La svolta che libera, prendersi cura di sé e smettere di essere prigionieri del passato

La svolta che libera, prendersi cura di sé e smettere di essere prigionieri del passato

Sai che è possibile smettere di essere prigionieri del passato? Non possiamo cambiare ciò che è stato, ma possiamo modificare il modo in cui viviamo oggi e lo sguardo con il quale guardiamo (e giudichiamo) quello che ci è successo e ciò che siamo.

Scopri come riconoscere le tue ferite. Questo è il primo passo per liberarti dal senso di impotenza, che a volte risulta paralizzante, per diventare l’adulto affidabile capace di metterti finalmente al centro della tua vita.

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Quando non ci sentiamo bene, la strada più comune nel mondo della crescita personale è guardare indietro: esplorare le ferite infantili o genealogiche, cercare di capire cosa è mancato. È un passaggio utile, soprattutto quando ci sono traumi importanti che meritano di essere elaborati con strumenti profondi come la psicoterapia o le tecniche di deprogrammazione. Ma, troppo spesso, ci fermiamo lì: restiamo bloccati a osservare le carenze, a dare colpa ai nostri genitori, o a giustificarli, senza però trasformare davvero la nostra vita.

Riconoscere i traumi senza rimanere intrappolati

Qualunque cosa facciamo, i fatti non cambiano: se da bambini non abbiamo ricevuto sostegno, affetto o attenzione, questo resterà vero per sempre. Non possiamo farci nulla. Ciò che davvero condiziona la nostra vita adulta, però, non è il trauma in sé, bensì il potere che gli lasciamo esercitare su di noi oggi. Proprio qui avviene la svolta: possiamo riconoscere il passato senza rimanerne prigionieri. Possiamo trasformarci negli adulti affidabili che non abbiamo avuto e dare a noi stessi quello di cui abbiamo bisogno.

Accettare che “alla bambina che ero mancavano cure o rassicurazioni” non significa restare “a crogiolarsi” nella mancanza. Significa dire: “Oggi io, adulta, posso offrire a me stessa quello che non ho ricevuto”. È un cambio di prospettiva che libera in modo quasi immediato una grande energia e un potere personale che tantissimi non pensano di avere.

Il senso di colpa non trova più un posto quando comprendiamo il funzionamento del nostro corpo. Quello che ci danneggia davvero è la mancanza di accettazione e il senso di impotenza, molto più delle esperienze passate.

Non è il trauma a condizionarci ma il potere che gli lasciamo esercitare su di noi

Ascoltare i nostri bisogni fondamentali

Chi resta ancorato alle ferite del passato spesso diventa il primo a ignorare i propri bisogni e a disconoscere le proprie qualità. Se analizzando il tuo dialogo interiore quello che riscontri è una critica costante, disattenzione verso i tuoi bisogni più semplici e istintivi e mancanza di amore allora forse il tuo “nemico” principale sei proprio tu. Con bisogni semplici intendo davvero le piccole cose: come bere quando si ha sete o concedersi silenzio quando serve.

Sembrano elementi trascurabili perché poco importanti, invece è da questi gesti minimi che comincia la svolta. Il sentiero che ci porta verso una reale attenzione. Quante volte ti è successo di andare a urinare anche mezz’ora dopo aver sentito il bisogno, senza altra ragione che il fatto di non prendere in considerazione la necessità del corpo che non hai considerato come prioritaria?

Prendersi cura, un atto rivoluzionario

Prendersi cura del corpo è un atto rivoluzionario: non è un dettaglio, è il segnale che siamo pronti a riconoscere il nostro valore. Ricorda, come spesso racconto in queste pagine, che il corpo è competente: ogni sensazione è una guida. Imparare ad ascoltare il corpo significa recuperare fiducia e sicurezza interiore.

Per facilitare questo ascolto, ti suggerisco alcuni strumenti pratici come la tecnica del post‑it: quando un’emozione emerge e non puoi esprimerla subito, puoi annotarla, darle spazio e considerazione. Più tardi, magari attraverso una lettera simbolica che potrai bruciare grazie a un piccolo rito di chiusura, andrai a liberare ciò che è rimasto bloccato. Questo semplice gesto riattiva un dialogo con sé stessi. Si tratta di un modo semplice ma molto efficace per aprire una porta e mettersi in ascolto.

Il corpo è competente: ogni sensazione è una guida

Non più mancanze e vuoti ma responsabilità

Molte persone restano intrappolate in un meccanismo scatenato dal senso di colpa generazionale: “non sto bene perché mia madre era fredda” o perché “mio padre mi criticava sempre”. È vero che queste esperienze hanno lasciato un segno, ma oggi siamo adulti e possiamo smettere di subire.

Prendere atto di quanto abbiamo vissuto, non mi stancherò mai di sottolinearlo, non significa giustificare, né accusare. Significa scegliere la responsabilità: spostare l’energia dal “perché” al “cosa posso fare ora”. Questo cambio di direzione trasforma il passato in una base da cui ripartire. La porta della gabbia soffocante in cui eravamo soliti vivere si spalanca.

Dobbiamo spostare l’energia dal “perché mi è successo questo” al “cosa posso fare ora”

Scoprire ciò che ci nutre davvero

Per compiere il passo di cui stiamo parlando devi esercitare la tua curiosità. Prova a chiederti: cosa mi fa bene? Cosa mi toglie energia? Quali sono i miei valori, i miei limiti, i miei desideri autentici? È l’inizio di quel “conosci te stesso” che a mio parere rappresenta un vero pilastro di guarigione.

Mettersi al centro non è egoismo: è costruire una base sicura. Amare e rispettare te stesso attiva un radar per riconoscere atteggiamenti tossici e impostare limiti assertivi. Solo così puoi davvero cambiare la qualità della tua vita.

Mettersi al centro non è egoismo: è costruire una base sicura

I cinque linguaggi dell’amore… Verso se stessi

Un passaggio utile per capire come prenderci cura di noi stessi è chiederci cosa ci è mancato di più da bambini. Se, ad esempio, ci sono mancate le parole di incoraggiamento, possiamo iniziare a sviluppare ed esercitare una voce interiore che ci sostiene invece di giudicarci. Se ci è mancato il contatto fisico, possiamo scegliere di regalarci piccoli gesti di cura, come un massaggio o il semplice atto di stendere con attenzione una crema sul corpo. Se non abbiamo ricevuto regali, possiamo concederci attenzioni, anche minime (non c’è bisogno di spendere una fortuna!) ad esempio comprando un fiore o una pianta che amiamo.

E se nessuno ti ha mai regalato momenti speciali, puoi iniziare a crearli tu, da sola (o solo) o con chi ami, organizzando esperienze che nutrono i tuoi valori. Questo non è un esercizio di compensazione, ma un atto di presenza: impari a dire “ci sono per me, qui ed ora”.

Non è un esercizio di compensazione, ma un atto di presenza

Azioni quotidiane che cambiano tutto

Non servono gesti eroici per cambiare le cose. Spesso il cambiamento nasce dalle scelte più semplici: fermarsi a respirare, bere acqua, muoversi quando serve, creare silenzio, regalarsi qualcosa di bello. Ogni volta che ci ascoltiamo, costruiamo fiducia in noi stessi. Ogni volta che rispondiamo a un bisogno, rafforziamo un messaggio interiore potente: “io ci sono per me”.

Ogni volta che ci ascoltiamo, costruiamo fiducia in noi stessi

Questo è il contrario della vittimizzazione. È l’inizio dell’autonomia emotiva: smettiamo di dipendere dagli altri per sentirci al sicuro, perché diventiamo noi la fonte primaria della nostra sicurezza.

