Chiamata a porsi delle domande

Chiamata a porsi delle domande

Perché porsi delle domande? Ho grande perplessità sul modo in cui si affrontano i temi della salute e della malattia oggi. Sento la necessità di riaprirsi alla curiosità, osando rimettere in causa le basi del ragionamento convenzionale. Osservo nell’evoluzione della medicina occidentale e della gestione della sanità una spinta al pensiero unico. Spinta supportata da un’informazione mainstream martellante e manipolante.

SE PREFERISCI, ASCOLTA LA VERSIONE AUDIO DELL’ARTICOLO

Perché focalizzarsi su un solo tipo di pensiero, quando la varietà di vedute rappresenta una ricchezza incredibile che permette di ampliare sia il punto di vista su una situazione complessa, sia le opportunità di aiuto alle persone che stanno male?

Perché focalizzarsi su un solo tipo di pensiero?

Avere il diritto di dubitare

In un momento in cui sembra vietato dubitare e interrogarsi, lancio una “chiamata a porsi delle domande”. Credo che ogni persona possa trarre grandi benefici, in termine di salute, dall’imparare a porsi le domande giuste.

In questo breve articolo sarò io stessa a porre alcune domande a mio avviso fondamentali; alcune fungeranno da esempio per possibili domande che potresti porti rispetto alla tua salute, o a un sintomo. Altre sono questioni aperte sui temi generali della cura e della salute che pongo come stimolo di riflessione, sia per i curanti sia per le persone che vogliono rinforzare la loro autonomia in termini di cura e tutela della propria salute.

Quando sorge una domanda, il mio invito è di non arrendersi di fronte all’assenza di risposte e di perseverare nel porsi le domande; soprattutto rispetto a un tema così importante come la salute. 

Persevera nel porti delle domande

La curiosità è un motore

Sono personalmente grata per la tenacia della mia curiosità che è sopravvissuta agli anni senza risposte. Queste domande hanno guidato la mia ricerca e mi hanno permesso di scoprire tanti approcci diversi e di esercitare oggi la mia professione con gioia e in un modo che per me ha senso.

Ecco quindi un po’ di quelle domande che mi sono posta in gioventù, e per le quali ho dovuto cercare al di fuori dei miei studi di medicina convenzionale per avere risposte soddisfacenti.

Perché sorge un sintomo?

Perché ho un dolore all’orecchio destro e non a quello sinistro?

Perché sviluppo un cancro al seno? Perché a me e non a un’altra donna? Perché ora e non cinque anni fa? Perché un carcinoma duttale e non un adenocarcinoma?

Perché uno guarisce e l’altro no?

Se la prostata aumenta quando si invecchia, perché non tutti gli uomini anziani hanno fastidi urinari?

Porsi delle domande e mantenere la curiosità

Condivisione dei saperi

Recentemente una persona mi ha raccontato il suo primo incontro con l’oncologo in seguito ai risultati sospetti di alcune indagini.

Alla domanda della paziente: “perché mi sono ammalata di questo cancro?” la risposta è stata: “per puro caso”.

Poi il medico ha aggiunto “oppure a causa di un insieme di fattori che si sono incrociati per giungere a questo risultato”. 

Alla domanda successiva: “Cosa posso fare per aiutare le cure?” la risposta dell’oncologo è stata: “nulla”.

La prima e la terza risposta mi hanno lasciato a bocca aperta.

Faccio fatica a capacitarmi che dopo tutte le scoperte degli ultimi quarant’anni sia possibile avere ancora questo punto di vista! Veramente il cancro (come la malattia in generale) si sviluppa per caso e non c’è niente da fare per guarire, oltre a mettersi nelle mani dei medici convenzionali?

Non ti stona?

La medicina convenzionale ospedaliera e le medicine complementari vivono in compartimenti così perfettamente stagni?

Non arrivano nei reparti ospedalieri informazioni sulle scoperte della PNEI (Psico Neuro Endocrino Immunologia), sull’importanza del vissuto emotivo sulla salute, dei pensieri e dell’ambiente? 

