Rispetto tra uomini e donne, favorire amore e consapevolezza

Rispetto tra uomini e donne, favorire amore e consapevolezza

Il rispetto tra uomini e donne è alla base di una relazione sana, di amore e sostegno. Le notizie di cronaca ci raccontano di uomini che operano ogni sorta di violenza sulle donne, le stesse donne che dicono di voler amare e proteggere. Una strada per fare pace tra uomini e donne è oggi, quindi, quanto mai fondamentale.

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Perché le relazioni di coppia, che idealmente dovrebbero essere relazioni d’amore, fondate sul sostegno reciproco e il rispetto, a volte sono invece relazioni tossiche dove non c’è alcun rispetto dell’altro e la violenza domina, manifesta o nascosta? In alcuni casi questo accade fin dall’inizio della relazione, in altri invece è qualcosa che succede nel tempo.

Come possiamo invertire la rotta?

Questo articolo vuole mettere qualche granello di sabbia nei troppo ben oliati meccanismi della violenza tra partner. Creando qualche attrito, vorrei favorire la trasformazione verso una realtà di maggiore rispetto tra uomini e donne.

Rispetto tra uomini e donne, non è questione di genere

Per semplificare, in questo articolo parlerò della violenza degli uomini sulle donne, ma è importante riconoscere che esiste anche la violenza delle donne sugli uomini, benché se ne parli molto poco.

Ciò accade per una ragione piuttosto semplice. Quando una donna viene picchiata da un uomo o subisce una violenza di qualunque genere, di solito suscita negli altri compassione, indignazione, empatia e desiderio di protezione.

Quando si parla di violenza sugli uomini da parte di donne, le reazioni immediate e le emozioni che emergono sono molto diverse: stupore, incredulità, giudizio, stigmatizzazione o persino ilarità. Ciò rende il vissuto degli uomini che subiscono queste violenze ancora più doloroso. La vergogna, spesso, impedisce agli uomini di chiedere aiuto e addirittura di testimoniare il vero di fronte alla giuria o ai propri cari. Soprattutto quando l’uomo è fisicamente più grande e più forte della partner.

Esiste anche la violenza delle donne sugli uomini, benché se ne parli molto poco

Il danno della violenza

Quando manca il rispetto e viene perpetrata una violenza c’è sempre un danno, è un dato di fatto da non sottovalutare. Viene automatico, in caso violenza, cercare il responsabile del danno. Quando viene identificato, ognuno reagisce a modo suo. C’è chi giudica, chi odia, chi condanna, chi insulta perché “non è possibile comportarsi così”. Dall’altra parte c’è anche chi giustifica, perché magari si tratta di una persona che sì, è violenta, ma ha subito abusi durante l’infanzia o ha una partner che non si comporta come vorrebbe la società, o ancora il violento è una persona fortemente stressata.

Quello che non dobbiamo perdere di vista è che, indipendentemente da come viene considerato il colpevole (indegno o vittima a sua volta), il danno è fatto. La violenza c’è stata, non viene cancellata dalle critiche o dalle giustificazioni.

Si spendono tante energie per stigmatizzare l’autore della violenza o per difenderlo, dimenticando di occuparsi del danno e di cosa si possa fare per migliorare la condizione della vittima e del colpevole. Perché si può stare meglio anche quando il danno c’è o c’è stato. Bisogna però lavorarci su. Serve impegno e motivazione.

La giustificazione di chi perpetra violenza

La vittima che rimane all’interno di una coppia violenta ha la tendenza a giustificare le azioni del suo “carnefice”. Spesso crede di poter cambiare il suo uomo, dandogli quell’amore che potrebbe non aver ricevuto durante l’infanzia. In questa missione impossibile la donna sacrifica il proprio benessere, talvolta arrivando a perdere la vita.

Indipendentemente dalle ragioni alla base della violenza, anche se pensi che il tuo partner sia a sua volta una vittima, sappi che farcela da sola, in queste circostanze, è difficilissimo: chiedi aiuto. Esiste una rete nazionale anti violenza a sostegno delle donne. Chiama il numero verde 1522 oppure informati sul sito www.telefonorosa.it/. Troverai professionisti preparati per darti tutto il supporto che ti serve, senza giudizio.

Se sei vittima di violenza chiedi un aiuto qualificato

Cosa possiamo cambiare?

Per riportare il rispetto tra uomini e donne e favorire la pace tra i generi sono tante le azioni che possiamo scegliere di compiere. Il passato non può essere cambiato ma il presente sì. Cosa si può fare per trasformare una situazione infelice e potenzialmente drammatica in un’opportunità per accrescere il proprio benessere?

