Allergie, perché insorgono, come superarle

Allergie, perché insorgono, come superarle

Le allergie sono un problema comune, soprattutto in primavera e in autunno, ma non solo. C’è chi allergico al polline, chi al pelo di animali, chi a uno o più elementi presenti nei cibi o negli oggetti di uso comune: pensiamo ad esempio all’allergia al nichel.

Secondo la Humanitas University nel 2019 in Italia circa 12 milioni di persone soffrivano di allergie respiratorie, come asma e riniti. E questo numero, a detta di molti esponenti della medicina convenzionale, è destinato a crescere, a causa di un mix di fattori in grado di promuovere l’insorgenza di reazioni allergiche, tra cui l’aumento delle temperature, l’inquinamento e la maggiore diffusione dei pollini nell’aria.

Ma perché una persona che è stata esposta a un allergene per anni e anni di colpo diventa allergica proprio a quell’elemento, che prima non gli aveva mai dato alcun fastidio? Come mai l’allergia si scatena nei confronti di alcune sostanze e non di altre, anche se siamo costantemente circondati da potenziali allergeni?

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Come puoi scoprire grazie al metodo della Bioconsapevolezza, anche le allergie sono messaggi dal corpo, che sta intervenendo in tuo aiuto secondo i propri mezzi.

Anche le allergie sono messaggi dal corpo che interviene in tuo aiuto

Pensiamo alle allergie da contatto. I pazienti che soffrono per eczema allergico, prurito, urticaria o dermatite vivono ancora intensamente (in modo inconsapevole) uno stress da separazione.

Allergie: la causa è un distacco doloroso

Quando insorge un’allergia, l’elemento a cui la persona è allergica, che può essere una tipologia di polline, il pelo di uno o più animali, un cibo e così via, richiama direttamente un evento traumatico legato a una separazione.

L’allergene richiama un evento traumatico legato a una separazione

Quindi, se c’è una reazione allergica ripetuta a uno specifico allergene, quello che si deve cercare è l’oggetto o il soggetto che questo allergene rappresenta, dal quale per qualche motivo la persona allergica è stata separata contro la sua volontà.

Facciamo un esempio. L’allergia al polline dei cipressi, che in Italia vengono spesso piantati in prossimità dei cimiteri, potrebbe essere legata alla morte di una persona cara che ti ha colto impreparato e che hai vissuto in modo drammatico.

Stesso allergene, tante cause di allergia

È importante non dare per scontata la causa di un sintomo o di una patologia, e questo vale anche per le allergie. Bisogna indagare nelle singole storie personali o genealogiche senza lasciarsi sviare da situazioni e problematiche già risolte. I miei esempi servono a capire quale tipo di ragionamento o indagine fare, senza fissarsi sul risultato. L’allergia ai cipressi potrebbe essere collegata alla Toscana, che un emigrante potrebbe essere stato costretto ad abbandonare. O ancora è possibile che i cipressi fossero presenti nel luogo in cui sei stato lasciato da un grande amore. E per questo ora non puoi più respirare il loro polline senza manifestare una reazione avversa.

Il corpo registra tutta una serie di dettagli dei quali non siamo consapevoli e che potrebbero ripresentarsi sotto forma di elementi allergizzanti in vario modo.

Il corpo registra tutta una serie di dettagli dei quali non siamo consapevoli

Fare la domanda giusta

Come già ho raccontato su questo blog, sai che per aiutare le persone a trovare le loro risposte individuali mi piace cercare le giuste domande. Voglio farti un altro esempio per spiegare come funziona il meccanismo delle allergie.

 Porre la giusta domanda aiuta a trovare la giusta risposta

Nel corso di un mio seminario di formazione per terapeuti, che si chiamava appunto Fare la buona domanda, una donna affetta da lunga data da allergia ai metalli ha scoperto la ragione alla radice del suo disturbo, che le provocava dermatiti ed eczemi da contatto piuttosto seri.

Maria non poteva indossare neppure per poche ore della bigiotteria senza avere una reazione avversa. Lavorando con gli alti partecipanti al laboratorio, questa donna è riuscita a capire cosa rappresentassero i metalli nella sua storia personale e a liberarsi una volta per tutte dall’allergia.

Il caso di Maria

Quando era una giovane donna Maria aveva dovuto scegliere di separarsi dal suo grande amore, perché il ragazzo aveva iniziato a fare uso di eroina. Diventato dipendente, una volta cresciuto, il suo ex innamorato è addirittura morto di overdose.