Equivale forse a svalutare la propria professionalità integrare un punto di vista umanistico a quello meccanicistico e biochimico?

Integrare le conoscenze

Tutto frutto del caso?

Perché l’influenza, cosi contagiosa, colpisce solo alcuni e non tutti, anche in seno allo stesso nucleo famigliare?

Siamo d’accordo che esiste un processo vitale meraviglioso, capace di trasformare in nove mesi due cellule in un essere vivente completo, complesso e raffinato?

In caso di malattia questo processo si guasta? Veramente? Se veramente si guasta, perché oggi e non ieri o domani? E perché in questo punto preciso del corpo?

Perché da quest’anno sono allergico alle fragole quando ne ho mangiate felicemente per sessant’anni della mia vita?  Perché alcuni bambini sono sotto antibiotici ogni mese per vari malanni quando altri sono sani e robusti?

È cosi difficile porsi domande quando non abbiamo le risposte?

Se non ci poniamo le domande, ci precludiamo l’accesso alle risposte.

Se non ci poniamo le domande, ci precludiamo l’accesso alle risposte.

Porsi domande stimola la curiosità e aumenta la probabilità di ricevere risposte.

E se fosse possibile avere qualche informazione in più? E se non fossimo cosi ignoranti e qualcuno avesse studiato e trovato delle vie di ricerca interessanti?

Primi passi per integrare il vissuto emotivo e la risposta organica del corpo

Per esempio: sai che sulla base dell’osservazione dell’embriologia e dell’anatomia sono stati individuate quattro grandi famiglie di vissuto emotivo che fanno reagire il corpo a quattro livelli tessutali diversi? Ecco un paio di esempi di queste reazioni.

Quando vivi una situazione emotivamente significativa, che scatena in te un senso di pericolo per la tua sopravvivenza, si attivano i tessuti innervati dal tuo tronco cerebrale; esso, infatti, gestisce in modo inconscio la tua sopravvivenza. Essenzialmente, i tessuti coinvolti sono i polmoni o il tubo digerente e le sue ghiandole. Ciò perché le primarie necessita per la sopravvivenza sono respirare e digerire.

Quando invece vivi una situazione per cui senti la tua integrità in pericolo, si attiverà il cervelletto e in contemporanea qualche tessuto che ha il compito di proteggerti: il derma, la pleura, il pericardio, il peritoneo oppure la ghiandola mammaria quando chi è in pericolo è un membro del clan.

Il corpo, un capolavoro

Osservando questi meccanismi mi chiedo: e se il corpo fosse meravigliosamente orchestrato per un funzionamento ottimale in autonomia?

Non mi sembra che nel pacchetto “creazione degli esseri viventi su questa Terra” sia inclusa la dipendenza dai farmaci e dalla medicina. Certo: le relazioni umane includono l’aiuto e la cura, ma di sicuro non la dipendenza.

È cosi pericoloso aprirsi all’idea della competenza del corpo, il quale reagisce in modo sensato al modo tutto nostro di vivere una situazione? Rischiamo davvero di rimanere schiacciati dal senso di colpa se ci riappropriamo del nostro potere?

È più dannoso e pesante il senso di colpa o il senso di impotenza e smarrimento?

Prendere la responsabilità e lasciare la colpa

Il senso di colpa non ha nessun posto quando si approfondisce il funzionamento del corpo.

Il senso di colpa nesce dall’illusione di onnipotenza del nostro Ego. L’Ego che pretende essere capace di controllare la Vita che scorre dentro di noi, ogni nostra cellula e perfino le reazioni arcaiche del nostro “animaletto interiore”. Quando invece questo “animaletto interiore” ha il compito importantissimo di tenerci in vita, e sa come farlo. Non pensa; semplicemente sente e agisce immediatamente a fronte di ogni necessità biologica vissuta. Ci fa respirare, digerire, cogliere ogni informazione lasciandoci liberi di pensare, di amare e di rifare il mondo.

