce un conflitto? Per rispondere a questa domanda voglio attingere alle conoscenze del sociologo norvegese Johan Galtung, grande studioso della pace. Da più di 50 anni Galtung svolge l’attività di mediazione per la trasformazione dei conflitti sia in ambito domestico sia in quello internazionale. Nel momento in cui un bisogno essenziale dell’essere umano non viene rispettato o viene anche solo minacciato si genera un conflitto, che può portare alla violenza.

Quando si parla di violenza, non si intende solo la violenza fisica e intenzionale, tecnicamente definita violenza diretta. Si include anche la violenza indiretta, più subdola, soggetto di grande attenzione da parte di chiunque sia impegnato nella costruzione della pace.

Riassumendo, secondo Johan Galtung la violenza nasce da conflitti irrisolti mentre il conflitto a sua volta è generato dal fatto che qualcuno non rispetta o minaccia un nostro Bisogno Essenziale.

Il conflitto nasce dalla minaccia a un bisogno essenziale

Quali sono i Bisogni Essenziali dell’uomo

L’ampia esperienza di Galtung in ambito internazionale e non solo, gli ha permesso di scoprire e formalizzare quattro Bisogni Essenziali universali.

  1. Sopravvivenza. I bisogni connessi alla sopravvivenza sono indispensabili alla conservazione della vita: accesso a ossigeno, acqua potabile, cibo, a un riparo dalle intemperie, a una situazione di sicurezza per la propria integrità fisica, eccetera. Si parla quindi di quantità della vita. Questo bisogno è minacciato in modo evidente in caso di guerra, di siccità e di carestia, per esempio. Ma qualcuno potrebbe sentire la propria vita minacciata nel momento in cui perde il lavoro e il sostentamento economico. Oppure in caso di malattia.
  2. Benessere. Con il termine generico benessere si identifica lo stare bene a livello fisico, psicologico, emotivo e sociale. Il fatto di poter aspirare a una buona qualità della vita. Si raggiunge il benessere quando si hanno a disposizione buon cibo, aria pulita, relazioni sociali soddisfacenti, ci si realizza a livello personale e professionale, si rispettano i propri ritmi e così via.
  3. Identità. Anche il rispetto della propria identità etnica, di genere, culturale e sociale è un bisogno essenziale. Ciascuno di noi ha il diritto di vedere riconosciuta la propria individualità e originalità. Parliamo del diritto ad avere ed esprimere i propri valori e convinzioni. Si fa cioè riferimento alla dignità di ogni colore di pelle, di ogni convinzione religiosa, di ogni identità sessuale, di ogni aspirazione personale o professionale eccetera.
  4. Libertà. Il rispetto delle scelte individuali deve essere garantito per mantenere la pace. A patto che la libertà del singolo non impedisca quella di altri esseri umani. Parliamo di libertà di movimento, espressione, cura eccetera.

Dall’alternativa “o-o” all’integrazione “e-e”

La necessità che i Bisogni Essenziali dell’individuo siano rispettati motiva le richieste che ciascuno fa per vederli soddisfatti. Ignorare questi bisogni o calpestarli è alla base dei conflitti e dell’eventuale violenza che ne consegue.

Se i Bisogni Essenziali di tutte le persone all’interno di una relazione non sono rispettati il conflitto è inevitabile. E lo stesso vale per le relazioni tra due soli individui.

Quando nessuno interviene mettendo in campo gli strumenti utili alla trasformazione del conflitto, ci si trova in una situazione dove esistono solo due possibilità. O vinco io, o vinci tu. O sono io ad avere ragione e vincere oppure l’altro. Nella maggior parte dei casi, però, questo modello di (non) gestione dei conflitti non porta a nessuna conclusione.

Pensare che una delle parti debba per forza aver ragione non porta alla soluzione del conflitto

La gestione e trasformazione dei conflitti consente di transitare da un’alternativa in cui c’è opposizione (“o-o”) a un’altra in cui c’è integrazione (“e-e”).

I conflitti generano conflitti

Nei casi in cui c’è opposizione (“o-o”) il risultato è una “non soluzione”, che prevede un vincente e un perdente. Il primo apparentemente soddisfatto, il secondo frustrato.

L’antropologa belga Pat Patfoort, esperta di trasformazione di conflitti, ha individuato tre conseguenze che nascono da questo modello vincente/perdente.