Ecco allora che i metalli rappresentano l’ago, che ha causato l’impossibilità di vivere questo grande amore.

Qualche giorno dopo aver scoperto il nesso tra ago, metalli, separazione e dermatite, Maria ha ricevuto in dono un braccialetto di bigiotteria. Pur sapendo che avrebbe avuto una reazione avversa, trattandosi di un regalo, ha voluto comunque indossarlo.

Alla fine della giornata, con suo grande stupore, non aveva avuto nessuna reazione allergica. Allora ha provato a indossare altri gioielli, che non tirava fuori dal cassetto da anni… Risultato? Nessuna reazione avversa dal corpo. La presa di coscienza della ragione alla radice dell’allergia e l’accoglienza delle emozioni represse, in questo caso sono bastati per risolvere il problema. Ed erano più di vent’anni che ne soffriva.

La consapevolezza fa la differenza

Quanto sto spiegando accade per qualunque tipo di allergia. Mi viene in mente il caso di una paziente, Gloria, che invece soffriva di una fastidiosa allergia alle piume. Se le capitava di riposare su un cuscino imbottito di piume o di usare una coperta imbottita di piume si svegliava l’indomani con rinite e raffreddore.

Indagando nel suo passato ho scoperto che, da bambina, Gloria si prendeva cura di una grande voliera con uccelli domestici e che si preoccupava di raccogliere e curare gli animali feriti che trovava in campagna e nei boschi. Quando uno degli animali soccorsi moriva, cosa che capitava spesso, o se uno dei suoi uccelli si ammalava e non riusciva a guarire, Gloria viveva uno stato di profondo sconforto e tristezza. Per lei la perdita di ogni singolo animale era un trauma.

In particolare un’estate, dopo aver affidato la cura della voliera alla sorella, tornando dalla vacanza aveva trovato la gabbia vuota. Le era stato detto che qualcuno, probabilmente, aveva pensato di aprirla di nascosto per liberare gli animali. La realtà era un’altra e dopo alcuni anni Gloria l’aveva scoperta: gli uccelli erano tutti morti. Quando la parte adulta di Gloria ha potuto accogliere il lutto della bambina e dare libero sfogo al dolore di questa separazione l’allergia è regredita spontaneamente.

A volte l’allergia a un animale può essere collegata non tanto alla separazione dall’animale in sé ma alla separazione da una persona cara che aveva quell’animale, come un nonno o un genitore. In tutti questi casi è importante elaborare il lutto e lasciare sfogare il dolore per superare le allergie.

Indagare nel passato, individuare l’evento traumatico legato alla separazione e darsi modo di elaborarlo può curare le allergie

Anche le allergie aspecifiche possono essere risolte

Quando non si sa esattamente a cosa si è allergici come si può procedere? Se ad esempio i sintomi di allergia si presentano in uno specifico momento dell’anno, come in primavera o in autunno, si può andare alla ricerca, nel proprio passato, di un evento traumatico legato a una separazione avvenuto in quella stagione.

Le allergie hanno a che fare con un episodio di forte stress da separazione

Le allergie hanno a che fare con un episodio di forte stress da separazione e la separazione può riguardare non solo persone o animali, ma anche luoghi e oggetti.

Quando si è allergici il trauma della separazione è ancora attivo, cioè fa ancora soffrire, perché il dolore non è stato del tutto elaborato. Se non si riesce a risalire alla causa dell’allergia è possibile che si debba indagare più in profondità, nel passato genealogico della persona allergica. Oppure è possibile che la persona non ricordi l’evento traumatico legato all’insorgenza dell’allergia. In questo caso può venirci in soccorso la Biokinesiologia.

Dall’attaccamento all’accettazione, cambia la vita con un sì

Dall’attaccamento all’accettazione, cambia la vita con un sì

L’attaccamento si verifica ogniqualvolta, di fronte a un evento che consideri avverso, ti arrabbi e ti disperi, perché avresti voluto che le cose andassero diversamente. Provi emozioni intense e durature che a volte continuano a ripresentarsi per una vita intera, abbassando la tua energia vitale. Rimugini sul fatto che le cose siano “andate storte”, ti rimproveri per le parole dette o le scelte fatte. L’attaccamento è l’opposto dell’accettazione.

Quando lasciamo spazio all’accettazione, prendiamo atto che qualcosa è successo anche se questo qualcosa non ci piace ed è doloroso. Accettazione significa accogliere qualsiasi evento così com’è. Può sembrarti impossibile fare un passo verso l’accettazione, invece puoi riuscirci anche tu e vorrei spiegarti perché è importante per la tua salute.

