Affermare se stessi sul lavoro: perché è difficile dire no

Affermare se stessi sul lavoro: perché è difficile dire no

Come affermare se stessi sul lavoro per dare sempre il meglio e farsi rispettare? Allo scopo di raggiungere i tuoi obiettivi professionali individuali, che ti sono stati affidati per il buon funzionamento dell’azienda o del progetto, hai bisogno di concentrati sulle tue priorità e sulla creazione di valore aggiunto.

Con questo obiettivo in mente, puoi imparare a dire no a tutto il resto e avere il coraggio di affermare te stesso. Spesso, però, affermare se stessi sul lavoro dicendo di no è molto difficile. Cerchiamo di capire insieme perché.

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Il no ha una cattiva reputazione

La nostra educazione, o più in generale la cultura condivisa con i membri della nostra società, tende a instillare l’idea che il fatto di dire no sia negativo. Il no viene percepito come un’azione contro gli altri o una carenza di generosità, disponibilità e benevolenza. Dire no sembra equivalente a dire “non mi importa di te e delle tue richieste”.

Abbiamo già analizzato tutte le ragioni per cui è importante dire no. Per riassumere, se non sei in grado o non puoi dire di no:

  • non sai rispettarti perché non riesci a porti dei limiti
  • diventi inaffidabile verso te stesso ma anche verso gli altri
  • non puoi dire dei veri sì
  • sei impossibilitato a dare un contributo di qualità
  • non rispetti le tue priorità personali e quelle del tuo ruolo professionale
  • rischi di creare tensione nelle relazioni con sottoposti, colleghi e dirigenti.

Imparare a dire no permette di aumentare la percezione della tua affidabilità e il valore del tuo contributo. Inoltre, favorisce un clima positivo nel tuo ambiente di lavoro e relazioni più sane con gli altri. Perché allora a volte è cosi difficile dire di no?

Il tuo no è legittimo?

In alcune situazioni, dire di no può essere difficile perché il tuo no non è legittimo. Cerchiamo di capire come distinguere i no legittimi da quelli che non lo sono.

Per farlo, vediamo concretamente insieme qualche situazione in cui il tuo no non è legittimo.

  1. La richiesta fa parte delle tue mansioni e rispetta gli orari previsti dal tuo contratto. Il tuo no è illegittimo se ti viene chiesto di fare qualcosa per cui sei stato assunto e sei pagato, negli orari contemplati dal tuo contratto, quando non c’è una ragione valida per fare un’eccezione. Questo no illegittimo rischia di scombussolare l’organizzazione del lavoro di tutte le persone con cui collabori.
  2. Abbiamo visto che è perché sai dire no che il tuo sì ha valore, ma questo assunto vale anche in senso contrario. Poiché sai dire sì, il tuo no ha valore. Se dici no ogni volta che ti viene chiesto qualcosa, il tuo no rischia di perdere legittimità. Talvolta sul lavoro accadono degli imprevisti o delle occasioni da cogliere al volo. Quando non sono state programmate, le attività da fare si sommano al lavoro già previsto. Piuttosto che sbuffare, prova a essere collaborativo. Qualche ora di attività extra potrà essere recuperata una volta passata l’emergenza.
  3. Il tuo no è il risultato di una reazione emotiva. Quando sei tentato di dire no animato da un sentimento di rabbia, fastidio o vendetta, è meglio che tu faccia un respiro profondo. Aspetta di superare la reazione emotiva impulsiva prima di rispondere sì oppure no. Attieniti ai fatti per giudicare cosa sia meglio fare. È difficile e poco professionale rifiutare un compito a causa di un conflitto con la persona che te lo assegna.

È poco professionale rifiutare un compito a causa di un conflitto con la persona che te lo assegna

Dire no al no emotivo

Ogni volta in cui senti salire il no a fior di labbra spinto dall’emotività, trova delle strategie per disinnescare il conflitto in essere. Riconosci quale dei tuoi bisogni essenziali non è stato rispettato, accogli le tue emozioni e trova il modo di sfogarle. Puoi scrivere una lettera simbolica nella quale dai libero sfogo a tutto quello che hai nel cuore e nella pancia, puoi fare una camminata nella natura o ancora puoi sfogarti dando colpi a una punching balle così via.

Non rimanere bloccato nel tentativo di capire se l’altro ti ha ferito di proposito o meno. Concentra le tue energie per fare in modo che il danno ricevuto venga riparato. E se non può essere riparato cerca di capire come stare bene nonostante il danno subito.

Evitare il braccio di ferro

Fai attenzione a non lasciarti trascinare in una lotta di potere, dove un no imposto si trasforma in un’azione contro l’altro. Rischi di ferire l’ego o risvegliare la suscettibilitàdell’altra persona, che potrebbe a sua volta reagire in modo squilibrato. Azioni e reazioni di questo genere possono generare conflitti latenti o anche evidenti.

Vuoi evitare rischi del genere? Ti consiglio di mettere in pratica il modello dell’equivalenza. Permette di uscire dai meccanismi tipici delle lotte di potere in cui uno vince e l’atro perde, per entrare invece nel mondo della trasformazione dei conflitti e della creazione di soluzioni win-win.

Dopo aver elencato le situazioni in cui il tuo no può non essere legittimo, vediamo invece quando lo è.

Richieste che non rispettano le leggi e leggi che non rispettano l’uomo

Può accadere che la richiesta che ti viene fatta non sia legittima. Ad esempio se qualcuno vuole spingerti a fare qualcosa contro la Legge. L’autorità, in questi casi, non è affidabile.

Per chi, però, vive in un regime politico in cui le leggi non rispettano i diritti umani, il no può essere legittimo anche se va contro la legge vigente.

Sei abituato a contribuire al bene comune? Può essere destabilizzante confrontarti con richieste illegittime. Dover disobbedire o diventare fuori legge per rimanere equo e integro è un problema per le persone oneste: il no diventa una sfida combattuta.

In tutti questi casi consiglio di riflettere sul valore dei diritti umani o di rivolgersi a un’autorità spirituale che abbia una validità maggiore di un’autorità umana. Può essere la Vita che scorre dentro di te, Dio o qualunque divinità contemplata dal tuo credo. Anche l’Amoros può guidarti nella tua decisione.

In una società non equa, alcuni no richiedono coraggio e possono mettere a repentaglio il diritto fondamentale al lavoro. Conoscere te stesso e le tue priorità ti aiuterà a fare la scelta giusta.

Quando il no è legittimo ma fuorilegge prova a rivolgerti a un’autorità spirituale

Se la richiesta non ha senso per te

Ci sono tutta una serie di situazioni in cui dire no è legittimo e fa bene alla relazione. Molto spesso, se senti di voler dire no, vuol dire che è utile farlo. È importante per affermare se stessi sul lavoro.

Quando ti viene chiesto di fare qualcosa in un modo che secondo la tua expertise è insensato, se sai che c’è un modo migliore di agire, puoi dire no senza remore. Ricordati che se dici di sì senza discutere rinunci al valore del tuo contributo.

Attenzione: vale sempre la pena chiedere spiegazioni prima di dare una risposta. Se dopo aver ascoltato le ragioni dell’altro pensi ancora che la richiesta non sia sensata, allora il tuo no è legittimo.

Faccio un esempio che mi riguarda da vicino. Il giuramento di Ippocrate incita ad agire in scienza e coscienza. In alcuni casi, un medico potrebbe essere tentato di non rispettare il giuramento, perché dire no può perturbare la relazione con un paziente o un’autorità che chiede qualcosa di insensato, magari facendosi forza di convinzioni sbagliate. Oltre a violare il giuramento pronunciato, se il medico opta per un falso sì non dà il suo contributo.

Dare coraggio agli altri

Prendere posizione con autenticità può permettere ad altri di fare altrettanto e affermare se stessi sul lavoro. Vedere che qualcuno ha il coraggio di dire no fa sentire meno soli e aiuta a esprimere lo stesso parere.