La bellezza di porsi delle domande

Alla fine di questa carrellata di domande e riflessioni, mi resta solo da invitare ognuno a riprendere o a continuare a porsi delle domande. Anche se le riposte non dovessero arrivare subito, la curiosità paga sempre. 

Ti auguro di riconnetterti alla meraviglia del tuo corpo e alle conoscenze sufficienti a non essere d’intralcio all’espressione della sua competenza. La conoscenza di sé e del proprio corpo è accessibile a tutti. Ci sono tante vie per svilupparla. La più importante è ascoltarti e seguire i segnali del tuo corpo. Puoi iniziare esplorando, con buone domande, un tuo sintomo. Inizierai così un percorso che ti permetterà di trasformare quel sintomo, al principio fastidioso, in un’opportunità di conoscenza interiore, riconciliazione e crescita personale.

Insonnia: come agire concretamente per tornare a dormire

Insonnia: come agire concretamente per tornare a dormire

L’insonnia è un problema serio che influenza in modo significativo la qualità della vita di chi ne soffre, abbassando l’energia vitale e impattando sia sullo stato fisico sia su quello mentale.

Puoi agire concretamente fin da oggi per tornare a dormire un sonno ristoratore, a patto di capire perché soffri di insonnia.

Come forse sai già, se hai letto altri articoli di questo blog o uno dei miei libri, considero ogni sintomo e malattia come un messaggio dal corpo.

SE PREFERISCI, PUOI ASCOLTARE L’AUDIO DELL’ARTICOLO

 

All’origine delle malattie

Andando più in profondità, sintomi e malattie sono il risultato delle nostre azioni, condizionate dalle nostre emozioni. Le quali a loro volta sono fortemente determinate dai nostri pensieri.

Per risolvere un problema e recuperare un naturale stato di salute e benessere, è necessario far capire al tuo corpo che non è più utile il suo intervento sotto forma di malattia. Perché questo accada è importante agire alla radice, ristrutturando le convinzioni profonde alla base della qualità del tuo dialogo interiore.

Per recuperare salute e benessere è necessario far capire al tuo corpo che non è più utile il suo intervento sotto forma di malattia

Come ho sottolineato, i pensieri condizionano emozioni e azioni. Quali azioni? Prima di tutto le tue, che sono consapevoli. Ma anche quelle del corpo, cioè le sue (re)azioni fisiche. Le azioni del corpo sono molteplici, dalle più effimere e impercettibili (come la contrazione dello stomaco o l’aumento della glicemia) alle più durature ed esplicite: sintomi e malattie.

Per visualizzare meglio questo tipo di intervento profondo, possiamo parlare di microchirurgia della mente e meglio ancora di riprogrammazione cellulare. La riprogrammazione cellulare avviene lavorando direttamente sul tuo dialogo interiore e sulle tue convinzioni, ma anche lavorando sui traumi.

 Si tratta di un metodo per recuperare vitalità e benessere valido pure per chi soffre di insonnia. Vediamo come metterlo in atto in tre passaggi, dal più superficiale al più profondo e definitivo.

La riprogrammazione cellulare avviene lavorando direttamente sul tuo dialogo interiore e sulle tue convinzioni

Le azioni che aiutano a dormire

Perché il tuo corpo funzioni al meglio delle sue possibilità ci sono delle buone abitudini che puoi abbracciare fin da oggi. Non hanno alcun impatto sulle ragioni profonde della tua insonnia, ma ti daranno una mano a stare meglio.

Sono consigli pratici che nascono dalle conoscenze della fisiologia umana e servono a mettere il corpo in una condizione che predispone al sonno e al benessere psico-fisico.