Accettazione significa accogliere qualsiasi evento così com’è

 

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Un problema molto diffuso

Se anche tu sei preda dell’attaccamento non devi stupirti. È normale per l’uomo e lo è soprattutto per chi nasce in occidente. Fin da piccoli veniamo cresciuti nella convinzione che possiamo plasmare la nostra vita: con un po’ di impegno anche noi potremo vivere la nostra favola ed evitare il dolore. Così, quando il dolore inevitabilmente bussa alla nostra porta, ci stupiamo e ci arrabbiamo.

L’attaccamento può interessare non solo il passato ma anche il futuro: siamo attaccati all’idea che tutto debba svolgersi secondo i nostri piani e questo crea ansia e insicurezza.

Sei attaccato all’idea che tutto debba svolgersi secondo i tuoi piani?

Metti nero su bianco quello che non riesci ad accettare

Ti consiglio, subito dopo aver letto questo articolo, di fare un esercizio: prendi un foglio e scrivi in forma di elenco tutte quelle situazioni presenti e passate che senti di non aver accettato. Fallo senza filtri, cercando di sospendere qualunque giudizio. Le emozioni negative che provi riguardo a situazioni passate o presenti possono servirti da filo conduttore nella tua indagine. Magari non accetti di essere nato nella tua famiglia oppure non ti capaciti di aver fatto una scelta professionale “sbagliata”. O sei arrabbiato per come è morta una persona cara.

Tutti, nella nostra vita, affrontiamo situazioni ed eventi che viviamo con piacere e altri con dolore. Avere un ideale assolutistico di riferimento, però, ci fa sentire profondamente offesi quando le cose non vanno “per il verso giusto”. Spesso ci sentiamo vittime degli altri o di un’Autorità che, nella nostra testa, se la prende con noi: Dio, la Vita, l’Universo, qualunque nome vogliamo dare a questo “qualcosa più grande di noi”. Ovviamente tutto questo vissuto, questo pathos, è influenzato dalle nostre convinzioni culturali, spirituali e religiose.

Paradossalmente, l’attaccamento al benessere e una mancata accettazione del dolore ci espongono al rischio di vivere una sofferenza intensa e duratura.

L’attaccamento al benessere ti espone al rischio di vivere una sofferenza intensa e duratura

Un diverso punto di vista

Dagli insegnamenti spirituali che arrivano prevalentemente dall’oriente possiamo imparare che siamo sulla Terra per fare delle esperienze, e quando abbiamo finito di fare queste esperienze torniamo da dove siamo venuti.

Qualcuno di noi dovrà vivere esperienze che richiedono un lungo periodo di tempo, qualcun altro resterà sulla Terra per pochi anni di vita. E c’è addirittura chi conclude il suo viaggio senza neppure uscire dall’utero materno.

Secondo questo nucleo di convinzioni, la nostra anima sa benissimo cosa deve imparare e quale tipo di esperienze siamo destinati a vivere, quindi sceglie di conseguenza l’epoca, il luogo, la famiglia e il corpo più adatti, con tutti i loro pregi e tutte le loro mancanze e difetti.

Non abbiamo potere di vita o di morte

Per me è diventato ovvio che noi, da piccoli umani quali siamo, non abbiamo potere di vita e di morte. Pur avendo un margine di libero arbitrio e di scelta, viviamo quello che è possibile vivere, quello che il nostro Universo contempla.

Quando dico che non abbiamo potere di vita e di morte penso anche ai colleghi medici, che spesso vivono la morte dei loro pazienti come un fallimento personale. Ho in mente le coppie che non riescono ad avere figli, cioè a dare la vita, ma anche quei genitori che si sentono in colpa per non essere stati capaci di proteggere abbastanza un figlio ed evitare la sua dipartita.

Rimettersi al proprio posto di esseri umani, lasciare andare l’idea astratta di perfezione, permette di ridimensionare il proprio compito sulla Terra. Possiamo così, semplicemente, impegnarci a fare il meglio che possiamo, fiduciosi che esista un Senso, spesso inafferrabile alla nostra coscienza di uomini e donne. Nella mia esperienza, questi passi sono decisivi per vivere la vita in modo più sereno.

Impegnati a fare del tuo meglio, fiducioso che esista un Senso inafferrabile alla tua coscienza

Attaccamento positivo e attaccamento negativo

Un minimo di attaccamento alla Terra e alla vita terrestre fa parte della vita ed è sensato, altrimenti non avremmo nessuna spinta per tutelare la nostra sopravvivenza. Quando però l’attaccamento alla vita terrestre è prepotente ed esagerato, ti richiede talmente tanta energia da rischiare di ucciderti. L’attaccamento ti obbliga a vivere in uno stato di tensione perenne.