Dire no è a volte più coraggioso che dire sì. Non c’è una verità unica, e dunque un modo di fare che sia per forza giusto o sbagliato. L’importante è affermare se stessi sul lavoro, rispettarsi e agire in modo autentico.

Vedere che qualcuno ha il coraggio di dire no fa sentire meno soli

Richieste pericolose

Se accettando di dire sì metti a rischio te stesso, gli altri o il tuo lavoro, è importante trovare il coraggio di dire no. Ovviamente questo tipo di situazioni richiede che tu sia competente o possa valutare la pericolosità o meno di una richiesta. Non sempre è possibile capire se un’azione è potenzialmente utile o inutile, inefficace piuttosto che indispensabile o ancora dannosa o benefica. Se non hai la competenza di capirlo ma hai dei dubbi in merito, ti puoi rivolgere al parere di esperti competenti e affidabili.

Quando manca il tempo o le capacità

Se oggettivamente non hai il tempo di fare quanto ti viene richiesto, puoi dire di no senza remore. La giornata è fatta di 24 ore. Dire di sì a un nuovo compito può mettere a repentaglio la buona esecuzione di tutti gli altri lavori ai quali hai detto di sì. E così rischi di diventare molto meno affidabile.

Potresti anche trovarti nella situazione in cui compensi (e subisci) troppo spesso la cattiva organizzazione altrui. Dire no significa smettere di essere complice di una strategia poco efficace che non fa bene a nessuno. Stai mettendo il bastone tra le ruote a un processo o a un sistema inefficiente, all’interno del quale più persone sprecano tempo, energia e risorse senza ottenere gli scopi prefissati.

È anche possibile che ti venga chiesto qualcosa che non sai fare. Quando oggettivamente non hai le capacità adatte puoi dire di no senza farti alcun problema. Non puoi essere competente su tutto né capace di fare tutto. Puoi non essere formato per utilizzare uno specifico programma informatico, per esempio. O ti viene richiesto di salire su una scala altissima quando soffri di vertigini.

Saper dire no quando non hai tempo o le capacità adatte per svolgere un compito è segno di buon senso. Significa che sai riconoscere e accettare con umiltà i tuoi limiti. Cosa che può contribuire ad aumentare la tua credibilità e la percezione della tua affidabilità.

Quando il lavoro compromette la vita privata

Il lavoro, magari a causa delle richieste di colleghi e responsabili, prende il sopravvento e ruba spazio e risorse alla vita privata, ad un livello che non può più essere accettato.

È molto interessante, a questo proposito, osservare le differenze culturali tra Paesi. Non c’è bisogno di andare lontano, basta restare in Europa. In Francia e in Italia, per esempio, finire tardi di lavorare viene visto come un merito. Ci si congratula con chi fa gli straordinari o lavora fino a tarda notte. In Germania o in Norvegia, invece, accade esattamente l’opposto. Chi finisce troppo tardi di lavorare viene percepito come un lavoratore poco organizzato, che non riesce ad essere produttivo a sufficienza nelle ore previste per il lavoro.

L’imprenditore Vineet Nayar ha scritto un libro molto interessante: Employees First, Customers Second: Turning Conventional Management Upside Down. Il testo racconta tra le altre cose come Nayar sia riuscito a potenziare la produzione aziendale impedendo ai suoi dipendenti di fare straordinari.

Un buon equilibrio tra vita professionale e vita privata, oltre a favorire il benessere in entrambi gli ambiti, aumenta la produttività e permette di affermare se stessi sul lavoro.

Un buon equilibrio tra vita professionale e vita privata permette di affermare se stessi sul lavoro

Gli ostacoli interiori a un sano no

Ci sono varie ragioni per cui potresti sentire che non puoi dire no. Prima di tutto potresti essere influenzato da credenze limitanti. Sto parlando di quei pensieri e punti di vista che consideriamo verità assolute e che condizionano molto la nostra vita. Queste convinzioni provengono principalmente dalla nostra educazione e dalle nostre esperienze. Ad esempio potremmo aver vissuto uno o più episodi nell’infanzia in cui abbiamo detto di no, volendo far valere la nostra opinione. Ma siamo stati sgridati.

Da questa esperienza abbiamo dedotto delle regole che portiamo ancora con noi 40 anni dopo.

Ti suggerisco un breve esercizio. Rispondi a questa domanda: quali convinzioni ti impediscono di dire no sul lavoro a colleghi, impiegati o al tuo capo? Metti la tua lista per iscritto. Per chiarire ecco qualche esempio:

  • non si può dire no a un superiore
  • dire no significa rifiutare l’altro
  • quando dico no sono poco collaborativo

A questo proposito, vorrei sottolineare che a volte dire no è una scelta più collaborativa che dire sì.

Le convinzioni che impediscono di rispettarsi

Alcuni pregiudizi legati al fatto di dire no sono influenzati da convinzioni sulla propria persona che rendono difficile affermare se stessi sul lavoro. Magari non sei del tutto connesso a quel potenziale biologico che ti permetterebbe di esprimere la tua legittimità e rispettare la tua dignità. La Biokinesiologia in questo caso può esserti di grande aiuto per liberare il potenziale bloccato. Ci sono dei blocchi, ad esempio, quando pensi cose di questo genere:

  • non valgo niente
  • credo di non meritare rispetto
  • non merito di far valere il mio parere
  • vorrei avere il potere di farmi rispettare ma non ne sono capace
  • mi devo sacrificare per gli altri
  • se tutti gli altri la pensano diversamente, probabilmente sbaglio io
  • esprimere la mia autenticità e rispettarmi mi isolerà dai colleghi

Hai individuato tra i tuoi pensieri almeno una credenza che blocca i no e impedisce di affermare se stessi sul lavoro? Guardala da un’altra prospettiva per riconoscere che questa credenza è un punto di vista e non una verità assoluta.

Come togliere potere alle credenze

Esistono due domande che aiutano a relativizzare una credenza, restituendole il suo status di semplice punto di vista. Chiediti chi ha fatto l’affermazione in cui credie prova a pensare se davvero questa credenza è vera sempre e comunque. Sicuramente puoi trovare tanti esempi in cui la credenza che ti blocca viene smentita.

Per chi ha sempre detto di sì

Se non sei abituatoo non hai esperienza in materia, dire di no può sembrarti molto complicato. Cercando di immaginare cosa potrebbe succedere, potresti dipingere nella tua mente uno scenario catastrofico. In realtà non hai alcuna esperienza per confermare o negare le tue idee. Dire di no può far paura e può farti sentire insicuro perché apre le porte a qualcosa di ignoto. Rifletti anche sul fatto che di solito è più facile immaginare scenari disastrosi piuttosto che paradisiaci. Sempre per via delle convinzioni limitanti.

Dire di no può far paura e può farti sentire insicuro perché apre le porte a qualcosa di ignoto

Ti consiglio di fare un po’ di pratica. Inizia pronunciando dei no che non sono molto importanti, dei piccoli no per avere più fiducia in te stesso. Man mano che si prende confidenza nell’affermare se stessi sul lavoro è possibile dire no in situazioni più delicate. Esercitandoti a dire no potrai diventare consapevole delle potenziali ripercussioni.

La paura delle conseguenze negative

Tante persone sono portate a temere le ripercussioni dei loro no. Quando si parla di dire no sul lavoro le paure più comuni riguardano un mancato aumento di stipendio, un licenziamento, difficoltà a fare carriera. Oppure si teme di creare tensioni nelle relazioni con superiori e colleghi. O si pensa che dire no possa farci perdere la stima altrui. Se dico no – pensano alcuni – verrò considerato un pigro o un fannullone. Ricordiamoci sempre che anche evitare di dire no può avere delle ripercussioni importanti.