Il corpo come alleato

Il mio approccio, come puoi scoprire leggendo le pagine di questo blog, si fonda su un principio semplice: il corpo è competente. Ogni sintomo, ogni tensione, ogni emozione è una strategia per proteggerci o segnalarci qualcosa. Quando impariamo ad ascoltarlo e a rispettarlo, smettiamo di combatterci. E da questa alleanza tra corpo, mente ed emozioni nasce la vera svolta.

La trasformazione non è un evento improvviso, ma una serie di scelte quotidiane. Quando impariamo a riconoscere le nostre ferite senza rimanerne prigionieri, ad ascoltare i segnali del corpo e a trattarci come l’adulto affidabile che avremmo sempre voluto accanto, accade qualcosa di potente: cominciamo a prenderci cura di noi stessi con rispetto e determinazione.

La trasformazione non è un evento improvviso, ma una serie di scelte quotidiane

Così, passo dopo passo, smettiamo di sentirci vittime e diventiamo protagonisti. Perché se impariamo ad essere affidabili con noi stessi saremo al sicuro, sempre e saremo liberi del passato.

Dolori mestruali, cosa ci raccontano e come affrontarli

Dolori mestruali, cosa ci raccontano e come affrontarli

I dolori mestruali sono molto diffusi, anche tra le ragazze più giovani. Secondo una revisione scientifica pubblicata sul Journal of Pediatric & Adolescent Gynecology e realizzata da ricercatrici e ricercatori di University College di Londra e Università di Birmingham, il 64% delle ragazze tra i 10 e i 25 anni sperimenta dolori mestruali intensi, che spesso comportano la rinuncia a sport, relazioni sociali e giornate di scuola.

 

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Il punto di vista della medicina cinese

Se guardiamo alla medicina integrata, esistono approcci ai dolori mestruali anche molto diversi tra loro. Le discipline mediche che prendono in considerazione l’aspetto energetico della persona, per esempio, danno un contributo molto interessante su questo tema. Personalmente, ho studiato e applicato per anni la medicina cinese. Secondo questa disciplina, ogni sintomo è considerato come un eccesso oppure una carenza di energia, a causa di un blocco del flusso energetico che pervade il corpo. L’obiettivo terapeutico è quello di favorire un’energia di buona qualità e in buona quantità, che scorra libera nei meridiani affinché ogni organo, viscere e qualunque altro componente del corpo possa avere una vitalità ottimale. Per la medicina cinese, dunque, anche i dolori mestruali raccontano di una carenza o di un eccesso di energia da incanalare diversamente.

Studiando la medicina cinese si impara che esistono dei tragitti chiamati “vasi meravigliosi” oppure “vasi curiosi”, che hanno a che fare con tutto ciò che per noi occidentali è l’aspetto ormonale. Per ogni persona, si può fare una diagnosi energetica precisa e comprendere il riequilibrio da favorire con l’agopuntura, la digitopressione, l’alimentazione oppure le erbe cinesi, per esempio.

Il recupero dell’equilibrio (dinamico) energetico permette di ripristinare una vitalità generale che provoca la sparizione del sintomo, in questo caso i dolori mestruali. Spesso ciò accade anche per altri sintomi che la persona non aveva preso in considerazione all’inizio della cura.

Per la medicina cinese anche i dolori mestruali raccontano di una carenza o di un eccesso di energia

Attenzione al vissuto emotivo

In questo articolo ho scelto di concentrarmi sull’aspetto emotivo legato alle mestruazioni e ai dolori che molte donne sperimentano in alcune fasi del ciclo. Il mio intento è quello di condividere con te l’approccio della bioconsapevolezza ai dolori mestruali, perché se ne soffri mi fa piacere poterti essere d’aiuto.

Faccio prima una piccola premessa. In caso di dolori mestruali forti e ricorrenti la medicina convenzionale, di solito, propone di prendere degli antidolorifici oppure di “mettere le ovaie a riposo” attraverso le pillole contraccettive, che instaurano un ciclo indotto, artificiale. Questo perché i contraccettivi orali contengono ormoni estrogeni e progestinici che evitano, di fatto, l’ovulazione. I farmaci, però, non sono l’unica strada, vediamo perché.

Tipologie di dolore mestruale o dismenorrea

I dolori mestruali sono chiamati anche dismenorree e sono classificati dalla medicina convenzionale in dismenorree primarie e dismenorree secondarie. Quelle primarie sono le più frequenti e in questo gruppo rientrano tutti i casi in cui non si sono trovate spiegazioni mediche al dolore.

Le dismenorree secondarie, invece, raggruppano quei dolori mestruali imputati a una patologia, come l’endometriosi, le cisti ovariche o le varie patologie dell’utero. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità in Italia sono oltre 1,8 milioni le donne in età riproduttiva che convivono con l’endometriosi.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità in Italia sono oltre 1,8 milioni le donne in età riproduttiva che convivono con l’endometriosi

Apriamo una parentesi sull’endometriosi

L’endometriosi viene diagnosticata quando l’endometrio (il tessuto che normalmente è solo nell’utero e dal quale si sviluppa “il nido” per accogliere l’ovulo fecondato) viene trovato al di fuori dell’utero; quindi è presente sulle ovaie, sulle tube di Falloppio, sul peritoneo, nella cavità addominale e così via.
L’endometriosi è considerata responsabile di dolori mestruali intensi e di infertilità. Nella mia esperienza, ci sono diverse donne a cui è stata diagnosticata una endometriosi e che non hanno nessun dolore e hanno avuto uno o più figli senza nessuna difficoltà. Condivido questo dato di realtà perché incontro spesso donne disperate che temono di non avere figli dopo aver scoperto di avere l’endometriosi.

In questo articolo ti propongo un punto di vista e degli spunti di riflessione da esplorare di fronte ai dolori mestruali, senza distinguere tra dolori primari o secondari. L’approccio che ti propongo non ha bisogno di tenerne conto.

Bioconsapevolezza e dolori mestruali

Nella mia esperienza ho potuto osservare che, ogni volta in cui si manifesta un dolore fisico intenso, a monte c’è anche un dolore emotivo. Se si riesce a dare libero sfogo al dolore emotivo, il dolore fisico si ridimensiona drasticamente e a volte sparisce del tutto. Di fronte a ciò non posso che pormi una domanda: perché avere le mestruazioni per alcune donne è doloroso? A quali informazioni sono legate le mestruazioni?

In realtà possono essere diverse, ma io vorrei concentrarmi su due tipologie in particolare.

  • Primo: se ho le mestruazioni sono femmina
  • Secondo: se ho le mestruazioni non sono incinta.

Partono da qui le nostre riflessioni sui dolori mestruali.

Perché è doloroso essere donna?

Indagando il vissuto personale di una donna con dolori mestruali è bene cercare traumi subiti in virtù del fatto di essere femmina. Come sempre, questa indagine andrebbe fatta sia nel passato personale della donna che manifesta i dolori sia nel suo vissuto genealogico: il passato delle sue antenate. Parliamo di donne escluse, violentate, di donne che si sono sentite rifiutate perché i loro genitori desideravano un maschio e così via.
L’indagine è ampia e sono le emozioni provate dalla persona, che racconta il suo vissuto e quello della sua famiglia, ad indicarci dove c’è stress o dove ci sono ferite emotive non ancora del tutto elaborate.
Come terapeuta, di fronte a queste sofferenze, indago anche sulle convinzioni legate al fatto stesso di essere donna. Vado, ad esempio, a dare voce a una possibile svalutazione del genere femminile in famiglia. “Le donne sono deboli, piagnucolose, stupide, cattive, manipolatrici, dipendenti…” Tutte convinzioni che portano alla conclusione che essere donna non sia un regalo ma una punizione.