  1. Organizzati per fare attivitàfisica al mattino o al massimo entro metà pomeriggio. Evita sport impegnativi di sera.
  2. A cena non mangiare cibi difficili da digerire e non bere alcolici.
  3. Elimina qualsiasi contatto con la luce blu e i dispositivi che la emettono (schermi di notebook, computer, smartphone eccetera) nell’ora che precede il momento in cui vai a letto.
  4. Crea buio totale in camera, spegnendo ogni fonte di luce. Disattiva lo schermo del telefono e le notifiche, spegni qualsiasi lampada.
  5. Fai un po’ di stretching leggero e qualche esercizio di rilassamento per favorire l’addormentamento, concentrandoti sulla respirazione.
  6. Quando sei a letto, con gli occhi chiusi, ringrazia il mondo, i tuoi cari e la vita stessa per cento cose/situazioni/esseri viventi per i quali provi gratitudine. Si chiama esercizio dei Cento grazie.

Bastano cose semplici. Puoi ringraziare di avere un tetto sulla testa, due figli che ami, un hobby che ti piace…

Se vuoi altri suggerimenti concreti, ho realizzato un video corso sul sonno.

Il ruolo dei farmaci contro l’insonnia

Assumere un farmaco naturale o di sintesi per combattere l’insonnia rientra nel campo delle azioni che puoi mettere in pratica. È però importante sapere che il sonnifero non ristabilisce il tuo ciclo fisiologico del sonno. Anzi: alcune classi di sonniferi disturbano la fase di sonno paradossale detta REM (Rapid eye movement), fondamentale per un riposo efficace. Durante questo momento del sonno infatti, quando di solito sogniamo, il sistema nervoso centrale matura e si organizza.

Il sonnifero di sintesi ti dà l’impressione di dormire e riposare ma non restaura la qualità del tuo sonno. Potresti svegliarti più stanco di prima.

Ovviamente può essere utile come trattamento sintomatico della tua insonnia, soprattutto quando sono alcune settimane che non dormi. Ma non serve a guarire e non va considerato come una soluzione a lungo termine.

Se tu lo facessi potresti sperimentare degli spiacevoli effetti collaterali. Ad esempio scoprire che la tua memoria, dopo un tempo prolungato di assunzione di sonniferi, si è deteriorata e che fai fatica a organizzarti mentalmente.

Il sonnifero non ristabilisce il tuo ciclo fisiologico del sonno ma può essere un aiuto nelle emergenze

L’aiuto dei prodotti naturali

A differenza dei sonniferi, i prodotti naturali formulati per contrastare l’insonnia tendono a migliorare la qualità del tuo sonno REM. Se ti serve un aiuto per dormire, perché hai bisogno di intervenire velocemente su una situazione che ti sembra incontrollabile e ti senti esausto, ti consiglio di provare prima di tutto una serie di prodotti naturali. Ne esiste una vasta gamma, dai i più blandi e semplici ai più complessi e intensi dal punto di vista di formulazione ed effetti. Un esperto in materia saprà guidarti nella scelta.

Potresti scoprire di riuscire a dormire un po’ di più senza assumere sostanze che causano effetti collaterali e dipendenza.

Soprattutto, affidarsi ai prodotti naturali significa evitare di alterare i normali processi del sonno e facilitare un riposo sano e ristoratore.

Quando l’insonnia ti sveglia nel bel mezzo della notte

Come abbiamo sottolineato, le azioni ci aiutano a contrastare l’insonnia ma da sole non la risolvono. È arrivato il momento di agire sulle tue emozioni, che vanno sempre accolte e lasciate libere di esprimersi, per evitare dannosi accumuli.

In particolare vorrei soffermarmi sulla rabbia e sulla frustrazione che ti svegliano intorno alle tre di notte. Ma anche sulla tristezza che predomina se invece sei tra quelli che aprono gli occhi di colpo tra le quattro e le cinque del mattino.

Chiediti innanzitutto: da quanto tempo ti capita di svegliarti a quest’ora? Cosa era accaduto nei giorni immediatamente precedenti?

Da quanto tempo ti capita di svegliarti nel mezzo della notte?