A volte, la paura di ripercussioni negative è dovuta solo alle proprie convinzioni limitanti e non c’è alcuna relazione con la realtà. È altrettanto vero però che il tuo no può metterti di fronte alla necessità di affrontare conseguenze negative. Vedremo insieme in un altro articolo come imparare a dire no nel modo migliore, perché il no diventi parte integrante di una relazione sana.

In alcune situazioni e contesti, dire di no, anche se si tratta di un no legittimo, può farti rischiare di perdere il lavoro. Qualunque sia la decisione che prenderà chi si sente costretto a fare una scelta così impegnativa, un’imposizione del genere non può che essere una ferita difficile da rimarginare nella relazione di fiducia con l’autorità.

Valuta bene il rapporto tra rischi e benefici prima di rinunciare al no. Perché significa rinunciare ad affermare se stessi sul lavoro. Pensa a tutte le conseguenze e chiediti se saprai perdonare chi ti ha costretto a non rispettare te stesso.

Valuta bene il rapporto tra rischi e benefici prima di rinunciare al no

Abbracciare l’autenticità

Saper dire no permette di aumentare la tua affidabilità e il valore del tuo contributo. Capire se il no che vorresti dire è legittimo o meno ti aiuta a ragionare e a trovare le giuste motivazioni e il coraggio per pronunciare risposte autentiche.

Osare di dire no è positivo perché significa affermare se stessi e contribuire al mantenimento di un buon equilibrio tra vita professionale e privata.

Tutto questo favorisce benessere e salute. Quando dici no (se il no è legittimo) il tuo rendimento professionale migliora. Collezionerai meno assenze per malattia, sarai meno tentato di cambiare lavoro, la tua motivazione a dare il meglio crescerà. Tutto ciò non è positivo solo per te ma anche per la tua azienda o per i tuoi clienti.

Saper dire no e affermare se stessi sul lavoro crea un clima vantaggioso per tutti.

Stanchezza altalenante come affrontarla e superarla

Stanchezza altalenante come affrontarla e superarla

La stanchezza è una sensazione debilitante che può essere provocata da tante cause diverse. Talvolta la stanchezza può essere legata a problemi di sonno. Altre volte può essere legata a una carenza di micro nutrienti. C’è chi si sente stanco e assumendo magnesio, ad esempio, si sente meglio nel giro di pochi giorni. Ma la stanchezza non è necessariamente connessa al fabbisogno di vitamine o Sali.

Talvolta la stanchezza è associata a una patologia diagnosticata sulla base della presenza di altri sintomi. Sto parlando ad esempio di anemia e diabete, che tra i vari problemi provocano anche un senso di spossatezza generalizzato. C’è poi un altro tipo di stanchezza che non dipende dalle tue scorte di energia. Una stanchezza che può assalirti e poi sparire da un momento all’altro. È di questa stanchezza altalenante che voglio parlarti in questo articolo.

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Quando la stanchezza arriva all’improvviso

Ti capita mai di sentirti senza energie nel corso della tua giornata di lavoro per poi scoprirti pieno di entusiasmo e di forze nel momento in cui un amico ti propone di fare insieme una cosa che piace a entrambi? Non si tratta di una scusa o di pigrizia. La stanchezza che sentivi quando lavoravi era reale e profonda.

Ti succede di sentirti stanco all’improvviso mentre un momento prima avevi l’energia vitale adatta a compiere qualunque azione?

Ti succede di sentirti stanco all’improvviso mentre un momento prima sapevi di avere l’energia vitale adatta a compiere qualunque azione? Prova a seguire questo mio ragionamento. Potrebbe aiutarti a comprendere le cause della tua personale stanchezza e trovare finalmente una soluzione.
La tipologia di stanchezza di cui parlo adesso non ha a che fare con l’energia vitale. Se invece ti trovi in difficoltà per una mancanza di vitalità leggi questi consigli: possono aiutarti a capire come muoverti per iniziare a stare meglio fin da oggi.

Un aiuto dall’etologia

La Biopsicogenealogia, uno degli strumenti che ho integrato nel mio metodo della Bioconsapevolezza, usa anche l’osservazione del comportamento animale per comprendere i sintomi degli esseri umani. Torniamo alla genesi della stanchezza improvvisa o meglio altalenante, partendo da una similitudine etologica.
La pecora è un animale debole, senza difese, che ha come unica protezione quella del branco. Vivere e spostarsi all’interno del gregge permette alle pecore di ingannare almeno in parte il predatore, fingendo di essere un animale più grosso. L’unione fa la forza. Molti pesci piccoli, come le sardine, si comportano allo stesso modo.

Quando la pecora si perde si ritrova sola, smarrita, isolata e senza più difese. Lontano dal gregge il suo stress aumenta in modo significativo, perché il rischio di essere aggredita da un predatore è tangibile. Per lei qualsiasi spostamento è nella direzione errata, eccetto lo spostamento che la riporterebbe nel suo branco.

Il corpo si attiva in aiuto della pecora

Se la pecora ha tanta energia a sua disposizione, rischia di correre dalla parte sbagliata, allontanandosi ancora di più dal gregge di appartenenza. Lo stress fa allora scattare un meccanismo biologico per proteggere questa preda. Il corpo prende le redini della situazione: il cervello ordina di diminuire la secrezione di cortisolo (è un tipo di cortisone naturale) da parte delle ghiandole surrenali, creando nella pecora una stanchezza profonda, che le impedisce di muoversi. In questo modo il rischio che si perda maggiormente viene evitato.

Nel momento in cui, finalmente, la pecora è di nuovo in contatto visivo, auditivo oppure olfattivo con il branco o con il cane pastore, la sua biologia innesca il meccanismo opposto. Il cervello ordina alle surrenali di aumentare la secrezione di adrenalina, innescando una potente fonte di energia che permette alla pecora smarrita di avere le forze sufficienti per ricongiungersi nel tempo più breve possibile al branco.

La pecora è un animale debole, senza difese, che ha come unica protezione quella del branco

Anche tu puoi sentirti smarrito

Quando un essere umano si sente solo, perso, isolato dal suo “branco” può essere colto da questa grande stanchezza improvvisa, proprio come quella che si innesca nella pecora smarrita. Il primo gregge per noi esseri umani è generalmente la famiglia, stretta o allargata. Poi nel tempo il gregge può diventare il gruppo di amici che si conosce da una vita, o l’insieme dei colleghi. Lontane dal branco alcune persone si sentono incredibilmente stanche fisicamente ed emotivamente apatiche. Si parla anche di Conflitto della pecora smarrita.

Lontane dal branco alcune persone si sentono incredibilmente stanche fisicamente ed emotivamente apatiche

L’energia va e viene

Di solito coloro che presentano questa difficoltà vivono alti e bassi. Trovano in se stessi una grande energia vitale che in alcuni momenti sembra non essere più disponibile, come se ci fosse da qualche parte nel loro corpo un tasto on/off. E i periodi off possono durare dei mesi, così a lungo che spesso a queste persone viene diagnosticata una depressione.

Quando vivi un lutto a causa della perdita di più persone care contemporaneamente o in un breve lasso di tempo, ad esempio, può innescarsi questo meccanismo. Ma anche se ti trasferisci lontano dai tuoi affetti puoi essere assalito regolarmente dalla stanchezza legata al Conflitto della pecora smarrita.

Stanchezza o depressione?

Quando lavoravo come medico di famiglia mi è capitato di avere in cura dei migranti, che si ritrovavano in un paese straniero senza nessuno accanto. L’intera famiglia viveva ancora nel Paese d’origine. Questa situazione di isolamento, aggravata da una scarsa (o nulla) conoscenza della lingua e della cultura del Paese di arrivo, li faceva sentire completamente smarriti. Subivano quindi una stanchezza profonda con apatia e spesso arrivavano da me con una diagnosi di depressione cronica fatta da un collega.