Parliamo di donne escluse, violentate, di donne che si sono sentite rifiutate

Attenzione al punto di vista

Talvolta si possono anche scoprire convinzioni negative sul fatto di essere donna esplorando le convinzioni positive sull’essere uomo. Questo perché gli uomini vengono percepiti come favoriti: “la vita per loro è più facile, sono più forti, si possono difendere meglio, sono pagati meglio” eccetera.
Ogni convinzione è un interessante punto di vista che è stato generalizzato ed elevato al rango di Verità, trasformando un semplice modo di vedere le cose in una profezia.
Quando come terapeuta esploro il vissuto della persona con dolori mestruali, scopro molto spesso che c’è una sensazione negativa (nella maggior parte dei casi inconscia) legata al fatto di essere femmina. Se tutto questo esce alla luce del sole diventa possibile intraprendere un percorso di riappacificazione con il mondo femminile, e la paziente può riconnettersi alla bellezza del fatto di essere donna.

Quando si desidera un bambino

Come anticipato, l’altra informazione che ci danno le menstruazioni è che la donna in questione non è incinta. La mancanza di una gravidanza può essere dolorosa. Nel caso di dolori mestruali in una giovane ragazza scelgo spesso di indagare nelle memorie parentali e genealogiche alla ricerca della paura di non rimanere incinta della madre o di una “ossessione” per la maternità. Una prima gravidanza arrivata dopo moltissimo tempo in una mamma o una nonna. Se ci mettiamo nei panni di una donna che desidera fortemente un figlio, ogni mestruazione restituisce un messaggio di fallimento. Il desiderio, per un altro mese ancora, non si è realizzato.

Nel caso di una prima gravidanza che non arriva, spesso lo stress è ancora più alto, perché nasce il dubbio che non si possa diventare madre. Il dubbio non riguarda solo la domanda: diventerò madre presto? Ma riguarda la possibilità di esserlo in questa vita in generale.

Quando indago in questa direzione con le mie pazienti, talvolta trovo memorie di un aborto, spontaneo o provocato, vissuto con tantissimo dolore emotivo. Ogni sanguinamento mestruale riporta all’avvenimento dell’aborto, richiamando la ferita emotiva non elaborata e tutto il dolore ancora da accogliere.

Nel caso di una prima gravidanza che non arriva, spesso lo stress è ancora più alto

Il valore della memoria personale e genealogica

Per completare il lavoro sul dolore mestruale possiamo indagare più in generale sulle memorie legate alle emorragie vissute in modo drammatico. Bisogna lavorare sul doppio binario del vissuto personale e di quello genealogico, con un’attenzione particolare alla madre. La mamma della giovane con dismenorrea ha vissuto un aborto provocato o spontaneo, precoce o tardivo che sia?

Quando una persona chiede il mio aiuto a causa di dolori mestruali, cerco anche di capire se ci sono state altre emorragie dell’utero, indipendentemente dallo stato di gravidanza, in una parente prossima. Se la madre o la nonna si è ammalata e ha rischiato la vita o magari è morta a causa (oppure in concomitanza) di un’emorragia uterina, per esempio, l’inconscio della paziente può aver associato il sanguinamento a un vero e proprio dramma.

L’inconscio della paziente può aver associato il sanguinamento a un vero e proprio dramma

Ancora una volta, di fronte a un sintomo, possiamo decidere di farlo tacere e basta, oppure di ascoltarlo e iniziare un viaggio interiore alla scoperta di sé. I sintomi possono rappresentare una preziosa opportunità da cogliere per stare meglio e conoscersi di più. Ma possono anche essere semplicemente ignorati con l’aiuto di un farmaco. Ogni scelta è lecita in nome della libertà individuale.

Affrontare un trauma, cosa puoi fare partendo dai tuoi pensieri

Affrontare un trauma, cosa puoi fare partendo dai tuoi pensieri

Affrontare un trauma può essere difficile. Spesso pensiamo di non avere gli strumenti o le forze per farlo. Capita a tutti di trovarsi a vivere un evento o una situazione nuova e inaspettata in modo drammatico: la perdita di una persona cara, la fine inaspettata di una relazione, un licenziamento, il tradimento di un’amica, una diagnosi infausta.

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Come prima cosa, facciamo un passo indietro. Lo ritengo importante per affrontare qualsiasi trauma: nessuna esperienza è oggettivamente drammatica. L’unica cosa oggettiva sono i fatti. La morte di un genitore, un incidente in macchina, un’amputazione: questi sono i dati oggettivi, ciò che è accaduto.

Sono poi le tue convinzioni, il modo in cui sei cresciuto, i tuoi valori e riferimenti culturali, ciò che non riesci a tollerare, il tuo passato e tutte le memorie inconsce, personali e genealogiche, a condizionare il modo in cui reagisci a un determinato avvenimento. Quello che pensi, la tua maniera originale di interpretare gli eventi che vivi, fa scaturire in te determinate emozioni, non il fatto in sé. A seconda del filtro interpretativo, lo stesso avvenimento può essere vissuto come la più grande delle tragedie, come un’incredibile opportunità o in maniera neutrale, come qualcosa che non è né brutta né bella.

Quello che pensi, la tua maniera originale di interpretare gli eventi che vivi, fa scaturire in te determinate emozioni

Le obiezioni più comuni

Anche se non siete qui con me vi immagino, posso sentirvi fare qualche obiezione: “la morte di una persona cara è sempre drammatica di per sé, non è una questione di interpretazione“. Invece, non c’è nessun sempre, anche il modo in cui viviamo la morte è fortemente influenzato da convinzioni, credenze e cultura.

Chi crede nella reincarnazione e nella vita eterna, ad esempio, pensa che la persona non scompare: semplicemente tornerà a vivere in un altro corpo e in un’altra forma. C’è poi chi si focalizza sulla fortuna di aver incontrato la persona che è morta, perché vivere insieme un pezzo di cammino è già un grande dono. Queste persone penseranno a chi non c’è più con il cuore colmo di gratitudine. Infine, ci sono individui che si focalizzano sull’assenza, sulla perdita, sull’ingiustizia di ciò che non potranno più fare e vivere. A volte possiamo vivere tutti questi aspetti in modo simultaneo oppure progressivo nel corso del lutto.

Conoscersi per non restare schiacciati

Quando succede qualcosa, ormai è fatta. Non possiamo riavvolgere il nastro del tempo. Nostra sorella non può tornare dall’aldilà, una gamba amputata non può essere riattaccata, quel lavoro perso è perso. Possiamo rimuginare per una vita intera su quanto è accaduto, ma con quali risultati? Possiamo prendercela con Dio, con l’Universo, con l’ingiustizia della Vita (a seconda delle nostre credenze), ma non possiamo cambiare ciò che è accaduto. Eppure abbiamo un grande potere.

Siamo noi a controllare i nostri pensieri. Diventando consapevoli dei meccanismi che scattano nel nostro cervello di fronte a determinate situazioni possiamo fare una scelta. Dire di No a quanto accaduto e alle nostre emozioni, oppure dire di Sì (leggi anche l’articolo Dall’attaccamento all’accettazione, Cambia la tua vita con un sì).

Il No innesca una guerra, ci mette nella condizione di fare resistenza contro qualcosa che non può essere cambiato. Partendo da questo No, è come se una parte di te (mentale, energetica, emozionale) rimanesse bloccata all’interno dell’evento traumatico, in quel momento preciso. Hai perso tua madre a vent’anni e non sei riuscita o riuscito ad accettare l’accaduto? Crescendo, solo una parte di te è andata avanti sul suo cammino, mentre un’altra è rimasta lì bloccata. Il No porta ad azioni incoerenti rispetto alla realtà perché inconsciamente si nega quello che è accaduto.