L’attaccamento ti obbliga a vivere in uno stato di tensione perenne

Quando l’attaccamento prende il sopravvento non riesci mai a rilassarti e perdi la capacità di percepire la realtà nel qui e ora. Non riesci più a distinguere tra ciò che è vitale e ciò che è mortale. Non hai più accesso alla capacità istintiva che solitamente consente di sentire se qualcosa accresce la tua vitalità oppure la consuma e la distrugge.

Cosa accade quando perdi il contatto con la realtà

Privato del contatto con le reali sensazioni del momento, diventi un individuo tutto testa, senza più un corpo. È così che la tua mente concepisce dei dogmi che iniziano a condizionare la tua intera esistenza, anche se non hanno alcun legame con la reale situazione che stai vivendo.

In queste circostanze le tue azioni sono influenzate da pensieri irrazionali. Di conseguenza risultano incoerenti rispetto alla realtà. Entri in uno stato di re-azione e ti centri sul problema. La tua risposta è spesso automatica e di difesa. Perdi di vista i tuoi obiettivi fondamentali e spesso sei spinto ad agire in modo altamente controproducente.

Puoi dire sì al trauma

Quando un evento avverso ci piomba addosso possiamo rispondere di no al trauma, cioè non accettarlo, oppure di sì. Dire sì significa accettare che qualcosa che consideriamo negativo è successo, anche se non ci fa piacere. Possiamo non essere d’accordo con quanto è accaduto ma prendiamo atto che è successo.

Dire di no invece vuol dire staccarsi dalla realtà e cadere nella spirale dell’attaccamento. Puoi sempre dire di no a un evento negativo ma questo non cambia il fatto che si è verificato.

Puoi dire di no a un evento negativo ma questo non cambia il fatto che si è verificato

Cosa fa il no alla tua vita

Quando dici di no vince la propensione all’attaccamento. E nascono i giudizi e i pensieri assolutistici, che ti allontanano dalla realtà.

Di conseguenza vivi l’evento avverso in modo acuto e drammatico. Perdi contatto con l’ampiezza della realtà dei fatti. Il tuo sguardo si restringe sul problema. Mancando una visione d’insieme, trovare soluzioni a quanto è accaduto diventa ancora più difficile. Potresti persino fare fatica a renderti conto che le tue azioni in reazione a quello che non accetti hanno conseguenze negative peggiori della situazione iniziale.

Quando vince l’attaccamento, gli obiettivi da raggiungere si trasformano in esigenze assolute. Agisci come se tu fossi Dio. Questo atteggiamento provoca ansia e disarmonia perché è del tutto irrazionale. I pensieri assolutistici consumano tanta energia e bloccano il fluire armonioso della Vita dentro di te.

Come abbiamo sottolineato in altri articoli di questo blog, l’eccesso di stress e la carenza di energia portano alla malattia. Hai detto di no a un evento avverso perché hai pensato che avrebbe rovinato la tua vita, ostacolato la tua felicità. Invece è il tuo no che ti sta facendo soffrire sempre di più.

I pensieri assolutistici consumano tanta energia e bloccano il fluire armonioso della Vita

Il no ti precipita verso la condanna

In tempi brevissimi il no porta alla condanna: condanna di sé e degli altri, di tutto quello che consideri causa della situazione che non hai accettato. Te la prendi con te stesso perché ti sei “cacciato nei guai”, sei arrabbiato con gli altri che non fanno nulla per migliorare le cose, ce l’hai con Dio o con l’Universo, ti senti solo al mondo…

Dire no porta alla separazione: si diventa scontrosi, incapaci di empatia, non si ascoltano più le ragioni degli altri. Il confronto aperto diventa impossibile. Dire no porta all’opposizione e scoppiano continui litigi.

Dire no porta a condannare, separarsi e opporsi

Un’energia distruttiva ti invade in modo più o meno importante. Vivendo la situazione in modo intollerabile, acuto e drammatico, desideri fortemente che cessi al più presto. Quali mezzi dovrai usare per uscirne non ti interessa più. Desideri sparire tu o fare sparire gli altri. Cancellare chiunque pensi che sia responsabile del dolore. Agendo in questo stato alterato potresti fare qualcosa di molto peggio dell’evento iniziale che ha scatenato il trauma.