Quando la stanchezza è altalenante e sembra non avere una spiegazione, perché non c’è una patologia organica concomitante, spesso si ipotizza o una depressione oppure uno squilibrio nell’apporto di micronutrienti. Invece una spiegazione ci può essere. Devi essere tu a capire se e quanto la tua stanchezza può essere in realtà legata allo smarrimento. Dipende ovviamente dalla situazione che stai vivendo.

Le persone che vivono la difficoltà di essere isolate dal proprio “branco” hanno regolarmente fasi di apatia, non hanno voglia di fare nulla e si sentono svuotate dalle emozioni. Il problema risiede proprio nella lontananza dal clan di appartenenza, sia in senso stretto sia allargato.

Quando la stanchezza è altalenante e sembra non avere una spiegazione spesso si ipotizza una depressione ma la ragione è un’altra

Superare la lontananza in modo simbolico

Nel caso in cui non ci si possa riconnettere fisicamente con i propri cari per diversi motivi, consiglio di realizzare un piccolo album fotografico in cui poterli riunire almeno simbolicamente, da portare sempre con sé.
Se vivi questa situazione prova a farlo e guarda spesso quest’album con l’intento di riconnetterti al tuo clan simbolicamente. È un consiglio che funziona e può aiutarti concretamente a sentirti di nuovo in forma, anche se il tuo gruppo di appartenenza non c’è più o è sparpagliato per il mondo. L’album ti aiuterà a sentirti ancora parte del gruppo.

L’album con le foto di famiglia ti aiuterà a sentirti ancora parte del gruppo

Stanchezza, menopausa o effetto pensione?

Le donne che si sono occupate per una vita dei figli e della casa, una volta che i bambini crescono fino a diventare adulti e farsi una vita propria, possono venire assalite da una incredibile stanchezza. Si sentono non solo sole e senza forze, ma anche apatiche e prive di uno scopo. Di frequente viene detto loro che stanno entrando in menopausa e che questi sintomi dipendono da un cambiamento ormonale. Invece la causa spesso è da imputarsi proprio al Conflitto della pecora smarrita.

Talvolta si scambia il Conflitto della pecora smarrita per un cambiamento ormonale legato alla menopausa

Qualcosa di simile può accadere a tutti coloro che hanno lavorato per una vita e vivono la pensione come uno shock. Perché hanno perso non solo il proprio clan sociale di riferimento (i colleghi) ma anche lo scopo principale per cui si alzavano al mattino.
Ti riconosci in questa descrizione? Prova a cambiare direzione trovando un nuovo gruppo con cui condividi passioni e modi di pensare. Cerca di dedicarti a qualcosa che avresti sempre voluto fare quando non avevi tempo libero.

Quando possibile, consiglio sempre di agire preventivamente preparandosi per tempo al cambiamento. Se sei prossimo alla pensione cerca un nuovo gruppo di riferimento, come un’associazione per esempio, e una o più attività che ti piacciano davvero.
L’obiettivo è sapere come impiegare proficuamente il tempo per svegliarsi al mattino con la voglia di fare, prima di entrare in pensione o prima che l’ultimo figlio grande esca di casa.

Quando si prende la strada sbagliata

Il conflitto della pecora smarrita può avere una declinazione particolare che riguarda coloro che sentono di aver imboccato la strada sbagliata. Sto parlando per esempio di chi si ritrova a fare un lavoro che detesta o a studiare qualcosa che non gli interessa. Persone costrette a fare quotidianamente o comunque per buona parte della loro giornata qualcosa che non amano affatto, in seguito a una scelta che considerano sbagliata. Il risultato è lo stesso: grande stanchezza e apatia che improvvisamente sembrano scomparire nel weekend o non appena si ha la possibilità di riconnettersi con qualcosa che si ama.

Grande stanchezza e apatia possono scomparire appena si ha la possibilità di riconnettersi con qualcosa che si ama

Cosa Fare

Se sei stato costretto a lungo ad agire contrariamente al tuo sentire per obbligo o necessità, siediti e prenditi del tempo per te stesso. Fai un punto della situazione cercando nuovi obiettivi in linea con chi sei veramente. Comincia rispondendo a queste domande. Cosa ti piace nella vita? Che cosa nutre la tua gioia? Cosa fai con facilità ed entusiasmo?
Quando la stanchezza nasce dallo stress della pecora smarrita, si può lavorare con la Biokinesiologia per riconnettersi alla propria direzione interiore, sbloccando la situazione per avere nuovamente accesso a energia e risorse.

Se c’è un trauma infantile

Capita spesso che il Conflitto della pecora smarrita nasca da un trauma vissuto durante l’infanzia. Ad esempio un ricovero in ospedale, un momento spaventoso per un bambino, che si ritrova in un luogo ostile completamente solo, senza le figure di riferimento. Mi viene in mente anche il caso di un bambino che si era smarrito su una strada di montagna: camminando davanti ai propri genitori aveva preso il bivio sbagliato. Una brutta avventura conclusasi bene dopo qualche ora.

Ma la difficoltà può nascere pure da un allontanamento momentaneo dalla propria famiglia. Pensiamo ad esempio ai bambini molto piccoli che si perdono in un supermercato. Non hanno il senso del tempo e quella mezzora di smarrimento e solitudine può fissarsi in modo inconscio nel loro io profondo. Da adulti non se ne ricordano neppure, o magari ne parlano scherzandoci su. In realtà l’evento a volte ha lasciato strascichi che si ripercuotono sul presente sotto forma di lunghi momenti di stanchezza. Perché quel momento è stato vissuto in modo acuto e drammatico.

Da bambino ti sei mai perso rimanendo separato dai tuoi genitori?

Come sempre, dopo aver indagato la storia personale alla ricerca di indizi riconducibili a un momento di isolamento e perdita del proprio clan vissuto in modo drammatico, grazie alla Biopsicogenealogia è possibile indagare nel passato dei propri antenati. Magari c’è stato un parente che non è più tornato dalla guerra o che a causa della guerra ha vissuto una prigionia all’estero, o ancora un momento di isolamento difficile e spaventoso.

Conoscere se stessi è il primo passo

Per risolvere la stanchezza altalenante che nasce dal Conflitto della pecora smarrita è importante innanzitutto lavorare per conoscere se stessi e riconnettersi alla propria direzione interiore. Darsi degli obiettivi e degli scopi ben precisi quotidiani legati ai propri talenti è una chiave importante per lasciarsi alle spalle stanchezza e smarrimento.

Darsi degli obiettivi e degli scopi ben precisi legati ai propri talenti aiuta a lasciarsi alle spalle stanchezza e smarrimento

Ognuno di noi è un piccolo niente nell’universo ma un piccolo niente unico e irrepetibile. Tale è il contributo che sei venuto a portare nel mondo. Questo contributo non deve essere necessariamente qualcosa di grande e importante, non serve che tu operi per forza per la pace nel mondo. L’importante è che tu possa esprimere con gioia quello che sei veramente.

Come aiutare i figli a crescere felici e in salute

Come aiutare i figli a crescere felici e in salute

Aiutare i figli a crescere felici e in salute è possibile. In questo articolo propongo ai genitori di operare un cambiamento radicale in quello che è il loro modo abituale di pensare e preoccuparsi per il benessere dei figli.

Vengo spesso contattata da genitori desiderosi di aiutare i propri figli. Alcuni sono neo genitori e vorrebbero crescere figli felici e in salute fin da neonati. Si tratta di persone in cerca dell’approccio “giusto” per salvaguardare la salute e il benessere della famiglia. Altri hanno figli già adulti che stanno vivendo momenti di difficoltà o che stanno affrontando una malattia.