Quando invece scegli di dire Sì a un evento, per quanto apparentemente terribile, hai la libertà di mettere tutte le tue energie e attenzioni nella ricerca di soluzioni per stare bene nonostante tutto.

Siamo noi a controllare i nostri pensieri

Cosa puoi fare per affrontare un trauma

Ti propongo dei passi che puoi compiere quando devi affrontare un trauma. Sono in un ordine cronologico per aiutarti a capire, ma in realtà tutto accade contemporaneamente o quasi.

  1. Scegli di dire Sì all’accaduto. Quanto successo è un dato di fatto. La persona che ami ti ha lasciato, ti hanno licenziato, hai una malattia e così via. Prendine atto.
  2. Accogli le tue emozioni. Sei un essere umano e le emozioni che provi sono il tuo modo personale di vivere la realtà. Onora le tue sensazioni, accogliendole con comprensione e benevolenza. In questo modo le lascerai libere di esistere.

C’è anche un terzo passo, ma prima di raccontartelo voglio darti altri strumenti che potrebbero esserti d’aiuto. Se dovessi renderti conto che le emozioni che provi, anche dopo averle accolte, sono eccezionalmente acute, drammatiche e durature, puoi scegliere una delle strade che ti descrivo nel prossimo paragrafo, oppure tutte.

Quando le emozioni sono troppo intense

Per iniziare, puoi osservare il tuo dialogo interiore e andare a caccia di virus mentali. Focalizza la tua attenzione soprattutto sulle generalizzazioni che usi quando parli con te stesso. Quante volte compaiono parole come mai, sempre, tutti, nessuno? Vai anche alla ricerca di una possibile tendenza a ingigantire i fatti. Per caso ti dici cose come: “non potrò sopravvivere in nessun modo a questo insulto”, “la mia vita è finita”, “non valgo niente di niente”?

Un dialogo interiore colmo di virus mentali ha il potere di trasformare una situazione sgradevole momentanea in un dramma acuto eterno.

Dopo aver lavorato sul dialogo interiore torna di nuovo sull’azione di accogliere le tue emozioni. Questa volta apriti alla consapevolezza che può trattarsi di emozioni passate cristallizzate. Sono state risvegliate dall’evento presente ma appartengono anche al passato. Sentirle e accoglierle oggi, rappresenta una vera e proprio liberazione per il tuo organismo. Senza obbligatoriamente andare a esplorare quelle situazioni passate che hanno dato il via alle emozioni bloccate. Lasciarle defluire oggi è già di per sé un processo terapeutico.

Se te la senti, infine, puoi lavorare per capire come mai questo particolare evento scatena in te un dramma così travolgente. Spesso, farlo permette di scoprire che quanto accaduto “mette il dito nella piaga” di una ferita antica, che in molti casi risale all’infanzia. Potrai così rielaborare il fatto scatenante del passato e liberarti dal dolore intenso che vivi oggi. Puoi farti aiutare nel percorso da un terapeuta di fiducia.

Lasciare defluire le emozioni oggi è già di per sé un processo terapeutico

Anche tu sei resiliente e puoi affrontare un trauma

La resilienza è la capacità di affrontare eventi stressanti e avversità, superarli e uscirne rafforzati. Quando attingiamo alla nostra resilienza, possiamo trasformare qualsiasi evento potenzialmente drammatico in un’opportunità di crescita interiore.

Che si tratti di un lutto, di una delusione amorosa oppure di un cambiamento professionale repentino, puoi rivisitare la situazione, osservarla con il senno di poi, imparare dagli errori, capire cosa di buono puoi trarre dall’accaduto.

Attraverso le emozioni che proviamo possiamo cogliere l’opportunità di conoscere meglio la nostra sensibilità, ma anche i nostri valori, le vulnerabilità, il nostro essere umani. Questo processo interiore ti permetterà di ripartire più maturo, più focalizzato. Potrai riprogettare la tua vita personale o professionale alla luce di nuove prospettive.

Quando propongo alle persone a cui è stata diagnosticata una malattia di “sfruttare” la malattia, andando a lavorare sulle radici che possono averla favorita per uscirne guariti fisicamente e anche più sani di prima, è proprio alla resilienza che faccio riferimento.

Più sperimenti la resilienza, più comprendi che sei capace di superare le difficoltà trasformandole in opportunità. Recupererai fiducia in te stesso e autostima, accederai a un circolo virtuoso che consente di mantenere la calma anche nelle situazioni difficili, reagendo con creatività di fronte ai problemi.

La resilienza abbassa anche il livello di ansia, perché saprai che se dovesse presentarsi un problema troverai il modo di affrontarlo. Sapere che dopo ogni tempesta c’è il sole, che puoi rifiorire dopo un evento spiacevole esprimendo di nuovo e persino meglio il tuo potenziale, ti farà sentire più sicuro.

Resilienza non significa resistenza

Sento che è importante precisare che resilienza e resistenza sono due concetti distinti. Due modi profondamente diversi di affrontare le difficoltà. La resistenza implica la capacità di resistere (appunto) a forze esterne, e il suo obiettivo è mantenere lo status quo. Implica una lotta in opposizione ed è una capacità statica.

Resistenza implica lotta e staticità, resilienza è adattamento e crescita

La resilienza invece non ha nulla di statico, anzi: si tratta di una competenza dinamica che può essere coltivata e sviluppata nel tempo. Coltivare la resilienza ci permette di gestire lo stress in modo sempre più efficace. Aiuta a ridurre le paure e la carenza di fiducia in sé stessi e a trovare soluzioni creative di fronte alle sfide.

Resilienza è adattamento e crescita anche in seguito a traumi o sfide. Implica trasformazione e capacità di rialzarsi dopo una situazione dolorosa. Un processo strettamente legato alla flessibilità.

Come attingere concretamente alla tua Resilienza

Ci sono diversi esercizi che puoi fare per connetterti alla tua capacità di resilienza, te ne propongo alcuni.

  • Scrivere un diario in cui lasci fluire i pensieri e le emozioni.
  • Scegliere attività che riducono il livello di stress: camminare, rilassarti, respirare consapevolmente, condividere le tue emozioni con persone accoglienti e benevole.
  • Entrare in contatto con la Natura. La Natura e le piante in particolare, illustrano in silenzio la resilienza, il cambiamento dinamico continuo, con cicli successivi con inizi, trasformazioni e fini.

Infine, assodato il fatto che non avresti mai scelto volontariamente di affrontare l’avversità per cui stai soffrendo così tanto, ti propongo qualcosa che potresti in un primo tempo giudicare come totalmente insensata quando si parla di affrontare un trauma. Ti propongo di osare e fare a te stesso (o te stessa) una domanda.

Una domanda alla quale potresti non avere risposte in un primo tempo, ma che spesso apre sbocchi inaspettati: “Quale opportunità mi porta quanto accaduto?”

Invecchiare bene nel rispetto di se stessi

Invecchiare bene nel rispetto di se stessi

Invecchiare bene e felicemente è possibile. L’idea di invecchiare, però, spaventa molti. Alcuni pensano all’invecchiamento come a un processo di disfacimento, una condanna, qualcosa di ingiusto. Invecchiare, però, è un fatto “inevitabile”, quindi è decisamente utile riuscire ad avere un atteggiamento accogliente verso l’età che avanza e mettersi in pace con questo processo.