Ti illustro con qualche esempio cosa intendo per azioni irrazionali e controproducenti rispetto al desiderio o alla volontà iniziale. Ti separi da una persona amata perché non passavate abbastanza tempo insieme. Fai una guerra per ottenere pace e rispetto. Utilizzi terapie tossiche su persone sane per evitare che si ammalino. In pratica prendi provvedimenti più deleteri della situazione iniziale che rifiuti.

Qualunque sia la realtà dei fatti sei molto, molto teso e il tuo livello di stress è altissimo. Il corpo deve necessariamente intervenire per aiutarti a risolvere questa situazione. Oltre al malessere psicologico iniziano a manifestarsi dei veri e propri sintomi fisici di malattia.

Quando dici di no alzi talmente tanto il livello di stress da costringere il corpo a intervenire

Capire le ragioni alla base dell’attaccamento

Siamo portati all’attaccamento perché crediamo erroneamente che tutto ciò a cui siamo attaccati (familiari, amici, oggetti, professioni, dogmi, convinzioni, status sociale, identità…) ci porti energia. Invece, l’attaccamento ha conseguenze deleterie su di noi.

  • Limita il movimento vitale fisico, emotivo e spirituale, proprio della Vita. La paura di perdere ci spinge a non ascoltare con costanza il movimento vitale interiore, che ci porterebbe verso esperienze nuove e situazioni ignote. Metaforicamente, è come se il melo fosse attaccato ai suoi fiori e resistesse alla trasformazione che da sempre gli permette di creare frutti.
  • Non fornisce l’energia adatta al singolo individuo. Aggrappandosi a quello che crediamo indispensabile, non abbiamo le mani libere per ricevere l’abbondanza adatta a noi in ogni singolo momento.
  • Riduce lo spazio mentale e spirituale. L’attaccamento ci chiude per esempio alla curiosità e all’opportunità di evolvere.

Ti attacchi a ciò che pensi sia vitale per te ma invece l’attaccamento ti toglie vitalità

Il grande potere del sì

Quando dici sì vince l’accettazione. La percezione della realtà che ti circonda e dell’accaduto rimane realistica.

Attenzione: accettazione non è sinonimo di sottomissione o rassegnazione. Quando provi rassegnazione significa che non hai accettato il trauma ma che a malincuore hai cercato di fartene una ragione. Andando in questa direzione sei comunque nella spirale negativa del no.

Accettazione non è sottomissione o rassegnazione

Contrariamente a quello che di solito si teme, è possibile accettare la realtà così com’è e al contempo mantenere vivi i propri desideri. Ti connetti a quanto è accaduto ma resti connesso anche ai tuoi desideri profondi. Stando in contatto con la realtà, in ogni momento, ti concentri su quello che puoi fare per stare bene nonostante quanto è successo.In pratica, non re-agisci ma agisci. Rimani centrato su quello che è importante per te. Hai ben chiaro il tuo intento e tendi alla realizzazione del tuo obiettivo.

Concentrati su quello che puoi fare per stare bene nonostante quanto è successo

Quando dici sì i tuoi pensieri rimangono razionali e sono utili a raggiungere i tuoi scopi. Portano a reazioni emotive proporzionate e adeguate all’evento. Di fronte a un fatto indesiderato ti porrai delle domande, cercherai di trarne degli insegnamenti, potrai sentirti dispiaciuto ma non disperato o sopraffatto. Il trauma si trasforma in un’occasione di crescita interiore.

Il trauma si trasforma in una occasione di crescita interiore

Responsabilità e Gratitudine

Rimanendo in contatto con la realtà sei in grado di prenderti la tua parte di responsabilità (se ne hai), senza colpevolizzarti. Puoi cercare attivamente una soluzione proficua. Riesci a capire se quanto è successo è immutabile o può essere cambiato. Puoi comprendere che da un fatto negativo potresti uscirne persino rinnovato, più forte e felice di prima.

Puoi arrivare a provare persino gratitudine, perché in qualche modo Dio, l’Universo o chi per lui ti hanno inviato un segnale. Dolore e disagio ti hanno indicato un cambiamento necessario o un aspetto di te stesso su cui puoi lavorare per rinforzarti o addirittura trasformarti.

Grazie al sì mantieni uno Stato di visione unitaria: tu, gli altri e persino l’evento negativo che hai vissuto, fate tutti parte di un Unicum. Puoi quindi condividere la situazione difficile con le persone coinvolte. Arriverai a chiederti cosa potete fare insieme per stare tutti bene.