 

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Aiutare può essere difficile

Talvolta i genitori si sentono impotenti di fronte a un problema del proprio figlio sia per l’ampiezza del problema sia perché il figlio non vuole essere aiutato. Magari tuo figlio sta male ma è in una fase di rifiuto dei propri sintomi e non te ne vuole parlare. Oppure si fida di altre persone però a te sembra che non stia ricevendo tutto l’aiuto di cui ha bisogno. O ancora la relazione con i tuoi figli manca di comunicazione e fiducia a causa di alcune vecchie divergenze. Talvolta i figli rifiutano l’aiuto dei propri genitori in modo categorico.

Talvolta aiutare è difficile perché l’altra persona non vuole essere aiutata

Aiutare i figli a crescere felici richiede un cambio di paradigma

Esiste però un modo molto efficace di aiutare i propri figli, indipendentemente dal loro comportamento e dalle specificità della situazione. Come puoi fare? Lavorando sul tuo equilibrio e sul tuo benessereAncora una volta, a mettere il bastone tra le ruote è (spesso) la cultura nella quale siamo cresciuti. La società occidentale (ma non solo) propaga di generazione in generazione l’idea che ci si debba sacrificare per i propri figli. Chi rinuncia a tutto per cercare di fare stare bene i figli è un bravo genitore, da prendere ad esempio. Prova a chiederti se anche tu, più o meno consapevolmente, la pensi così. Ora ti propongo di accantonare questa convinzione per qualche minuto e aprirti a un nuovo punto di vista.

Pensi anche tu che il bravo genitore sia quello che si sacrifica?

Un sostegno dalla Biopsicogenealogia

La Biopsicogenealogia ci insegna innanzitutto che ognuno porta in sé la memoria della sua famiglia, della sua tradizione, della sua specie. Sei vivo, ovvero esisti, grazie e anche attraverso i tuoi antenati, che nel fare passare la Vita, ti hanno regalato positività e capacità di agire e reagire ma anche alcune difficoltà o problematiche non risolte.

Ognuno porta in sé la memoria della sua famiglia, della sua tradizione, della sua specie

Ereditiamo programmi biologici che si esprimono sotto forma di comportamenti o sintomi, che a volte ci allontanano da quello che sarebbe il nostro modo personale di vivere una determinata situazione.

Non solo: la memoria inconscia della famiglia è trasmessa al bambino, che si comporta nel corso di tutta la sua esistenza secondo il desiderio implicito (perché inconscio) dei genitori e concretizza in modo inconsapevole lo scenario di vita del proprio branco familiare.

Il figlio concretizza in modo inconsapevole lo scenario di vita del proprio branco

Ogni singolo aspetto della propria vita può essere riportato alla storia famigliare. Per spiegarmi meglio condivido due esempi che incontro spesso. Un figlio maschio non esprime pienamente il suo potenziale di maschio perché nella genealogia, diversi uomini non sono stati degni: possono essere stati violenti o inaffidabili. Una donna diventa una professionista di successo tralasciando l’ambito affettivo perché le donne della sua genealogia hanno patito la carenza di autonomia a livello economico. E così via.

Il bambino da questo punto di vista rappresenta la soluzione perfetta dei conflitti dei suoi antenati. Si tratta di regole biologiche alla base dell’intero sistema che promuove la continuazione della specie umana. I genitori non sono né vittime né colpevoli.

Una questione di equilibrio

L’equilibrio e l’armonia di ogni persona sono influenzati dall’equilibrio e dall’armonia del suo sistema di origine, cioè dalla famiglia. Questo fatto permette ai genitori di avere un potere positivo sul benessere dei propri figli.

Senza bisogno di agire direttamente sui tuoi figli puoi comunque promuovere la loro salute e il loro benessere.

Puoi aiutare i figli a crescere felici e in salute senza agire direttamente su di loro

Le costellazioni famigliari ci insegnano che in un sistema la prima fonte di armonia deriva dal fatto che ognuno sia al proprio posto. In questo articolo, il sistema che prendo in considerazione è quello famigliare vero e proprio. grandi devono stare al posto dei grandi, i piccoli al posto dei piccoli. E nessuno deve essere escluso. Cerchiamo di capire meglio cosa significa.

Ognuno al suo posto

Quando adulti e bambini vivono secondo il proprio ruolo, i flussi che riguardano dare e ricevere sono rispettati. I grandi danno ai piccoli e i piccoli ricevono e prendono dai grandi. Quando però un bambino per varie ragioni si “sostituisce” in modo più o meno conscio all’adulto e cerca di proteggere il proprio genitore, di rispondere alle sue richieste, di renderlo felice, allora questo equilibrio si rompe. Può accadere per varie ragioni, ad esempio una crisi familiare legata a un lutto, un momento di depressione della madre dovuta a un divorzio e così via.

Quando il bambino prova ad assumersi il ruolo del genitore l’equilibrio naturale delle cose si rompe

Se i piccoli cercano di fare gli adulti si imbarcano in una missione impossibile. Come l’acqua di una cascata che prova a scorrere in modo contrario alla forza di gravità, salendo anziché scendere. Quando è l’adulto che dà al bambino, invece, il movimento è sostenuto dalle leggi naturali e non richiede fatica.

Consigli pratici per crescere figli felici e in salute

Partendo dalle basi di Biopsicogenealogia e di Costellazioni Famigliari che ho condiviso, se sei un genitore e vuoi aiutare i tuoi figli, mi permetto di darti sei consigli.

1-Riporta equilibrio nella tua famiglia di origine

Verifica di essere al tuo posto. Comportati da piccolo nei confronti dei tuoi genitori. Giudicarli o essere iperprotettivo, ad esempio, significherebbe sostituirti a loro come adulto, rompendo l’equilibrio e il naturale fluire delle relazioni. Come conseguenza, non puoi ricevere da loro tutto quello che possono e dovrebbero darti come genitori… Potresti inoltre trovarti a chiedere quello che ti manca ai tuoi figli, perpetuando lo squilibrio. Un movimento faticoso perché contro corrente. Stai attento a comportarti da adulto nei confronti dei tuoi figli anche se sono già cresciuti.

I piccoli devono ricevere dai grandi, non viceversa

2-Prendi il tuo posto di adulto nei confronti dei tuoi figli

Sostieni i tuoi figli senza eliminare ogni ostacolo che incontrano. Occupa il tuo posto di grande nei confronti di tuo figlio all’interno della tua famiglia acquisita, quella che ti sei costruito. Ma attenzione a come lo fai. Molti genitori vorrebbero proteggere il proprio figlio da ogni dolore, da ogni difficoltà. C’è un fatto però da accettare: nessuno di noi può vivere esperienze o compiere determinate azioni al posto di qualcun altro: è impossibile. E cercare di farlo è anche controproducente.

Prendere il tuo posto di grande significa assumerti la responsabilità di educare, dare, proteggere, sostenere e rispondere alle richieste dei tuoi figli. Ciò però non significa spianare loro la strada, evitando che affrontino qualunque tipo di ostacolo, dolore o sfida. Togliendo loro l’opportunità di sperimentare, sbagliare, imparare, confrontarsi e conoscersi rischi di farne degli adulti meno sani e meno felici, non il contrario.

Io invece ti sto parlando di educare i figli nel senso etimologico della parola: ex-ducere significa tirare fuori. Educare non è imbottire di sapere, convinzioni, modi di essere e di pensare. Non è scolpire le mente e lo spirito dei bambini per raddrizzarli e per farne degli adulti con una struttura precisa, dogmaticamente “giusta”.

Educare è tirare fuori non mettere dentro

Educare per aiutare i figli a crescere felici e in salute significa favorire l’espressione del potenziale dei tuoi bambini, che nascono con competenze e caratteristiche varie, adatte al mondo di oggi e soprattutto di domani. Accogli la loro differenza con curiosità. Con la fiducia e la consapevolezza che i bambini di oggi sono adatti a essere gli adulti di domani.