L’ora del fegato

Generalmente il tuo sonno si interrompe tra l’una e le tre? La medicina cinese ci insegna che l’organo coinvolto è il fegato. Il fegato rappresenta il filtro delle tue emozioni, e si occupa soprattutto di rabbia e frustrazione. Devi chiederti, se questo è il tuo caso, quale situazione del tuo vissuto ti provoca frustrazione o quando e perché non hai espresso la tua rabbia ma l’hai repressa con forza. C’è un pensiero ricorrente che ti provoca rabbia o frustrazione?

Il fegato rappresenta il filtro delle tue emozioni

L’ora del polmone

Se ti svegli abitualmente tra le tre e le cinque l’organo da chiamare in causa è il polmone, legato all’emozione della tristezza. Prova a scavare nella tua memoria e a chiederti se, poco prima di iniziare a soffrire di insonnia, hai dovuto o voluto reprimere una profonda tristezza legata a un evento che ha colpito la tua vita.

Quando l’organo coinvolto nell’insonnia è il polmone l’emozione responsabile è la tristezza

Cosa puoi fare

L’ideale, per ripristinare la tua salute e il tuo benessere, sarebbe riuscire a risolvere definitivamente la situazione che ti disturba.

Il tuo lavoro non ti piace? Magari hai una pessima relazione con il tuo capo o i colleghi, che non ti valorizzano: ti senti frustrato. Dovresti parlane con loro e magari cambiare lavoro.

Che tu possa o no eliminare il problema legato alla tua insonnia puoi sempre liberare l’emozione scatenata dal problema. Trova il modo migliore per te. Riguarda una persona cara che è morta? Scrivile in una lettera quello che avresti voluto dirle ma non hai fatto in tempo a esprimere. Ti sentirai molto meglio e la tristezza diminuirà concretamente.

La tua emozione repressa è la rabbia? Procurati un pungiball da “maltrattare” quando ti senti sopraffare dai sentimenti negativi, oppure sfogati ballando su una musica che ti permetta di scatenarti.

Per dire addio all’insonnia agisci su convinzioni e pensieri

Quali sono le tue convinzioni sul sonno? Lo consideri forse come una perdita di tempo? Il sonno viene anche definito piccola morte e la morte può farti paura. O forse non ti sta bene perdere il controllo. Magari pensi di poter contare solo su te stesso: più resti sveglio, più hai tempo per risolvere i tuoi problemi.

Quali sono le tue convinzioni sul sonno? La tua insonnia potrebbe dipendere da quello che pensi dell’atto di dormire

Se ti riconosci in queste convinzioni, ti consiglio di leggere il mio articolo sul segreto della fase REM. Scoprirai che la notte porta consiglio non è un proverbio ma una realtà di fatto. E che dormire è il modo migliore per risolvere i tuoi problemi. Tutto il contrario dell’insonnia!

Ristrutturare le convinzioni profonde accelera il recupero di un sonno sano e vitale.

Quando la biologia favorisce l’insonnia

Nei casi di insonnia più severi e persistenti, come terapeuti dobbiamo capire perché la biologia del nostro paziente si ostina a mantenere il corpo in uno stadio di veglia. In altre parole: perché il tuo corpo pensa sia giusto rimanere vigile?

Possiamo trovare le risposte più profonde a questa domanda nel vissuto personale e genealogico dell’insonne.

Per farlo cerca di liberare la mente e di rispondere istintivamente alle domande che seguono. Se fai fatica prova a rivolgerti a un terapeuta specializzato. O ancora cerca tra i miei laboratori un incontro adatto al tuo caso.

Quando l’insonnia è persistente bisogna scoprire perché il tuo corpo pensa sia giusto rimanere vigile

Le domande per chi soffre di insonnia

  • Senti di vivere nell’incertezza? In una situazione di insicurezza non è il momento di dormire. Il corpo ti spinge ad agire ed essere vigile perché è il momento di scappare o affrontare un pericolo.
  • Hai vissuto un evento traumatico durante il quale dormivi e i cui risultati sarebbero stati diversi se tu fossi stato sveglio? Il corpo e la mente potrebbero essere bloccati in questo trauma.
  • Qualcuno dei tuoi cari o dei tuoi avi ha subito un incidente perché si è addormentato al volante? Il tuo corpo potrebbe avere interiorizzato questo trauma del passato, attivandosi per proteggerti.
  • Un figlio o un bambino piccolo della tua famiglia è deceduto (o le sue condizioni di salute sono peggiorate) nel corso della notte? C’è chi pensa che vegliarlo avrebbe migliorato/salvato la situazione?
  • Conosci qualcuno che è stato aggredito nel corso della notte?