Il sì porta energia costruttiva

L’energia che ti pervade quando dici sì a un disagio oppure a un evento negativo è costruttiva e porta maggiore benessere. Non entri in conflitto né con te stesso né con gli altri. Il tuo corpo non ha bisogno di prendersi carico di una quantità eccessiva di stress perché non si è innescato il meccanismo dell’attaccamento. Le tue cellule mantengono l’omeostasi, l’equilibrio è preservato.

Lo stress è adatto a quello che sperimenti. Sei in tensione quando c’è un reale pericolo e serve agire per cambiare la situazione. Sei invece rilassato quando le circostanze lo permettono.

Evolvere in armonia con la Vita

Anche gli eventi avversi sono opportunità di crescita, di insegnamento, di evoluzione. Qualcuno dice che evolvere è l’obiettivo principe di questa esperienza sulla Terra. Quando diciamo di no ai traumi e agli accadimenti negativi, blocchiamo il fluire della Vita e il trauma di per sé diventa inutile. Il dolore che sarebbe stato provvisorio diventa una sofferenza che può durare una vita.

Quando diciamo di sì, restiamo in armonia con la Vita, che può scorrere libera in noi e intorno a noi. Possiamo allora attingere al flusso vitale e goderne tutti i benefici. Rimaniamo anche in contatto con i nostri desideri profondi e agiamo in modo coerente per realizzarli.

Ti consiglio di ascoltare questa meditazione dei 7 minuti proposta da Cesare Boni e presentata da Gabriele Policardo. Praticata ogni giorno ha il potere di favorire l’accettazione.

Tumore al seno: superare la paura e favorire la guarigione

Tumore al seno: superare la paura e favorire la guarigione

Quando si riceve una diagnosi di tumore al seno è comprensibile sperimentare un profondo senso di smarrimento, paura e rabbia. Spesso si provano tutti questi sentimenti, in sequenza.

Si affronta un percorso che porta (o dovrebbe portare) a superare lo shock e intraprendere così il percorso di guarigione. Talvolta però può anche capitare di saltare delle fasi o rimanere intrappolati nella paura. Ognuno di noi reagisce secondo la propria sensibilità, il proprio carattere e le proprie conoscenze.

Di fronte a una diagnosi di tumore al seno ognuno reagisce secondo la propria sensibilità, non c’è un modo giusto o sbagliato

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Perché ho un tumore al seno?

Una delle domande che molto probabilmente continua a ripresentarsi nella tua testa è: perché sta succedendo proprio a me? È facile che tu te lo chieda più volte al giorno, con il cuore carico di frustrazione e le lacrime agli occhi…

Magari sei una persona attenta, che cura la propria alimentazione e segue tutti i cosiddetti programmi di prevenzione. Forse non ci sono altri casi di tumore al seno nella tua famiglia. Oppure sì, ma pensavi che le visite regolari dal senologo, le ecografie e le mammografie potessero metterti al riparo dall’eventualità di sviluppare effettivamente un tumore.

Non prevenzione ma diagnosi precoce

Quello che la medicina convenzionale (troppo spesso) chiama programma di prevenzione è invece un programma di diagnosi precoce. L’obiettivo reale dello screening è quello di diagnosticare il tumore quando è di piccola dimensione, non di ostacolare la sua formazione.

La vera prevenzione si basa invece sullo sviluppo di un buon livello di vitalità. Cosa significa? Prestare attenzione a qualità e quantità di respiro, idratazione, sonno, alimentazione e movimento. Senza dimenticare la gestione dello stress e delle emozioni e lo sviluppo del potenziale umano. Temi che costituiscono il fulcro della mia attività.

Se sei interessato, sviluppo questo punto di vista nel mio libro Supera una diagnosi da paura. Guarire il cancro con l’integrazione del lavoro emotivo e delle terapie complementari.

Di fronte al fatto compiuto

Non avresti mai voluto dover affrontare una chemioterapia, una radioterapia oppure un intervento di mastectomia, parziale o totale. Eppure…

È naturale e legittimo il fatto che tu ti chieda perché IO ho un tumore al seno? Anzi, interrogarti in questo modo può aiutarti concretamente nel cammino verso la guarigione. Conoscere te stesso è il primo passo per superare qualsiasi sintomo e problema legato al corpo e alla mente.

In questo articolo il mio obiettivo è proprio indicarti una strada, o meglio un metodo, per capire perché TU hai un tumore al seno. Potrai così affrontare meglio la tua diagnosi e favorire la guarigione.