I bambini di oggi sono adatti a essere gli adulti di domani

 3-Prendi il tuo posto di piccolo riguardo alla Vita

Mettere a disposizione dei tuoi figli quello che sei e quello che sai è già tanto. A volte, nel farti carico della responsabilità di educare, potresti assumere comportamenti ansiosi e dittatoriali, perché vorresti onorare la missione impossibile di controllare il tuo bambino, la sua crescita e il suo destino. Non si può fare.

Controllare il tuo bambino, la sua crescita e il suo destino? Non si può fare

Per evitare questa trappola, è importante (anche) ricordarsi che siamo un piccolo niente nell’universo. Impegnati a stare al tuo posto non solo nei confronti del tuo nucleo famigliare ma anche nei confronti della Vita, che scorre dentro ognuno di noi. C’è un Grande Destino per ciascuno. Quello che sei e quello che fai al tuo livello di essere umano è già abbastanza impegnativo. Non ti viene chiesto nient’altro.

4-Rispetta il padre o la madre di tuo figlio

Accade che l’altro genitore non si comporti come il padre o la madre ideale che tu hai in testa per tuo figlio. Cerca di capire e accettare il fatto che i bambini non hanno bisogno di genitori ideali ma di quegli specifici genitori. Prova ad accettare umilmente nel tuo cuore l’altro genitore come figura di riferimento giusta per tuo figlio. Paradossalmente questo è vero anche nel caso di quei genitori inaffidabili o assenti. Così facendo permetterai al bambino di attingere a tutto il suo potenziale, favorendo la sua realizzazione nel mondo. Sarà un modo ottimale di aiutare i figli a crescere felici e in salute.

I bambini non hanno bisogno di genitori ideali ma di quegli specifici genitori

Ogni volta che critichi l’altro genitore, stai criticando la metà dei geni ricevuti dal padre o dalla madre. La richiesta che inconsciamente stai facendo al tuo bambino (o figlio adulto) è quella di non attingere a quel potenziale genetico, emotivo ed esperienziale a sua disposizione grazie a suo padre o a sua madre. In pratica gli chiedi di amputare il suo potenziale.

Se non vuoi accettare l’altro genitore perché lo ami e lo rispetti fallo per amore e rispetto nei confronti del tuo bambino. Gli farai un regalo enorme.

Potenziali amputati

Se, per una ragione o l’altra, il figlio non può prendere dal padre o dalla madre tutto il potenziale a sua disposizione, dovrà adattarsi e farà più fatica nella vita. Il tipo di vuoto causato da questa mancanza influenzerà in modo specifico la sua esistenza.

La mancanza delle risorse materne influenzerà la sua relazione con il cibo, con l’abbondanza e la sua relazione di coppia. La mancanza delle relazioni paterne invece influenzerà il suo lavoro, la sua realizzazione nel mondo e il suo successo.

Accetta come giusto l’altro genitore di tuo figlio, chiunque sia

5-Reintegra ogni escluso

Un’altra causa di squilibrio all’interno del sistema-famiglia è l’esclusione di un membro del gruppo. Il padre, la madre o un antenato. È importante invece non escludere un membro della famiglia negandogli il suo posto. Cosa che potrebbe succedere per varie ragioni. Capita ad esempio quando un parente ha agito in modo considerato “vergognoso”. Magari perché è un uomo e si è suicidato all’interno di una cultura in cui questo atto è considerato peccato, oppure è una donna che è rimasta incinta al di fuori del matrimonio. O ancora un famigliare che comportandosi in modo disonesto e finendo in carcere ha rovinato la dignità della famiglia.

C’è anche chi non ha il suo posto nel gruppo perché è stato dimenticato. È il caso dei bambini morti di cui si cerca di cancellare la memoria. Infine può capitare che un membro della famiglia non sia riconosciuto come tale perché nessuno o quasi sa che esiste: pensiamo al caso di un bambino nato fuori dal matrimonio e non riconosciuto dal genitore.

6-Chiedi una mano per aiutare meglio i figli a crescere felici e in salute

Come fare per prendere il tuo posto, non escludere nessuno e favorire il tuo equilibrio allo scopo di crescere figli felici e in salute? Nella mia esperienza, gli strumenti come le Costellazioni Famigliari, le Biocostellazioni®, la Biopsicogenealogia, la Bioconsapevolezza e ogni sostegno alla crescita personale sono di aiuto a questo scopo.

Vuoi iniziare a fare questo percorso da solo? Ti consiglio di indagare e ricostruire il tuo albero genealogico: è un primo passo per, simbolicamente, rimettere ognuno al proprio posto. Almeno sulla carta.

I genitori sono esempi viventi

Conosci te stesso, prendi il tuo posto, impara a rispettarti, trova le strade per perseguire la tua felicità: il tuo esempio vivente sarà per i tuoi figli un insegnamento mille volte più potente di qualunque grande discorso.

Conosci te stesso, impara a rispettarti, trova le strade per la tua felicità

Per concludere voglio salutarti con alcuni versi tratti da una poesia di Khalil Gibran

 

I vostri figli non sono figli vostri…

sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.

Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.

Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.

(…)

Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.

L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.

Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere,

poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano

e l’arco che rimane saldo.

Khalil Gibran 

Allergie, perché insorgono, come superarle

Allergie, perché insorgono, come superarle

Le allergie sono un problema comune, soprattutto in primavera e in autunno, ma non solo. C’è chi allergico al polline, chi al pelo di animali, chi a uno o più elementi presenti nei cibi o negli oggetti di uso comune: pensiamo ad esempio all’allergia al nichel.

Secondo la Humanitas University nel 2019 in Italia circa 12 milioni di persone soffrivano di allergie respiratorie, come asma e riniti. E questo numero, a detta di molti esponenti della medicina convenzionale, è destinato a crescere, a causa di un mix di fattori in grado di promuovere l’insorgenza di reazioni allergiche, tra cui l’aumento delle temperature, l’inquinamento e la maggiore diffusione dei pollini nell’aria.

Ma perché una persona che è stata esposta a un allergene per anni e anni di colpo diventa allergica proprio a quell’elemento, che prima non gli aveva mai dato alcun fastidio? Come mai l’allergia si scatena nei confronti di alcune sostanze e non di altre, anche se siamo costantemente circondati da potenziali allergeni?

SE DESIDERI, PUOI ASCOLTARE LA VERSIONE AUDIO DELL’ARTICOLO 

 

Come puoi scoprire grazie al metodo della Bioconsapevolezza, anche le allergie sono messaggi dal corpo, che sta intervenendo in tuo aiuto secondo i propri mezzi.

Anche le allergie sono messaggi dal corpo che interviene in tuo aiuto

Pensiamo alle allergie da contatto. I pazienti che soffrono per eczema allergico, prurito, urticaria o dermatite vivono ancora intensamente (in modo inconsapevole) uno stress da separazione.

Allergie: la causa è un distacco doloroso

Quando insorge un’allergia, l’elemento a cui la persona è allergica, che può essere una tipologia di polline, il pelo di uno o più animali, un cibo e così via, richiama direttamente un evento traumatico legato a una separazione.

L’allergene richiama un evento traumatico legato a una separazione

Quindi, se c’è una reazione allergica ripetuta a uno specifico allergene, quello che si deve cercare è l’oggetto o il soggetto che questo allergene rappresenta, dal quale per qualche motivo la persona allergica è stata separata contro la sua volontà.

Facciamo un esempio. L’allergia al polline dei cipressi, che in Italia vengono spesso piantati in prossimità dei cimiteri, potrebbe essere legata alla morte di una persona cara che ti ha colto impreparato e che hai vissuto in modo drammatico.