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Possiamo guardare al passaggio del tempo con occhi nuovi, per attraversare le età della vita in modo armonioso e adatto a quello che siamo. Per farlo, è importante riconoscere che invecchiare ci confronta con il tempo che passa ma anche che il tempo è un aspetto molto legato alla percezione della nostra Mente.

Per il nostro Cuore, la nozione di tempo è quasi inafferrabile e viene sostituita da un senso di eternità del presente. Di solito, da bambini, siamo molto focalizzati sul qui e ora. Poi accade qualcosa e ci ritroviamo a proiettarci costantemente nel futuro. Quante volte ti è capitato di sperare nel passare del tempo per stare finalmente meglio? Lo fanno in molti, nella loro testa si dicono: “starò meglio quando sarò più grande”, “starò meglio quando avrò finito gli studi”, “starò meglio quando lavorerò e guadagnerò dei soldi che potrò gestire in autonomia”, “starò meglio quando avrò trovato l’amore” eccetera.

Questo dialogo interiore si trasforma un giorno in una sorta di nostalgia e il pensiero ricorrente diventa “stavo meglio quando ero piccolo”, “stavo meglio quando ero giovane” e così via. Io ti auguro, magari anche grazie a questo articolo, di imparare a riconoscere il valore di ogni momento della tua vita. Inizia già oggi a investire nel tuo benessere e abbi fiducia nel fatto che quando il futuro arriverà avrai tutte le risorse per attraversarlo.

 

Invecchiare o maturare

Dentro di te o anche ad alta voce ti capita di dire “non voglio invecchiare”? Vorrei portare la tua attenzione su due ragioni importanti per motivarti a cambiare questo specifico desiderio.  Dato che non invecchiare è impossibile se si è vivi, vedere realizzato questo desiderio potrebbe voler dire morire prematuramente. Immagino che non sia quello che desideri profondamente. Ricordati che l’inconscio non conosce la negazione. Avere come obiettivo qualcosa che non vogliamo è un controsenso. Sarebbe come impostare sul navigatore la destinazione “non voglio andare a Milano”.

Avere come obiettivo qualcosa che non vogliamo è un controsenso

Sapere che non vuoi andare a Milano non significa che tu conosca la tua destinazione. Devi scegliere una direzione alternativa: Torino, per esempio. Altrimenti resterai bloccato, focalizzando tutta la tua attenzione su quello che non vuoi. Lottare contro l’invecchiamento significa mettersi contro la vita che scorre. Provare ad andare contro corrente e focalizzarsi sull’invecchiamento rischia solo di farti perdere tempo, gioia e energia e di peggiorare la tua situazione.

 

Un esercizio per ripensare la vecchiaia

La mia proposta è: poni a te stesso questa domanda. “Cosa immagino di brutto riguardo alla vecchiaia?” Poi, subito dopo chiediti anche: “Cosa desidero al posto di questa visione spaventosa della vecchiaia?

Parti ora dal tuo elenco negativo pieno di paure. Immagino che avrai scritto parole come: disfacimento, debolezza, perdita di dignità, malattia, isolamento sociale, depressione, noia ecc. Leggilo e poi su un altro foglio elenca gli opposti. Sempre sul secondo foglio, alla fine di questo esercizio, scoprirai alcuni tuoi desideri come: mantenersi in forma, essere in salute, provare gioia, mobilità, flessibilità, vivere una vita sociale ricca e appagante.

Questo è un primo passo, che ti permetterà di trovare ispirazione e iniziare a essere orientato verso obiettivi positivi. Possono facilmente venirti delle idee per favorire un percorso in questa direzione. Azioni o atteggiamenti che possiamo includere nelle nostre abitudini a qualunque età. Cose che possiamo fare nell’intento di ottenere sia risultati immediati, sia a medio e a lungo termine.

 

Invecchiare bene, il punto di vista di altre culture

Ci sono differenze abissali tra le culture, riguardo alle convinzioni e alle concezioni sull’invecchiamento. Sapevi che dire a una donna nativa americana che sembra più giovane è un insulto? Perché sarebbe come toglierle la sua esperienza e saggezza, che nella cultura degli indo-americani ha una grandissima importanza.

Maturare non è una malattia: si può invecchiare bene, felicemente. Prendi un foglio e fai un elenco di tutti i vantaggi che può avere un’età matura rispetto ai vent’anni.

 

Bionconsapevolezza e invecchiamento

Se hai già sintomi fastidiosi che imputi all’invecchiamento ci sono vari livelli di azioni che puoi intraprendere, che ora vedremo insieme nel dettaglio.
Puoi agire al livello sintomatico. I capelli che imbiancano si possono tingere, le rughe possono essere ridotte con creme e interventi di chirurgia estetica, i dolori alle giunture si possono lenire con le infiltrazioni e così via. Sono tutte azioni che agiscono sul sintomo.

I sintomi, che considero risultati, sono però influenzati dalle nostre emozioni, che a loro volta sono influenzate dai nostri pensieri. La mia proposta è, dunque, di agire a questo livello più profondo. Più ci svalutiamo esteticamente o continuiamo a pensare a tutto quello che non siamo più in grado di fare come facevamo a vent’anni, più lo stress cronico aumenta e le nostre cellule reagiscono. Il nostro tessuto connettivo e il sistema osteo-muscolo-articolare si attivano per cambiare, visto che continuiamo a bombardarli con il giudizio che non vanno bene così come sono. Questa attivazione provoca nuovi sintomi che imputiamo all’invecchiamento, a conferma che il nostro corpo non è più adatto, affidabile, performante. Entriamo in un vero e proprio circolo vizioso.

I sintomi sono influenzati dalle nostre emozioni

Consigli per invecchiare bene

Come sappiamo, per invecchiare bene possiamo mettere in atto tutta una serie di comportamenti virtuosi che sostengono il funzionamento ottimale del corpo. Possiamo respirare bene, mangiare cibo vitale idratarci, muoverci con piacere nel rispetto del nostro corpo e dei suoi limiti. Dobbiamo, però, anche agire sul nostro dialogo interiore e sulle nostre emozioni. Ti suggerisco un primo passo essenziale a questo scopo: abbandona il confronto con gli altri (soprattutto con i ventenni) ma evita anche il confronto con un ideale di te che ti vede più bello, più agile, più forte, più intraprendente e chi più ne ha più ne metta. Prova a nutrire la tua vita di pensieri più orientati all’amore e l’accoglienza benevole di te così come sei, piuttosto che al giudizio spietato e alla paura. Per approfondire ti consiglio queste letture: link articolo segreto fase rem, dialogo interiore.

Prova a nutrire la tua vita di pensieri più orientati all’amore e l’accoglienza benevole di te così come sei

La funzione crea l’organo

Forse non lo sai, magari è un concetto nuovo per te: la funzione crea l’organo. Se non utilizziamo il nostro potenziale, questo si assopisce. Se non facciamo mai un determinato movimento (di rotazione del busto, per esempio) dopo un po’ di tempo diventa difficile farlo. La nostra capacità di muoverci, se restiamo fermi, perde in ampiezza e flessibilità, le articolazioni diventano sempre meno fluide. Ecco perché dobbiamo rimanere in movimento: possiamo fare Yoga, Qi Gong, Pilates. Possiamo lavorare sui muscoli profondi. Se ci piace abbiamo l’opportunità di camminare, ballare, andare in bicicletta, prendere le scale piuttosto che l’ascensore e così via. Anche solo un piano, per iniziare, va bene. Diamo valore al cambiamento progressivo.

Diamo valore al cambiamento progressivo

La fluidità mentale è altrettanto fondamentale per invecchiare bene. Uscire regolarmente dalla nostra zona di comfort, promuove la creazione di nuove connessioni neurali e di nuove esperienze. Basta poco: prendiamo una strada diversa per andare al lavoro, facciamo colazione in un bar che non conosciamo, laviamoci i denti con la mano sinistra se siamo destrorsi e viceversa.