Prima della diagnosi

Stai leggendo questo articolo ma non hai ancora ricevuto una diagnosi? Molto probabilmente all’autopalpazione, oppure osservando il tuo seno, hai scoperto qualcosa che non ti convince, come un nodulo o un arrossamento sospetto, che non scompare e non sembra giustificato dall’abbigliamento o altro.

Ti consiglio allora di attivarti in modo duplice. Prendi appuntamento con un medico di fiducia e inizia a interrogarti seguendo i consigli che trovi in questo blog.

Le domande giuste

Se hai già letto qualcosa riguardo al metodo della Bioconsapevolezza, che ho sviluppato in oltre 20 anni di esercizio della medicina complementare, forse sai già che ritengo fondamentale per un terapeuta capire come aiutare il paziente a porsi le domande giuste.

Secondo il mio approccio qualsiasi sintomo o malattia, dall’insonnia al tumore al seno, è un messaggio dal corpo. Comprendendo il messaggio che il nostro corpo ci sta inviando possiamo riuscire a superare sintomi e malattie. A patto di attivarci per ascoltare quella che si configura come una richiesta di ascolto e di cambiamento.

Stress e conflitti alla base del tumore al seno

Nel corso della nostra vita, tutti viviamo delle situazioni di stress e conflitto. Fortunatamente lo stress non è sempre dannoso. Non ci viene diagnosticata una malattia per ogni situazione difficile che ci troviamo ad affrontare!

Lo stress non è sempre dannoso ma la somma di più conflitti e traumi non risolti può portare allo sviluppo di una malattia

È però fondamentale comprendere che le nostre esperienze dolorose, quando non elaborate, possono portare a sviluppare sintomi e malattie. Una situazione che si aggiunge a quanto vissuto dalle persone che appartengono alla nostra genealogia e ci hanno preceduto. Talvolta il trauma è antico e una situazione attuale lo risveglia.

La somma di più conflitti va ad acuire l’intensità dello stress. Di conseguenza, il nostro corpo reagirà con forza, inviandoci un messaggio molto forte e destabilizzante. Come ad esempio il tumore al seno.

Le cellule si attivano in risposta a uno stress non elaborato

Quando vivi una situazione in modo drammatico condividendo poco le tue emozioni e non riesci a vedere cosa fare per uscire dal problema, c’è un rischio. Puoi superare la soglia massima di stress che il tuo organismo può tollerare senza intervenire. Di conseguenza, il corpo si attiva, facendo scattare una risposta organica.

Salute e malattia vengono abitualmente interpretate come due stati antitetici. Si sente spesso dire che bisogna combattere contro il tumore, ma in questo modo combatteresti contro te stessa. Il tuo corpo cerca di aiutarti con i propri mezzi a superare una situazione molto stressante. Il tipo di patologia che sviluppa ti informa del tipo di difficoltà che stai attraversando.

La risposta contenuta nel sintomo o nella malattia cambia a seconda del tipo di stress che ha innescato il messaggio dal corpo. Quale tipo di cellule si attiva? Dipende da come hai vissuto l’evento stressante.

Il tipo di cellule che il corpo attiva per mandarti un messaggio dipende dall’evento stressante che hai vissuto

La gravità dei tuoi sintomi invece, ad esempio lo sviluppo di un tumore benigno o maligno, più o meno esteso, è invece legata all’intensità dello stress che hai vissuto. Un conflitto trascurato che ti ha stressato in modo lieve potrebbe portare a una “semplice” infiammazione del tessuto della ghiandola mammaria. Uno stress molto acuto può causare lo sviluppo di un tumore detto maligno.

Uno stress di bassa intensità ma recidivante e duraturo può avere come conseguenza una malattia cronica.

Il corpo sa perché stai male

Il tuo corpo, quindi, sa esattamente perché ti sei ammalato e con l’aiuto di un terapeuta specializzato puoi scoprirlo anche tu, ponendoti le domande giuste. Una volta scoperto quale trauma ha generato la malattia avrai molte risorse a tua disposizione per trovare una soluzione su misura per te e liberare il tuo corpo dal bisogno di creare un tumore al seno.

Il seno è composto da diversi tipi di cellule. Se hai già fatto una biopsia, il medico competente avrà specificato quale tipo di cellule si è attivato e quale cancro è presente. La tipologia di cellule del tuo tumore al seno ci dà delle informazioni dirette sul vissuto stressante che ha causato la malattia.

Cosa provoca l’adenocarcinoma

Concentriamoci per fare un esempio su quelle deputate alla fabbricazione del latte materno, che compongono la ghiandola mammaria. Quando si sviluppano in modo anomalo si parla di una specifica tipologia di tumore al seno, l’adenocarcinoma.