Ritengo che sia necessario precisare chi è responsabile di cosa. Perché farlo significa sapere cosa abbiamo il potere di cambiare e cosa no. Ci aiuta ad evitare di spendere tempo ed energie inutilmente, in direzioni dove non possiamo intervenire. L’affermazione che sto per fare è molto potente e non tutti sono pronti ad accoglierla: devi ricordare che ogni emozione vissuta è responsabilità di chi la vive, non degli altri. Al contrario, ogni azione è responsabilità di chi la compie.

Le responsabilità in una relazione

Caliamo questo discorso all’interno della violenza tra partner e della mancanza di rispetto tra uomini e donne. La reazione aggressiva appartiene alla persona che urla o picchia. Non è colpa o responsabilità della persona che la subisce. Il modo di vivere una determinata situazione, però, appartiene a noi.

L’altro non è responsabile della mia rabbia, della mia depressione, della paura. Infatti persone diverse reagiscono in modi differenti a una stessa situazione.
La qualità della relazione che vivo con un’altra persona è per il 50 % sotto la mia responsabilità.

Ho il potere di rimanere in una relazione o di interromperla. Intendiamoci: so bene che a volte è molto difficile utilizzare questo potere. La paura può dominare e bloccare le nostre azioni, impedendoci di uscire da una situazione tossica.

Ognuno ha il potere di rimanere in una relazione o di interromperla

Quando si resta in una relazione tossica

Di fatto, le vittime di una relazione tossica, dove non c’è rispetto tra uomini e donne, stanno in qualche modo prestando il loro consenso alla violenza. So che questa affermazione provocherà in molti una grande indignazione, chiedo però a te che mi stai leggendo di continuare a farlo, per comprendere bene il mio discorso. Se guardiamo alla relazione tossica da un punto di vista puramente biologico, per sopportare una tale situazione è necessaria una diminuzione del senso di disgusto emotivo (per scoprire di più sull’emozione primaria del disgusto ti consiglio questo video).

Questa diminuzione della sensibilità al disgusto parla di un passato in cui la persona ha vissuto in un ambiente con poco nutrimento emotivo positivo. C’è stata, quindi una carenza di amore. Un animale che mangia qualcosa di tossico è un animale in una situazione di scarsità di nutrimento, tale da rischiare di morire di fame. Mangiare qualcosa di tossico è il tentativo di riuscire a trovare qualche briciola di nutrimento per sopravvivere.

Di conseguenza, per favorire il processo di guarigione, a queste persone suggerisco di lavorare sulla propria autostima e sul proprio valore. L’intento è quello di riconnettersi all’abbondanza di amore, rispetto, considerazione che si hanno a disposizione e al fatto che si hanno il diritto e la dignità atte a ricevere tutto ciò.

Il passato ci viene in aiuto

Quando rivisitiamo la nostra vita passata e il vissuto dei nostri antenati, possiamo individuare la ripetizione di schemi nocivi che coinvolgono violenze, suicidi, mancanza di rispetto, povertà, svalutazione e così via. Questo può far pensare di essere quasi condannati a vivere situazioni sempre simili, ripetendo lo stesso schema all’infinito.

Per uscire da situazioni tossiche di questo o altro genere e riconquistare la libertà di esprimere tutto il tuo potenziale di gioia e serenità, hai bisogno prima di tutto di riconoscere questi schemi. Per questo voglio guidarti in due processi. Puoi iniziare da sola, ti invito però a farti aiutare da un buon terapeuta affinché tu ne possa trarre il massimo beneficio.

Riconoscere uno schema ricorrente è il primo passo

Un atto inconscio di fedeltà

Guarda al vissuto degli antenati costruendo il tuo albero genealogico. Potresti rintracciare un filo rosso di violenza che si perpetua di generazione in generazione. Subire violenza oggi, nella tua vita, può essere un atto di fedeltà inconscio verso le donne della tua famiglia (tua madre, le nonne). Si tratta di un atto d’amore. Qualcosa che può accadere in diverse situazioni e vissuti traumatici, come suicidi, fallimenti, malattie o povertà.

Come fare per uscire da uno schema che si ripete

Riconoscere che questa ripetizione è un atto d’amore inconscio è il primo passo. Un atto per sentire che appartieni a quel clan, un modo per onorarlo. Per trasformare la situazione puoi connetterti a un amore più grande. Appartieni a questo clan ed è grazie ai tuoi antenati che sei viva oggi. Ti hanno trasmesso la vita. Ti propongo allora di onorare il destino dei tuoi antenati. Uomini e donne. Vittime e carnefici. Ognuno ha fatto il meglio che poteva con le conoscenze, il livello di consapevolezza, le risorse che aveva e all’epoca in cui viveva. Queste esperienze fatte (inclusi i danni inflitti e subiti) vanno ad arricchire il bagaglio emotivo e sperimentale del clan. Tu porti in te le memorie di questi vissuti e puoi farne qualcosa di buono. Oggi puoi scegliere con amore e rispetto di contribuire alla ricchezza di queste esperienze e di sperimentare altro.