  1. Escalation. Uno dei due gruppi o individui subisce una pressione e si difende attaccando, mentre l’altro viene spinto a difendersi e attaccare poi a sua volta. La difesa che ne consegue porta a un altro attacco/provocazione e così via. Ognuno accresce l’intensità del proprio attacco cercando di prendere il sopravvento sull’altro. Una modalità d’azione che provoca un aumento progressivo dell’intensità del conflitto. Il tutto può sbocciare nella violenza fisica diretta.
  2. Catena di violenze. Quando una delle due parti in lotta non riesce ad assumere (temporaneamente) una posizione di maggiore forza nei confronti dell’aggressore l’attenzione si rivolge altrove… Chi subisce l’abuso diventa a sua volta abusante nei confronti di un terzo. Ad esempio: lo Stato su un imprenditore, l’imprenditore su un dipendente, il dipendente su sua moglie, la moglie sul figlio, il figlio sul gatto. S’innesca appunto una catena e la violenza si propaga. Per riassumere, poiché una delle due parti in causa è decisamente troppo dominante (o Maggiore, come da definizione di Patfoort) il dominato (o minore) scarica la propria frustrazione sulla persona minore rispetto a sé.
  3. Interiorizzazione. Talvolta chi è in posizione di svantaggio è talmente soggiogato da non riuscire nemmeno ad attaccare un altro e a quel punto danneggia se stesso. Come? Tramite autosvalutazione, autolesionismo, suicidio eccetera.

In tutte queste situazioni vincente e perdente vivono sentimenti di rabbia, frustrazione, odio, colpa e cattiva coscienza. Se questi non vengono esternati e o incanalati adeguatamente, le persone coinvolte danneggiano sé o gli altri e la loro salute ne risente pesantemente.

Vincente e perdente vivono sentimenti di rabbia, frustrazione e odio

Qual è la soluzione?

Fortunatamente esistono più soluzioni che possono essere impiegate per la gestione di questi conflitti. Tutte partono dal modello dell’Equivalenza di Pat Patfoort. La relazione tra due soggetti A e B è sana quando ognuno riconosce l’altro come equivalente, cioè riconosce il valore dell’altro come pari. Nessuno di conseguenza ha bisogno di prendere il sopravvento sull’altro.

Per avviarsi verso la trasformazione del conflitto è importante non fermarsi alle richieste espresse in modo conscio delle parti in gioco. Un passaggio importante infatti è quello di indagare i Fondamenti alla base delle richieste. Perché ciascuno porta avanti quel determinato desiderio e volontà? Cosa pensa di ottenere di positivo soddisfacendo le proprie richieste?

Chi è coinvolto nel conflitto può così entrare in un processo che rivela le ragioni di entrambi, riconoscendole e rispettandole tanto quanto le proprie. Si procede poi per gradi, fino ad arrivare alla soluzione.

La relazione tra due soggetti è sana quando ognuno riconosce l’altro come equivalente

I conflitti nel quotidiano

Quando il soggetto A vuole qualcosa di apparentemente incompatibile con la volontà del soggetto B, ad esempio il primo vuole andare al mare, il secondo in montagna, si può creare tensione. La maggioranza delle persone è abituata a lottare perché vengano rispettati i propri desideri. Quando le cose stanno così è inevitabile che ci sia un vincente e un perdente. Uno dei due soddisferà la propria volontà mentre l’altro la dovrà sacrificare, rinunciando a far valere i propri bisogni.

Talvolta non c’è nessuna lotta: una delle persone in causa semplicemente si adegua immediatamente al desiderio dell’altro e, ad esempio, lo segue al mare.

Di fatto, però, una situazione come questa crea spesso, in chi ha ceduto, un senso di sacrificio più o meno rilevante. Sedimenta nella mente dei due interessati una specie di lista con debiti e crediti. Chi si è sottomesso pensa: “ok, per questa volta hai vinto, la prossima dovrai adeguarti tu alla mia volontà”.

Trasformare concretamente un conflitto

Abbinando l’esperienza di Galtung e Patfoort si integrano i Bisogni Essenziali, il concetto di Equivalenza e la conoscenza dei Fondamenti. Sfruttando questa integrazione possiamo creare una realtà in cui le persone collaborano per trovare un accordo, una soluzione win-win, grazie alla quale tutti vincono. I soggetti prima coinvolti nel conflitto si rilassano perché i loro Bisogni Essenziali vengono soddisfatti al 100 %. I Fondamenti dei loro desideri sono stati ascoltati e insieme si è cercata la migliore soluzione per rispettare tutte le parti in gioco.
Il percorso di trasformazione dei conflitti si articola in quattro passaggi. 