A livello biologico il latte materno rappresenta cibo e protezione, perché contiene oltre agli elementi nutritivi per il neonato gli anticorpi della madre. Così da assicurare al bebè un’adeguata barriera protettiva in una fase in cui le sue difese immunitarie non sono ancora del tutto sviluppate.

Il latte materno rappresenta cibo e protezione. Lo produci per le persone che ami

Biologico e simbolico

Spostiamoci ora dal piano biologico a quello simbolico. Il latte materno è nutrimento nel senso di sostentamento ma anche di amore affetto, sostegno e protezione.

Il cancro al seno racconta il vissuto di una donna che subisce uno stress legato al suo ruolo di nutrice e protettrice. Il pensiero biologico all’origine dello sviluppo della risposta patologica è questo: il mio corpo così com’è non è in grado di nutrire e proteggere abbastanza il soggetto d’amore, devo trasformarlo per diventarne capace.

Per semplificare: lo stress non elaborato della donna che ha ricevuto una diagnosi di adenocarcinoma ruota intorno alla sua capacità di aiutare e proteggere.

Lo stress della donna che ha un adenocarcinoma ruota intorno alla sua capacità di aiutare e proteggere

Se le cellule proliferano troppo

Quando si sviluppa un adenocarcinoma, le cellule della ghiandola mammaria proliferano in modo anomalo. Per la medicina convenzionale, che non prende in considerazione le informazioni che ci danno i messaggi dal corpo, questa reazione è insensata e incontrollata.

Quando si sviluppa un adenocarcinoma, le cellule della ghiandola mammaria proliferano in modo anomalo

Ecco allora che le cellule aumentano in modo definito patologico. Se ti è stata fatta questa diagnosi è come se tu sentissi di non avere quanto è necessario per aiutare la persona amata.

Esempi concreti

Dal momento che non è facile capire a fondo quali tipi di stress possono indurre il corpo a sviluppare un adenocarcinoma, voglio farti alcuni esempi concreti. La tua preoccupazione potrebbe essere legata a un componente stretto del tuo nucleo familiare, come un figlio o tua madre, oppure al nucleo allargato, che comprende il padre, i fratelli, le sorelle, il partner. Anche una grande preoccupazione per un animale domestico può provocare un forte stress.

Hai un adenocarcinoma? Potresti essere profondamente preoccupata per tuo figlio, il tuo partner, un fratello o un genitore

Magari tuo figlio è ricoverato in rianimazione e non sai come aiutarlo. Ti senti impotente perché non sei un medico specializzato in medicina d’urgenza: andare a trovarlo ti sembra non portare a nulla. Sottovaluti il tempo e l’amore che gli dai con la tua presenza.

Oppure tuo fratello minore, con il quale hai un rapporto speciale e che hai cresciuto come una seconda madre, è oggi un adolescente con problemi di dipendenza. Non capisci cosa sia successo e non hai idea di come intervenire. Le stai provando tutte ma ti sembra che il tuo caro stia scivolando sempre di più in un baratro.

Cosa vuole dirti il tuo corpo

Entrambe le situazioni descritte, se vissute in modo drammatico e senza condivisione, possono portare allo sviluppo di un adenocarcinoma.

Il tuo corpo sta cercando di agire per risolvere una situazione alla quale razionalmente non trovi soluzione. Avere a disposizione più cellule che fabbricano latte, biologicamente ha perfettamente senso per aiutare la persona amata. L’adenocarcinoma è il messaggio che il corpo ti invia per dirti che stai vivendo una realtà in cui è inconcepibile per te poter fare così poco.

Il tuo corpo sta cercando di agire per risolvere una situazione alla quale razionalmente non trovi soluzione

Nel momento in cui riuscirai a capire da cosa nasce il profondo stress che ti ha portato a sviluppare un tumore al seno, lavorando sul trauma dell’impotenza e sulla sensazione inconscia di non poter proteggere il tuo soggetto d’amore, imboccherai la strada verso la guarigione.

Puoi farti aiutare, per farlo, da un terapeuta competente, che ti guidi verso l’elaborazione dell’importante stress alla base del tuo tumore.

Messaggi specifici

I messaggi che il corpo ci manda attraverso sintomi e malattie sono precisi. Generalizzare porterebbe fuori strada. Il percorso deve essere personalizzato, per capire esattamente, a seconda del tipo di tumore al seno che ti ha colpito, quale problema c’è alla radice e agire di conseguenza.