La fluidità mentale è fondamentale per invecchiare bene

Una volta al mese, possiamo osare di più e fare qualcosa di completamente nuovo: assistere a uno spettacolo di lirica, prendere il treno e scendere a una fermata qualsiasi, visitare una città che non conosciamo bene, fare una lezione di prova di un’attività mai fatta prima. Va bene anche andare a fare una camminata su un sentiero o in un parco che non abbiamo ancora esplorato. Non servono azioni inaccessibili.

Più importante ancora: lavoriamo per adattare la nostra vita alla nostra anima. Sul nostro letto di morte, cosa vorremmo aver vissuto? In quale modo vorremmo essere ricordati? Prendi un foglio ed elenca una serie di azioni ed esperienze da vivere, poi programmane alcune da fare entro la fine di quest’anno.

Tutto inizia proprio oggi

Oggi è il primo giorno del resto della tua vita, indipendentemente da quanto sarà lunga.
Mettere tutta l’attenzione sul presente ha il potere di liberare all’istante dall’ansia del futuro e dell’invecchiamento.

Cosa puoi fare per rendere questo giorno bello e meritevole di essere vissuto? Basta una parola d’amore in più, un’azione fatta in piena coscienza, connessi con il proprio corpo, aperti alle sensazioni.

Mettere tutta l’attenzione sul presente ha il potere di liberare all’istante dall’ansia del futuro

Il tempo che passa è un dominio della tua Mente. Aiutati ad andare oltre grazie alla meditazione e alla mindfulness, attività che permettono di connettersi in un luogo senza spazio e senza tempo.

Impedire alla vita di scorrere è impossibile e non è salutare. Invece, abbiamo la capacità di dilatare il tempo, entrando in uno stato di profondo rilassamento e di presenza piena. Rallentando guadagniamo tempo: questo è un paradosso che solo il Cuore conosce.

Impedire alla vita di scorrere è impossibile e non è salutare

A volte vogliamo rallentare il flusso della vita perché crediamo che la parte più bella è già stata vissuta. E se invece il più bello fosse semplicemente ciò che viviamo qui e ora?

E se maturare sempre di più fosse un’opportunità? Guarda all’invecchiamento con curiosità, è un altro passo per invecchiare bene.

Sovrappeso, come fare il primo passo verso il peso forma

Sovrappeso, come fare il primo passo verso il peso forma

Il sovrappeso non è frutto del caso ma rappresenta una logica conseguenza delle azioni e delle emozioni di ciascuno. Le emozioni, a loro volta, sono influenzate dai pensieri. In questo blog ho parlato più volte delle cause del sovrappeso e di quale sia l’approccio che propongo per liberarsene, senza doversi sottoporre a faticose diete drastiche e subire l’effetto yo-yo che spesso segue questo tipo di regimi alimentari.

In questo articolo vorrei rispolverare le basi del pensiero della bioconsapevolezza sul sovrappeso. Voglio tornare ai fondamenti di quello che secondo me è un metodo rispettoso per ritrovare il proprio peso forma.

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Farmaci e diete non servono a niente?

Farmaci, integratori, operazioni chirurgiche e tutte le varie opzioni esistenti sul mercato per facilitare il dimagrimento non sono di per sé inutili o sbagliate. Se non si lavora alla radice del problema, però, i risultati raggiunti rischiano di essere solo temporanei.

Il motivo è semplice: tutti gli strumenti che ho citato lavorano sull’obiettivo fisico, il dimagrimento, tramite un intervento esterno che talvolta può essere estremo, se pensiamo per esempio alla chirurgia dello stomaco.

Questi metodi non agiscono minimamente, però, sul processo che porta ai chili di troppo e cioè sulle emozioni e sui pensieri che le provocano. Anche l’azione di diete e affini sul comportamento quotidiano è limitata, di solito alla sola necessità di pesare tutto quello che si mangia, di contare meticolosamente le calorie di ogni pasto e spuntino oppure di prendere tutti i giorni, a una certa ora prefissata, il medicinale o l’integratore consigliato dallo specialista.

Anche l’azione di diete e affini sul comportamento quotidiano è limitata

Pure l’attività fisica, senza dubbi benefica e importante per la salute, non ha effetti a lungo termine sul sovrappeso. Cosa succede a molte persone quando smettono di allenarsi intensamente? Tanti vedono di nuovo il proprio corpo cambiare accumulando peso.

Va benissimo scegliere queste varie opzioni: però se non si lavora alla radice, cioè sulle ragioni per cui il corpo ha bisogno di essere in sovrappeso, il percorso verso il dimagrimento diventa una strada faticosa irta di ostacoli e fallimenti.

Meriti di vivere al tuo peso forma

Molte delle persone “in lotta” con il proprio peso hanno in sé la convinzione di non essere capaci di essere snelle e forse di non meritarlo neppure. Guardano con invidia e senso di ingiustizia coloro che, senza sforzo, si mantengono in forma mangiando più o meno quello che vogliono. Per alcuni il peso non è affatto un problema, mentre per altri è un vero e proprio chiodo fisso. Un motivo di amarezza, vergogna e autosvalutazione.

Anche tu pensi di non essere in grado di dimagrire? Forse ti è capitato di provare più e più volte senza ottenere risultati. Usare strategie inefficaci e faticose, a lungo andare, mina la nostra costanza e il nostro desiderio stesso di dimagrire.

In questo meccanismo mentale è racchiuso il primo errore che ostacola il percorso verso un dimagrimento duraturo e il raggiungimento del proprio peso forma. Sappi che non c’è niente in te che non va: stavi semplicemente usando i metodi sbagliati per te. Di conseguenza il fatto di non riuscire a dimagrire o mantenere il peso forma non andrebbe visto come un fallimento ma piuttosto come un’informazione utile e un potenziale vantaggio evolutivo. Non sei costante quando fai qualcosa che va contro te stesso e ignori un lavoro che andrebbe fatto alla radice.

Sappi che non c’è niente in te che non va: stavi semplicemente usando i metodi sbagliati per te.

Partiamo da una verità che mi piacerebbe che facessi tua: tu vai già bene esattamente cosi come sei. Sei abbastanza. Detto questo, se desideri vivere al tuo peso forma, sappi che lo meriti e hai tutte le capacità per farlo.

Un esercizio pratico per partire col piede giusto

So cosa stai pensando. Se sono sovrappeso e in tutti questi anni non sono mai riuscito (o riuscita) a dimagrire, perché tutto dovrebbe andare per il verso giusto proprio ora? La risposta è semplice: perché potrai usare un metodo differente, rispettoso di chi sei e di quello che senti e pensi.

Lasciamo per un attimo da parte il percorso di fronte a te e facciamo invece un esercizio per coltivare lo stato d’animo giusto. Fai un elenco di situazioni nelle quali hai mostrato capacità, perseveranza, volontà, efficienza. Quest’elenco ha come scopo quello di farti riconoscere che hai queste doti in te stesso e che se l’obiettivo è sufficientemente motivante e la strategia per raggiungerlo rispetta ciò che sei puoi tirare fuori tutto il tuo potenziale. Rileggi quotidianamente quanto hai scritto per fare tacere la vocina interiore che ti dice che sei incapace, senza volontà e senza valore. Puoi dedicare a questo esercizio pochi minuti al giorno che saranno però preziosi e molto efficaci.