Stesso allergene, tante cause di allergia

È importante non dare per scontata la causa di un sintomo o di una patologia, e questo vale anche per le allergie. Bisogna indagare nelle singole storie personali o genealogiche senza lasciarsi sviare da situazioni e problematiche già risolte. I miei esempi servono a capire quale tipo di ragionamento o indagine fare, senza fissarsi sul risultato. L’allergia ai cipressi potrebbe essere collegata alla Toscana, che un emigrante potrebbe essere stato costretto ad abbandonare. O ancora è possibile che i cipressi fossero presenti nel luogo in cui sei stato lasciato da un grande amore. E per questo ora non puoi più respirare il loro polline senza manifestare una reazione avversa.

Il corpo registra tutta una serie di dettagli dei quali non siamo consapevoli e che potrebbero ripresentarsi sotto forma di elementi allergizzanti in vario modo.

Il corpo registra tutta una serie di dettagli dei quali non siamo consapevoli

Fare la domanda giusta

Come già ho raccontato su questo blog, sai che per aiutare le persone a trovare le loro risposte individuali mi piace cercare le giuste domande. Voglio farti un altro esempio per spiegare come funziona il meccanismo delle allergie.

 Porre la giusta domanda aiuta a trovare la giusta risposta

Nel corso di un mio seminario di formazione per terapeuti, che si chiamava appunto Fare la buona domanda, una donna affetta da lunga data da allergia ai metalli ha scoperto la ragione alla radice del suo disturbo, che le provocava dermatiti ed eczemi da contatto piuttosto seri.

Maria non poteva indossare neppure per poche ore della bigiotteria senza avere una reazione avversa. Lavorando con gli alti partecipanti al laboratorio, questa donna è riuscita a capire cosa rappresentassero i metalli nella sua storia personale e a liberarsi una volta per tutte dall’allergia.

Il caso di Maria

Quando era una giovane donna Maria aveva dovuto scegliere di separarsi dal suo grande amore, perché il ragazzo aveva iniziato a fare uso di eroina. Diventato dipendente, una volta cresciuto, il suo ex innamorato è addirittura morto di overdose.

Ecco allora che i metalli rappresentano l’ago, che ha causato l’impossibilità di vivere questo grande amore.

Qualche giorno dopo aver scoperto il nesso tra ago, metalli, separazione e dermatite, Maria ha ricevuto in dono un braccialetto di bigiotteria. Pur sapendo che avrebbe avuto una reazione avversa, trattandosi di un regalo, ha voluto comunque indossarlo.

Alla fine della giornata, con suo grande stupore, non aveva avuto nessuna reazione allergica. Allora ha provato a indossare altri gioielli, che non tirava fuori dal cassetto da anni… Risultato? Nessuna reazione avversa dal corpo. La presa di coscienza della ragione alla radice dell’allergia e l’accoglienza delle emozioni represse, in questo caso sono bastati per risolvere il problema. Ed erano più di vent’anni che ne soffriva.

La consapevolezza fa la differenza

Quanto sto spiegando accade per qualunque tipo di allergia. Mi viene in mente il caso di una paziente, Gloria, che invece soffriva di una fastidiosa allergia alle piume. Se le capitava di riposare su un cuscino imbottito di piume o di usare una coperta imbottita di piume si svegliava l’indomani con rinite e raffreddore.

Indagando nel suo passato ho scoperto che, da bambina, Gloria si prendeva cura di una grande voliera con uccelli domestici e che si preoccupava di raccogliere e curare gli animali feriti che trovava in campagna e nei boschi. Quando uno degli animali soccorsi moriva, cosa che capitava spesso, o se uno dei suoi uccelli si ammalava e non riusciva a guarire, Gloria viveva uno stato di profondo sconforto e tristezza. Per lei la perdita di ogni singolo animale era un trauma.

In particolare un’estate, dopo aver affidato la cura della voliera alla sorella, tornando dalla vacanza aveva trovato la gabbia vuota. Le era stato detto che qualcuno, probabilmente, aveva pensato di aprirla di nascosto per liberare gli animali. La realtà era un’altra e dopo alcuni anni Gloria l’aveva scoperta: gli uccelli erano tutti morti. Quando la parte adulta di Gloria ha potuto accogliere il lutto della bambina e dare libero sfogo al dolore di questa separazione l’allergia è regredita spontaneamente.

A volte l’allergia a un animale può essere collegata non tanto alla separazione dall’animale in sé ma alla separazione da una persona cara che aveva quell’animale, come un nonno o un genitore. In tutti questi casi è importante elaborare il lutto e lasciare sfogare il dolore per superare le allergie.

Indagare nel passato, individuare l’evento traumatico legato alla separazione e darsi modo di elaborarlo può curare le allergie

Anche le allergie aspecifiche possono essere risolte

Quando non si sa esattamente a cosa si è allergici come si può procedere? Se ad esempio i sintomi di allergia si presentano in uno specifico momento dell’anno, come in primavera o in autunno, si può andare alla ricerca, nel proprio passato, di un evento traumatico legato a una separazione avvenuto in quella stagione.

Le allergie hanno a che fare con un episodio di forte stress da separazione

Le allergie hanno a che fare con un episodio di forte stress da separazione e la separazione può riguardare non solo persone o animali, ma anche luoghi e oggetti.

Quando si è allergici il trauma della separazione è ancora attivo, cioè fa ancora soffrire, perché il dolore non è stato del tutto elaborato. Se non si riesce a risalire alla causa dell’allergia è possibile che si debba indagare più in profondità, nel passato genealogico della persona allergica. Oppure è possibile che la persona non ricordi l’evento traumatico legato all’insorgenza dell’allergia. In questo caso può venirci in soccorso la Biokinesiologia.

Stress cronico o acuto: perché il corpo si ammala

Stress cronico o acuto: perché il corpo si ammala

Lo stress cronico o acuto è causa di malattia oppure no? Si sente spesso ripetere che un eccesso di stress può farci ammalare. Lo stress viene chiamato in causa ogni volta che una persona presenta dei sintomi. Sembra quasi che possa essere la fonte di tutti i nostri disagi… Ma lo stress è davvero così dannoso?

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Lo stress è fisiologico e vitale

Lo stress in realtà è utile alla nostra sopravvivenza. Grazie al meccanismo dello stress possiamo contare sull’energia necessaria ad agire quando serve. È un argomento che ho già trattato sotto altri punti di vista in questo blog.

Quando il corpo entra in uno stato di simpaticotonia (il termine medico che indica lo stress) i bronchi e le pupille si dilatano, il battito cardiaco accelera, i muscoli sono pronti a scattare… Mentre tutte le funzioni non utili in quel momento vengono “bloccate”: la produzione di saliva diminuisce, così come l’attività dell’apparato digerente, e spesso dormire diventa difficile.

Metti per un attimo da parte tutti i pregiudizi che nutri nei confronti dello stress, non pensare che i meccanismi propri della simpaticotonia siano dannosi e inutili. Ricorda che il corpo è programmato per sopravvivere. Prova a chiederti: e se queste reazioni del corpo fossero adattamenti sensati a una certa situazione, finalizzati a uno scopo ben preciso?

Lo stress è finalizzato a uno scopo ben preciso

A cosa servono le reazioni innescate dallo stress

La dilatazione dei bronchi consente di far entrare più aria e dunque ossigeno nei polmoni. L’accelerazione del battito cardiaco fa affluire una quantità maggiore di sangue, cioè ossigeno e nutrimenti, ai muscoli e alle cellule che compongono i tessuti del tuo corpo. I muscoli sono tesi per garantire movimenti scattanti, le pupille dilatate permettono di vedere meglio in caso di penombra, mentre l’insonnia garantisce uno stato di vigilanza…

Sembra proprio che tutte queste reazioni concorrano a mettere il corpo nelle condizioni di agire con prontezza. Ecco perché lo stress è vitale ogniqualvolta è necessario agire rapidamente.

Di fronte a un pericolo siamo biologicamente programmati a scegliere tra due reazioni opposte: scappare o affrontare la situazione. Immagina che un leone affamato sia appena entrato nella tua stanza. Ti auguro di avvertire subito una bella scarica di stress che ti darà l’energia per scappare o affrontare il leone con efficacia.