Il percorso di trasformazione dei conflitti si articola in quattro tappe 

Primo passaggio: Equivalenza

Mettiti nella condizione di considerare ogni persona coinvolta nella situazione di conflitto come Equivalente. Avete tutti uguale diritto di essere rispettati e felici. È legittimo per ognuno vedere soddisfatti i propri desideri e Bisogni Essenziali.

Questa tappa non è un’azione vera e propria ma uno stato d’essere fondamentale che condizionerà le tue azioni e permetterà di trasformare il conflitto con successo.

Tutti hanno lo stesso diritto di essere rispettati e felici

Secondo passaggio: conoscere se stessi

Prova a capire qual è il Bisogno Essenziale che non viene rispettato nella situazione che ti crea tensione. Perché provi, ad esempio, il desiderio di andare al mare? Cosa ti aspetti di ottenere dalla tua vacanza al mare? La ragione per cui vuoi qualcosa costituisce le Fondamenta del tuo desiderio.

Magari pensi che andando al mare il contatto con l’acqua e il sole ti rigenererà. Hai voglia di riposo dopo mesi di sovraffaticamento lavorativo. Solo così nutrirai davvero il tuo bisogno di benessere. L’idea della montagna non ti attira affatto, perché hai proprio necessità del contatto con l’acqua e di sdraiarti al sole.

Ascolta i tuoi desideri e quello che è importante per te

Terzo passaggio: comunicazione

Impegnati a comunicare i tuoi desideri alle altre persone coinvolte nel conflitto e spiega cosa è importante per te. È fondamentale conoscere te stesso e saper riconoscere i tuoi bisogni.

Poi, ascolta i desideri dell’altro e quello che è importante per l’altro. Cercando di comprendere insieme quali sono i Fondamenti del suo desiderio di andare in montagna. E quali sono i Bisogni Essenziali che l’altro pensa non vengano rispettati se rinuncerà a farlo.

L’altra persona, per esempio, immagina che la vacanza in montagna gli porterà tranquillità e pace. Vuole camminare nella Natura respirando aria pulita. Per contro immagina il mare e le spiagge affollate da turisti.

Ascolta i desideri dell’altro e quello che è importante per l’altro

Quarto passaggio: creatività

Collabora in modo creativo, empatico ed equo alla ricerca di una soluzione win-win. Una soluzione che rispetti i Fondamenti e i Bisogni Essenziali di ogni persona coinvolta nel conflitto.

Nell’esempio del mare o della montagna, una meta come la Sardegna, la Corsica o la Liguria potrebbe essere vincente, perché offre entrambi i paesaggi. Oppure potrebbe essere una soluzione scegliere di raggiungere spiagge incontaminate, includendo nella vacanza sia bagni sia passeggiate su un sentiero costiero. Si potrebbe anche optare per un viaggio in montagna, programmando soste e bagni al lago. E niente impedisce di valutare la prenotazione di qualche ora in una Spa, con l’obiettivo di rigenerarsi ulteriormente.

La soluzione è di tipo win-win quando ognuno si sente rispettato nei propri Bisogni Essenziali di sopravvivenza, benessere, identità e libertà e i Fondamenti all’origine della richiesta sono stati accolti e raggiunti al meglio.

Collabora in modo creativo, empatico ed equo alla ricerca di una soluzione win-win

Rispetto e gratitudine al posto di rabbia e frustrazione

Applicare queste conoscenze alla tua vita quotidiana è un contributo importante per la tua pace interiore ma anche per la pace nel mondo.

La trasformazione dei conflitti genera situazioni caratterizzate da rispetto reciproco, gratitudine e serenità. La relazione è dinamica e le persone prima coinvolte nel conflitto sperimentano una pace positiva, cioè una realtà in cui possono osare di essere se stesse. Possono così ambire a rispettarsi e farsi rispettare senza paura che nasca un conflitto. Perché sanno che se anche un conflitto dovesse nascere hanno comunque i mezzi per trasformare la situazione, sempre. Si garantisce così maggiore vitalità e auto-realizzazione per tutti.