Quando il corpo accetta di dimagrire

Una volta che ti sarai riconnesso o riconnessa al fatto che sei capace di volontà e perseveranza, vorrei condividere con te una verità forse spiazzante. Non servono tanta perseveranza e volontà per percorrere la strada che ti propongo. Serve furbizia. In effetti serve mettere il corpo dalla tua parte.
Perché? Perché se il corpo accetta di dimagrire, diventa tutto più facile: basta che decida (per esempio) di accelerare il metabolismo, di diminuire l’assimilazione a livello dell’intestino tenue, oppure ancora di aumentare il lavoro della tiroide. Oppure semplicemente può sviluppare una nausea temporanea che tolga la voglia di mangiare.

Se il corpo accetta di dimagrire, diventa tutto più facile

Al contrario, quando il corpo vuole ingrassare o comunque ostacolare il dimagrimento, il metabolismo può rallentare o può diminuire la secrezione degli ormoni tiroidei. Oppure il corpo può farci provare una voglia irresistibile di mangiare e mangiare ancora.

Alla scoperta di se stessi

Per favorire il dimagrimento duraturo, dunque, devi avere il corpo dalla tua parte. Ti invito allora a indagare le ragioni per cui potrebbe resistere al dimagrimento tanto desiderato.

Per questa indagine ti serviranno curiosità e coraggio: dovrai andare alla scoperta di te e delle tue emozioni. Quello che ti posso dire è che questo viaggio merita l’impegno che richiede. Agendo sui tuoi pensieri e sulle tue emozioni coinvolgerai il corpo in un cambiamento virtuoso verso il peso forma e ogni ostacolo verrà meno. Non credermi su parola: fanne semplicemente l’esperienza. Per approfondire ti consiglio di leggere questo articolo Pensieri positivi e dimagrimento: la forza del dialogo interiore e successivamente anche questo: Grasso corporeo: a cosa serve e perché fai fatica a dimagrire.

Quello che ti posso dire è che questo viaggio merita l’impegno che richiede

Se sei incuriosito e vuoi fare passi concreti verso la riconciliazione con il tuo corpo, puoi seguire l’audio corso “Sovrappeso cosa mi racconti” a disposizione sulla pagina risorse del mio sito e leggere il mio libro “Conquista per sempre il tuo peso forma”.

Apriti alla scoperta di te stesso e delle ragioni profonde del tuo sovrappeso: questo è secondo me il primo passo per raggiungere con successo il peso forma e mantenerlo.

Rispetto tra uomini e donne, favorire amore e consapevolezza

Rispetto tra uomini e donne, favorire amore e consapevolezza

Il rispetto tra uomini e donne è alla base di una relazione sana, di amore e sostegno. Le notizie di cronaca ci raccontano di uomini che operano ogni sorta di violenza sulle donne, le stesse donne che dicono di voler amare e proteggere. Una strada per fare pace tra uomini e donne è oggi, quindi, quanto mai fondamentale.

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Perché le relazioni di coppia, che idealmente dovrebbero essere relazioni d’amore, fondate sul sostegno reciproco e il rispetto, a volte sono invece relazioni tossiche dove non c’è alcun rispetto dell’altro e la violenza domina, manifesta o nascosta? In alcuni casi questo accade fin dall’inizio della relazione, in altri invece è qualcosa che succede nel tempo.

Come possiamo invertire la rotta?

Questo articolo vuole mettere qualche granello di sabbia nei troppo ben oliati meccanismi della violenza tra partner. Creando qualche attrito, vorrei favorire la trasformazione verso una realtà di maggiore rispetto tra uomini e donne.

Rispetto tra uomini e donne, non è questione di genere

Per semplificare, in questo articolo parlerò della violenza degli uomini sulle donne, ma è importante riconoscere che esiste anche la violenza delle donne sugli uomini, benché se ne parli molto poco.

Ciò accade per una ragione piuttosto semplice. Quando una donna viene picchiata da un uomo o subisce una violenza di qualunque genere, di solito suscita negli altri compassione, indignazione, empatia e desiderio di protezione.

Quando si parla di violenza sugli uomini da parte di donne, le reazioni immediate e le emozioni che emergono sono molto diverse: stupore, incredulità, giudizio, stigmatizzazione o persino ilarità. Ciò rende il vissuto degli uomini che subiscono queste violenze ancora più doloroso. La vergogna, spesso, impedisce agli uomini di chiedere aiuto e addirittura di testimoniare il vero di fronte alla giuria o ai propri cari. Soprattutto quando l’uomo è fisicamente più grande e più forte della partner.

Esiste anche la violenza delle donne sugli uomini, benché se ne parli molto poco

Il danno della violenza

Quando manca il rispetto e viene perpetrata una violenza c’è sempre un danno, è un dato di fatto da non sottovalutare. Viene automatico, in caso violenza, cercare il responsabile del danno. Quando viene identificato, ognuno reagisce a modo suo. C’è chi giudica, chi odia, chi condanna, chi insulta perché “non è possibile comportarsi così”. Dall’altra parte c’è anche chi giustifica, perché magari si tratta di una persona che sì, è violenta, ma ha subito abusi durante l’infanzia o ha una partner che non si comporta come vorrebbe la società, o ancora il violento è una persona fortemente stressata.

Quello che non dobbiamo perdere di vista è che, indipendentemente da come viene considerato il colpevole (indegno o vittima a sua volta), il danno è fatto. La violenza c’è stata, non viene cancellata dalle critiche o dalle giustificazioni.

Si spendono tante energie per stigmatizzare l’autore della violenza o per difenderlo, dimenticando di occuparsi del danno e di cosa si possa fare per migliorare la condizione della vittima e del colpevole. Perché si può stare meglio anche quando il danno c’è o c’è stato. Bisogna però lavorarci su. Serve impegno e motivazione.

La giustificazione di chi perpetra violenza

La vittima che rimane all’interno di una coppia violenta ha la tendenza a giustificare le azioni del suo “carnefice”. Spesso crede di poter cambiare il suo uomo, dandogli quell’amore che potrebbe non aver ricevuto durante l’infanzia. In questa missione impossibile la donna sacrifica il proprio benessere, talvolta arrivando a perdere la vita.

Indipendentemente dalle ragioni alla base della violenza, anche se pensi che il tuo partner sia a sua volta una vittima, sappi che farcela da sola, in queste circostanze, è difficilissimo: chiedi aiuto. Esiste una rete nazionale anti violenza a sostegno delle donne. Chiama il numero verde 1522 oppure informati sul sito www.telefonorosa.it/. Troverai professionisti preparati per darti tutto il supporto che ti serve, senza giudizio.

Se sei vittima di violenza chiedi un aiuto qualificato

Cosa possiamo cambiare?

Per riportare il rispetto tra uomini e donne e favorire la pace tra i generi sono tante le azioni che possiamo scegliere di compiere. Il passato non può essere cambiato ma il presente sì. Cosa si può fare per trasformare una situazione infelice e potenzialmente drammatica in un’opportunità per accrescere il proprio benessere?

Ritengo che sia necessario precisare chi è responsabile di cosa. Perché farlo significa sapere cosa abbiamo il potere di cambiare e cosa no. Ci aiuta ad evitare di spendere tempo ed energie inutilmente, in direzioni dove non possiamo intervenire. L’affermazione che sto per fare è molto potente e non tutti sono pronti ad accoglierla: devi ricordare che ogni emozione vissuta è responsabilità di chi la vive, non degli altri. Al contrario, ogni azione è responsabilità di chi la compie.

Le responsabilità in una relazione

Caliamo questo discorso all’interno della violenza tra partner e della mancanza di rispetto tra uomini e donne. La reazione aggressiva appartiene alla persona che urla o picchia. Non è colpa o responsabilità della persona che la subisce. Il modo di vivere una determinata situazione, però, appartiene a noi.