La fisiologia ci insegna che l’aumento del livello di stress è una reazione fisiologica e sana di fronte a una situazione nella quale è necessaria un’azione.

L’aumento del livello di stress è una reazione fisiologica sana di fronte a una situazione nella quale è necessario agire

Stress cronico e acuto

Poiché lo stress serve ad agire, per affrontare o scappare, se questo non avviene il livello di stress, anziché diminuire, continua ad alzarsi, perché non è stato fisiologicamente “consumato”. Ecco allora che si può configurare una situazione di stress acuto che può diventare stress cronico: cioè lo stress è costantemente presente e condiziona la tua vita.

Il tuo livello di stress si alza in modo eccessivo quando vivi una situazione in modo acuto, drammatico, inaspettato e nell’isolamento. Cerchiamo di capire meglio cosa significa. Vivere qualcosa in modo inaspettato vuol dire non vederla arrivare, ma sentirsela piombare addosso come un fulmine a ciel sereno. Sei spiazzato. Quindi non trovi le risorse necessarie a risolvere la situazione nell’immediato.

Vivi invece la situazione nell’isolamento quando senti di doverla affrontare da solo. Non puoi condividerne il peso con nessuno. Né concretamente, per cercare insieme una soluzione unendo le forze, né emotivamente: non senti la possibilità di sfogare le tue emozioni, per scaricare la tensione accumulata e affrontare meglio il tutto.

Ma l’elemento cardine che alza oltre la soglia di tolleranza il livello di stress e ti impedisce di stare bene è la drammaticità con cui stai vivendo quanto accaduto. Evidentemente l’evento che ha provocato lo stress acuto “mette il dito nella piaga” di una ferita già presente, legata al tuo passato personale o genealogico. Ecco perché stai vivendo con una forte carica emotiva e drammatica quanto ti accade, in modo molto più intenso di quello che farebbe un altro individuo senza “precedenti”.

Lo stress è dannoso oppure no?

Come abbiamo sottolineato lo stress non è dannoso di per sé. Quando però si supera la soglia massima di stress tollerato e/o si vive una situazione di stress cronico, il corpo è costretto a intervenire.

Perché il corpo interviene quando lo stress si alza troppo, diventando acuto o quando è ormai cronico? Più sei stressato psicologicamente, più il tuo stato di vigilanza vacilla. Tutta la tua attenzione è rivolta alla ricerca della soluzione al tuo problema. In questa situazione, la tua capacità di vigilanza rischia di non essere sufficiente a garantire lo svolgimento dei tuoi compiti quotidiani in tutta sicurezza. Il corpo interviene per metterti al riparo da questi rischi:

  • una vigilanza carente mette in pericolo te e gli altri. Per distrazione potresti morire o uccidere qualcuno. Ad esempio potresti avere un incidente perché attraversi la strada senza guardare, completamente assorbito dal tuo problema. O potresti investire un pedone guidando distrattamente.
  • lo stress cronico o acuto consuma tanta energia e potresti morire di esaurimento.

Quando lo stress non viene utilizzato per agire e trasformare la situazione che si sta vivendo, il corpo interviene e se ne fa carico: trasforma se stesso per adattarsi a quanto sta succedendo.

Ecco allora che in casi di stress cronico o acuto il corpo sviluppa una reazione organica che nella sua ottica può aiutare a superare il problema.

Il corpo si fa carico dello stress quando supera il livello tollerato dalla psiche

Il corpo ti salva la vita attraverso la malattia

Con l’obiettivo di salvare letteralmente la tua vita, il corpo trasferisce lo stress dal livello psicologico a quello organico, sulle cellule che ritiene essere il supporto migliore a seconda del problema.

La malattia interviene per salvarti (momentaneamente) la vita. Biologicamente parlando è sempre meglio essere ammalati piuttosto che morti. Più lo stress è intenso, più la risposta che il corpo si trova ad attivare è importante e di conseguenza la malattia è “grave”.

La gravità dei sintomi dipende direttamente dall’intensità dello stress

Prevenire lo stress cronico e acuto

Acquisite queste conoscenze possiamo seguire una serie di consigli che aiutano a prevenire l’innalzamento dello stress oltre la soglia di tolleranza e gli stati di stress cronico, per evitare che il corpo debba intervenire.

Primo: quando ti senti stressato, agisci. Anche se non sai quale possa essere la migliore soluzione da mettere in campo, puoi comunque agire fisicamente. Fai qualcosa di semplice, utile che ti porti a un risultato tangibile. È un’ottima strategia per incanalare l’energia innescata dallo stress in qualcosa di concreto. Va benissimo anche fare una camminata. Scegli un luogo che vuoi raggiungere e vacci. Oppure riordina una stanza, fai giardinaggio, lava i piatti. Molto spesso l’agitazione che senti è soprattutto mentale. Se anche non riesci a trovare una soluzione al tuo problema è importante non bloccarsi: mantieniti in movimento. Ci tengo a insistere sul fatto che l’azione deve essere concreta e fisica. Evita di metterti al computer, navigare in Internet, guardare i profili social.

Quando ti senti stressato fai qualcosa di semplice, utile e concreto

Evita l’isolamento e sfoga le tue emozioni

Siamo oltre 7,5 miliardi di persone su questo pianeta. Puoi sicuramente trovare qualcuno con cui parlare. Non vivere nell’isolamento la situazione che ti provoca stress: condividi le tue emozioni con amici, parenti, terapeuti, vicini di casa, gruppi di sostegno. Di solito la difficoltà che incontri riguarda il fatto di chiedere aiuto, non di ottenerlo.

Inoltre, pensa a sfogare lo stress perché non diventi cronico. Se non ti basta condividerlo con qualcuno, puoi liberarti delle emozioni che ti appesantiscono grazie a un atto simbolico. Ad esempio scrivendo una lettera, oppure picchiando forte un cuscino o ancora grazie a un urlo muto. Evita il pericoloso effetto “pentola a pressione”, apri la valvola di sfogo per non scoppiare.

Qualunque tecnica che ti permetta di rilassarti, infine, è utile. Per approfondire puoi leggere il mio articolo Rilassamento: 8 consigli per prevenire le malattie.

Puoi liberarti delle emozioni che ti appesantiscono grazie a un atto simbolico

Le risorse terapeutiche contro stress cronico o acuto

Presta grande attenzione ai virus mentali presenti nel tuo dialogo interiore, che ti allontanano dalla realtà e ti fanno vivere le situazioni in modo acuto e drammatico. Come primo passo, cancella dal tuo vocabolario termini come mai, sempre, tutti, nessuno.

Quando ti accorgi che alcune situazioni o tematiche sono per te particolarmente sensibili o addirittura dolorose, puoi scegliere di indagare sia nella tua vita personale sia nella tua genealogia, per guarire delle ferite passate che rendono più doloroso il tuo vissuto presente. Gli strumenti terapeutici con i quali mi aiuto in questi casi sono Biopsicogenealogia, Biocostellazioni© e Biokinesiologia: pratiche terapeutiche che tutte insieme fanno parte del metodo della Bioconsapevolezza.

Se invece ti sei accorto che un certo tipo di accadimenti ti colgono spesso impreparato a mio parere la ragione è legata al fatto che non hai accesso a uno dei tuoi potenziali biologici. In questo caso la Biokinesiologia è di grande aiuto per liberare l’accesso al potenziale bloccato. Una volta che lo avrai “liberato” scoprirai di vivere in modo più semplice situazioni che ti sembravano difficilissime, perché sarai preparato ad affrontarle.

Gli stati di stress cronico o acuto possono essere sia superati sia evitati. Lo stress non è un nemico da combattere. Per prevenire la malattia serve conoscerlo, ascoltarlo e utilizzarlo per agire e trasformare le situazioni fonte di disagio.