Quando riesci ad ascoltare davvero i segnali di tuo corpo (a volte più che di fronte a un messaggio siamo di fronte a un grido di aiuto), puoi finalmente agire sulla radice della tua insonnia.

Risolto il trauma o il problema alla base della tua incapacità di dormire un sonno ristoratore, e dopo aver modificato i pensieri e liberato le emozioni legate all’insonnia, potrai finalmente rilassarti. Recupererai un sonno costante e sereno notte dopo notte.

Il Metodo della Bioconsapevolezza: messaggi dal corpo

Il Metodo della Bioconsapevolezza: messaggi dal corpo

Il Metodo della Bioconsapevolezza, che ho sviluppato nel corso di venticinque anni di professione nella medicina complementare, si basa su tre assunti fondamentali. Da questi derivano le mie strategie e i miei metodi di cura e aiuto alle persone, indipendentemente dai sintomi presentati.

SE PREFERISCI, ASCOLTA L’AUDIO DELL’ARTICOLO

 

  1. Ricevi costantemente dei messaggi dal corpo. Sovrappeso, mal di testa, insonnia eccetera sono messaggi.
  2. Il corpo è competente ed è fondamentale che tu impari a conoscere te stesso.
  3. Per aiutare al meglio delle loro possibilità, medici e terapeuti devono prendere in considerazione il contesto nel quale vivono e hanno vissuto i loro pazienti.

Conoscere il contesto nel quale vive ogni paziente permette di aiutarlo meglio

 La malattia nella concezione convenzionale

Come ho potuto apprendere per esperienza diretta, la medicina convenzionale concentra la propria attenzione sul corpo degli esseri umani, prendendo raramente in considerazione il loro vissuto.

Nella maggioranza dei casi, i medici che seguono i dettami della medicina occidentale si basano, per le loro diagnosi, sull’esame clinico del paziente e i valori di alcuni parametri biologici. Quando dobbiamo fare il punto della situazione abbiamo a disposizione esami del sangue e di diagnostica per immagini come ecografia, TAC, risonanza magnetica eccetera. Questi test permettono di ottenere un’immagine dell’interno del corpo, intero oppure solo di alcune parti.

Quando i valori o le immagini si discostano da quelli considerati normali, si pensa che qualcosa non vada per il verso giusto. Le anomalie sono considerate la fonte dei sintomi che presenti. Non lamenti nessun sintomo? Si temono comunque problemi futuri. L’obiettivo del medico è quello di far rientrare i parametri devianti nella norma, considerata indicativa di buona salute. Di solito gli strumenti a disposizione sono ulteriori esami, diete, farmaci, radioterapia o chirurgia.

La medicina convenzionale si concentra sulla normalità o meno dei valori di alcuni parametri biologici

Il Metodo della Bioconsapevolezza: un punto di vista diverso

Raramente i colleghi medici prendono in considerazione il contesto nel quale vive il paziente. Pochi, quando ti rivolgi a loro, spendono del tempo per capire quali traumi ed eventi importanti hai vissuto o stai ancora vivendo.

Secondo me, questa mancanza di prospettiva è un’aberrazione. Mi permetto quest’affermazione con tutto il rispetto verso i colleghi che come me hanno studiato anni per arrivare a esercitare la professione. L’importanza di indagare il contesto e il vissuto del paziente è qualcosa che non viene insegnata all’università. Personalmente, ho imparato quanto fosse fondamentale dopo i miei studi accademici.