L’altro non è responsabile della mia rabbia, della mia depressione, della paura. Infatti persone diverse reagiscono in modi differenti a una stessa situazione.
La qualità della relazione che vivo con un’altra persona è per il 50 % sotto la mia responsabilità.

Ho il potere di rimanere in una relazione o di interromperla. Intendiamoci: so bene che a volte è molto difficile utilizzare questo potere. La paura può dominare e bloccare le nostre azioni, impedendoci di uscire da una situazione tossica.

Ognuno ha il potere di rimanere in una relazione o di interromperla

Quando si resta in una relazione tossica

Di fatto, le vittime di una relazione tossica, dove non c’è rispetto tra uomini e donne, stanno in qualche modo prestando il loro consenso alla violenza. So che questa affermazione provocherà in molti una grande indignazione, chiedo però a te che mi stai leggendo di continuare a farlo, per comprendere bene il mio discorso. Se guardiamo alla relazione tossica da un punto di vista puramente biologico, per sopportare una tale situazione è necessaria una diminuzione del senso di disgusto emotivo (per scoprire di più sull’emozione primaria del disgusto ti consiglio questo video).

Questa diminuzione della sensibilità al disgusto parla di un passato in cui la persona ha vissuto in un ambiente con poco nutrimento emotivo positivo. C’è stata, quindi una carenza di amore. Un animale che mangia qualcosa di tossico è un animale in una situazione di scarsità di nutrimento, tale da rischiare di morire di fame. Mangiare qualcosa di tossico è il tentativo di riuscire a trovare qualche briciola di nutrimento per sopravvivere.

Di conseguenza, per favorire il processo di guarigione, a queste persone suggerisco di lavorare sulla propria autostima e sul proprio valore. L’intento è quello di riconnettersi all’abbondanza di amore, rispetto, considerazione che si hanno a disposizione e al fatto che si hanno il diritto e la dignità atte a ricevere tutto ciò.

Il passato ci viene in aiuto

Quando rivisitiamo la nostra vita passata e il vissuto dei nostri antenati, possiamo individuare la ripetizione di schemi nocivi che coinvolgono violenze, suicidi, mancanza di rispetto, povertà, svalutazione e così via. Questo può far pensare di essere quasi condannati a vivere situazioni sempre simili, ripetendo lo stesso schema all’infinito.

Per uscire da situazioni tossiche di questo o altro genere e riconquistare la libertà di esprimere tutto il tuo potenziale di gioia e serenità, hai bisogno prima di tutto di riconoscere questi schemi. Per questo voglio guidarti in due processi. Puoi iniziare da sola, ti invito però a farti aiutare da un buon terapeuta affinché tu ne possa trarre il massimo beneficio.

Riconoscere uno schema ricorrente è il primo passo

Un atto inconscio di fedeltà

Guarda al vissuto degli antenati costruendo il tuo albero genealogico. Potresti rintracciare un filo rosso di violenza che si perpetua di generazione in generazione. Subire violenza oggi, nella tua vita, può essere un atto di fedeltà inconscio verso le donne della tua famiglia (tua madre, le nonne). Si tratta di un atto d’amore. Qualcosa che può accadere in diverse situazioni e vissuti traumatici, come suicidi, fallimenti, malattie o povertà.

Come fare per uscire da uno schema che si ripete

Riconoscere che questa ripetizione è un atto d’amore inconscio è il primo passo. Un atto per sentire che appartieni a quel clan, un modo per onorarlo. Per trasformare la situazione puoi connetterti a un amore più grande. Appartieni a questo clan ed è grazie ai tuoi antenati che sei viva oggi. Ti hanno trasmesso la vita. Ti propongo allora di onorare il destino dei tuoi antenati. Uomini e donne. Vittime e carnefici. Ognuno ha fatto il meglio che poteva con le conoscenze, il livello di consapevolezza, le risorse che aveva e all’epoca in cui viveva. Queste esperienze fatte (inclusi i danni inflitti e subiti) vanno ad arricchire il bagaglio emotivo e sperimentale del clan. Tu porti in te le memorie di questi vissuti e puoi farne qualcosa di buono. Oggi puoi scegliere con amore e rispetto di contribuire alla ricchezza di queste esperienze e di sperimentare altro.

Facendo un altro tipo di esperienza rispetto alle donne del tuo clan, non sarai né migliore, né peggiore: darai semplicemente il tuo contributo. Avrai successi e fallimenti anche tu. Agisci per rispettarti e ripristinare il tuo valore di donna, in nome di tutti i tuoi antenati.

Propongo di onorare il destino degli antenati

Ripercorrere il vissuto personale

Un altro processo che puoi mettere in atto riguarda invece il tuo vissuto personale. Descrivi nel dettaglio i fatti di una situazione dannosa che hai vissuto recentemente. Ad esempio: il mio partner è arrivato a casa, stavo stirando, mi ha detto qualcosa, io non ho capito, allora ha iniziato a urlare e tirarmi addosso i piatti. Questa parte dell’esercizio è come una cronaca, una descrizione oggettiva dei fatti priva del racconto delle emozioni.

Il secondo passaggio prevede di descrivere come ti sei sentita in ogni momento: impaurita, colpevole, arrabbiata, in allerta, disprezzata e così via.

Poi fai mente locale e vai a recuperare altri eventi nella tua vita passata, dalla tua nascita ad oggi, in cui ti sei sentita nello stesso modo e hai vissuto emozioni simili. Eventi che possono riguardare uomini e donne, il padre, la madre, altri familiari, insegnanti eccetera. Fai un elenco il più completo possibile. Lasciati guidare dalla similarità con ciò che hai sentito.

Infine, descrivi cosa produce oggi nella tua vita questo modo ricorrente di sentirti. Per esempio: nel passato in tutte queste situazioni mi sono sentita giudicata, sbagliata, non abbastanza per essere amata, una delusione, una creatura ingombrante. Oggi, mi capita di sentirmi subito in colpa, ho sempre l’impressione di sbagliare, se qualcuno è nervoso mi chiedo sempre cosa ho fatto di male.

Perché questo esercizio?

Quando ci accorgiamo che quello che stiamo vivendo è l’ennesima opportunità di rivivere quello che abbiamo attraversato già tante volte, possiamo riconoscere uno schema che ci appartiene. Se questo schema ci appartiene la persona con cui stiamo vivendo il conflitto non è più così prioritaria… Non possiamo cambiare l’altro ma possiamo accogliere il nostro vissuto e questa ripetizione di emozioni/sensazioni che continuano a risuonare in noi. Questo processo può essere fatto da chiunque e in qualunque situazione difficile: permette di conoscere meglio noi stessi.

Dopo aver acquisito consapevolezza su questa cosa, la proposta che ti faccio è questa: oggi sei adulta e puoi accogliere le emozioni della bambina che sei stata. Ad esempio scrivendo una lettera simbolica in cui lasci che la te bambina esprima tutte le sue emozioni, la rabbia, l’impotenza, l’amore non ricambiato, il dolore.

Il passaggio successivo è diventare l’adulta affidabile che può dare a quella bambina ciò che non ha avuto. Parlo di attenzioni, rassicurazioni, protezione, aiuto, stima, amore, il potere di chiedere aiuto eccetera. Assumerai una nuova posizione nei confronti di te stessa che influenzerà le tue azioni, le quali hanno il potere di cambiare la tua realtà.

Se vuoi approfondire il tema delle relazioni di coppia, ti consiglio due articoli che ho scritto:

Dipendenza affettiva nella coppia: cosa puoi fare per evitarla

Dire no, quando fa bene alla coppia e perché