Con la parola aberrazione voglio solo sottolineare il carattere di devianza e alterazione insito in un approccio privo di prospettiva. In che senso? L’assenza di indagini sul contesto della persona malata, o che si trova in uno stato di salute precario, sottrae informazioni importantissime per la comprensione della situazione e la cura. Viene meno la visione complessiva della situazione. Le soluzioni e le osservazioni che ne seguono fanno quindi prendere una strada che non è quella più diretta verso l’ambita guarigione.

Se si rinuncia a indagare sul contesto e sul vissuto di una persona si hanno meno informazioni per aiutarla a guarire

Uno studio del contesto permette, invece, di comprendere alcuni meccanismi sconosciuti ai più. Tale studio può consentire, in molti casi, di indirizzarsi alla guarigione evitando cure drastiche.

Nel Metodo della Bioconsapevolezza, l’indagine del vissuto è fondamentale per disegnare un quadro preciso del contesto. La prospettiva di questa  medicina complementare rivoluziona la visione della malattia e gli interventi a sostegno della guarigione.

Con il Metodo della Bioconsapevolezza il concetto di malattia cambia completamente

Apri il tuo sguardo

Come ogni rivoluzione, piccola o grande che sia, quella promossa dal Metodo della Bioconsapevolezza non è facile da comprendere né da abbracciare al volo.

Forse anche tu sei abituato a basare l’interpretazione del tuo stato di salute sui dati dei tuoi parametri biologici. Ti è mai successo di non sentirti in forma? In qualche caso ti è capitato di non riuscire a risalire, assieme al tuo medico, a nessuna causa plausibile, nonostante gli esami diagnostici? Oppure ancora di scoprire valori anomali da un controllo di routine quando non sentivi nessun malessere fisico?

Prova a mettere da parte, per un attimo, quello che ti hanno sempre raccontato sulla medicina. Ti invito a esplorare una strada complementare a quella già tracciata. Perché il viaggio sia avvincente, devi accettare di farti delle domande e osservare con sguardo aperto.

Un fondamento del Metodo della Bioconsapevolezza è l’osservazione della Natura. Prendere come riferimento la Natura serve da bussola, per comprendere i meccanismi di adattamento vitali. Leggi questo episodio che voglio raccontarti, avvenuto alcuni decenni fa.

Metti un attimo da parte tutto quello che sai su salute e malattia e che forse dai per scontato

Guardiamo all’esempio della Natura

Siamo alla fine degli anni ’70, in Sud Africa. Un uomo decide di investire nell’allevamento delle antilopi kudu. Sceglie quindi un’ampia area boschiva ricca di acqua e alberi di acacia, la fonte di alimentazione principale per il kudu. Si tratta della situazione perfetta per avviare l’allevamento, almeno in apparenza.

Inspiegabilmente, le antilopi cominciano a morire in massa a pochi mesi dall’inizio dell’attività. Poiché nessuno riesce a capire le ragioni dell’epidemia, viene chiamato in aiuto uno zoologo dell’Università di Pretoria, Wouter Van Hoven, per studiare il caso.

L’esperto capisce che i kudu sono stati avvelenati. Controlla per prima cosa l’acqua, che non presenta alterazioni o sostanze tossiche. A questo punto passa al cibo. Ed è qui che viene fuori una scoperta molto interessante. Di norma, la quantità di tannini nella linfa delle foglie di acacia è bassa. I tannini sono composti dal sapore astringente contenuti in diverse piante.

Van Hoven rileva che la percentuale di tannini cresce in modo drastico e a livelli letali nelle foglie delle piante masticate dalle antilopi dell’allevamento.

 Di solito la quantità di tannini nelle foglie di acacia è bassa ma la concentrazione cresce quando i kudu mangiano in massa la pianta

Il mistero svelato

Cosa è accaduto nell’allevamento? Le piante di acacia mettono abitualmente in atto alcune strategie difensive per proteggersi dalle voraci antilopi kudu. Tra queste c’è l’aumento nella produzione di tannini, che hanno un gusto amaro e allontanano l’erbivoro. Il quale passa a un’altra pianta, non ancora in stato d’allerta.

C’è però un altro fatto sorprendente in questa storia. Non solo le acacie all’interno del recinto, se analizzate, mostravano tutte una percentuale di tannini letale nelle loro foglie. Ma anche quelle situate nei dintorni dell’allevamento.

Come strategia di difesa aggiuntiva, questi alberi sono in grado di comunicare tra loro per avvertirsi l’un l’altro del “pericolo kudu”, emettendo un gas, l’etilene, che può portare il suo messaggio fino a 45 metri di distanza.

In una situazione normale le foglie dell’acacia, diventate amare a causa dei tannini, costringono il branco di antilopi in libertà a spostarsi in un’area diversa, per mangiare altrove. Così l’equilibrio tra sopravvivenza delle antilopi e sopravvivenza delle acacie è rispettato. Quando i kudu si allontanano da un’area, dopo qualche ora, la concentrazione di tannini si abbassa.

In natura l’equilibrio tra sopravvivenza delle acacie e dei kudu viene rispettato senza difficoltà

Le scoperte dello zoologo ci aiutano a capire cos’è la malattia

Leggendo questa storia c’è una domanda che non posso evitare di pormi. L’albero di acacia che ha le foglie piene di tannini è malato? Avrebbe senso somministrare alle acacie, che si stanno difendendo, un farmaco per abbassare la concentrazione di tannini? Non sarebbe forse più appropriato far pascolare i kudu altrove? Oppure, ancora meglio, basterebbe rimuovere il recinto. In questo modo i raffinati equilibri della Natura e le sue leggi tornerebbero a esprimersi liberamente.

Le mie strategie e i miei strumenti di aiuto, attraverso il Metodo della Bioconsapevolezza, sono indirizzati proprio a trovare il modo di lasciare scorrere la Vita, con le sue leggi, evitando di mettere recinti. Oppure eliminandoli quando ci sono già.

 Lascia scorrere la Vita secondo le sue leggi

Il Metodo della Bioconsapevolezza riconosce ogni sintomo e malattia come la diretta conseguenza di un ostacolo che interrompe il naturale scorrere della Vita. Proprio come il recinto intorno all’allevamento di kudu.

Osservando e studiando la Natura, analizzando il funzionamento fisico, emotivo e sociale di tutti gli esseri viventi (non solo gli umani), possiamo capire e riconoscere cosa favorisce la Vita e cosa invece la blocca.

Quando, ad esempio, non riesci ad accettare un evento che ti è accaduto, non rispetti i tuoi desideri o ancora non ti prendi cura del tuo corpo e della tua anima, qualcosa in te cambia. Il tuo corpo “si ammala” per adattarsi. Ogni sintomo può essere visto come un messaggio dal corpo. I sintomi aiutano a capire che c’è un ostacolo da rimuovere. E grazie al Metodo della Bioconsapevolezza possiamo farlo insieme. La salute, infatti, è un obiettivo che tutti possiamo perseguire.

Il Metodo della Bioconsapevolezza riconosce ogni sintomo e malattia come la diretta conseguenza di un ostacolo al fluire della Vita

La Vita, di per sé, è ben organizzata

La Vita procede secondo complessi e sottili equilibri, che funzionano come i meccanismi di un grande orologio. È la nostra mente che spesso, senza che ce ne rendiamo conto, porta scompiglio nel fluire della Vita e costringe il nostro corpo ad adattarsi, esprimendosi attraverso sintomi che interpretiamo come patologici.

Cercando di combattere la malattia spesso non facciamo altro che tentare di eliminare i sintomi. Cioè le strategie di difesa/adattamento dell’organismo.

Per guarire dobbiamo rimuovere il blocco che ha ostacolato il flusso vitale e generato il sintomo. Il corpo potrà allora riprendere un funzionamento di routine, considerato normale. Rimosso l’ostacolo sparirà anche il messaggio dal corpo. Vale anche per l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo.

Per guarire dobbiamo rimuovere l’ostacolo al flusso vitale che ha generato il messaggio dal corpo