Facendo un altro tipo di esperienza rispetto alle donne del tuo clan, non sarai né migliore, né peggiore: darai semplicemente il tuo contributo. Avrai successi e fallimenti anche tu. Agisci per rispettarti e ripristinare il tuo valore di donna, in nome di tutti i tuoi antenati.

Propongo di onorare il destino degli antenati

Ripercorrere il vissuto personale

Un altro processo che puoi mettere in atto riguarda invece il tuo vissuto personale. Descrivi nel dettaglio i fatti di una situazione dannosa che hai vissuto recentemente. Ad esempio: il mio partner è arrivato a casa, stavo stirando, mi ha detto qualcosa, io non ho capito, allora ha iniziato a urlare e tirarmi addosso i piatti. Questa parte dell’esercizio è come una cronaca, una descrizione oggettiva dei fatti priva del racconto delle emozioni.

Il secondo passaggio prevede di descrivere come ti sei sentita in ogni momento: impaurita, colpevole, arrabbiata, in allerta, disprezzata e così via.

Poi fai mente locale e vai a recuperare altri eventi nella tua vita passata, dalla tua nascita ad oggi, in cui ti sei sentita nello stesso modo e hai vissuto emozioni simili. Eventi che possono riguardare uomini e donne, il padre, la madre, altri familiari, insegnanti eccetera. Fai un elenco il più completo possibile. Lasciati guidare dalla similarità con ciò che hai sentito.

Infine, descrivi cosa produce oggi nella tua vita questo modo ricorrente di sentirti. Per esempio: nel passato in tutte queste situazioni mi sono sentita giudicata, sbagliata, non abbastanza per essere amata, una delusione, una creatura ingombrante. Oggi, mi capita di sentirmi subito in colpa, ho sempre l’impressione di sbagliare, se qualcuno è nervoso mi chiedo sempre cosa ho fatto di male.

Perché questo esercizio?

Quando ci accorgiamo che quello che stiamo vivendo è l’ennesima opportunità di rivivere quello che abbiamo attraversato già tante volte, possiamo riconoscere uno schema che ci appartiene. Se questo schema ci appartiene la persona con cui stiamo vivendo il conflitto non è più così prioritaria… Non possiamo cambiare l’altro ma possiamo accogliere il nostro vissuto e questa ripetizione di emozioni/sensazioni che continuano a risuonare in noi. Questo processo può essere fatto da chiunque e in qualunque situazione difficile: permette di conoscere meglio noi stessi.

Dopo aver acquisito consapevolezza su questa cosa, la proposta che ti faccio è questa: oggi sei adulta e puoi accogliere le emozioni della bambina che sei stata. Ad esempio scrivendo una lettera simbolica in cui lasci che la te bambina esprima tutte le sue emozioni, la rabbia, l’impotenza, l’amore non ricambiato, il dolore.

Il passaggio successivo è diventare l’adulta affidabile che può dare a quella bambina ciò che non ha avuto. Parlo di attenzioni, rassicurazioni, protezione, aiuto, stima, amore, il potere di chiedere aiuto eccetera. Assumerai una nuova posizione nei confronti di te stessa che influenzerà le tue azioni, le quali hanno il potere di cambiare la tua realtà.

Se vuoi approfondire il tema delle relazioni di coppia, ti consiglio due articoli che ho scritto:

Dipendenza affettiva nella coppia: cosa puoi fare per evitarla

Dire no, quando fa bene alla coppia e perché

 

Dolori a ossa, articolazioni e muscoli, come affrontarli

Dolori a ossa, articolazioni e muscoli, come affrontarli

Dolori a ossa, articolazioni e muscoli sono molto diffusi. Per alcune persone il dolore è localizzato in una sola zona del corpo, a un dito o ad un ginocchio, per esempio. Per altri, invece, i dolori osteoarticolari interessano punti differenti come vertebre cervicali, lombari, mani, ginocchia, dita eccetera. Chi più ne ha, più ne metta!
Come ho spiegato nell’articolo “Scopri come nascono i dolori osteoarticolari”, quando una persona ha dolori in diversi punti del corpo, ogni dolore e localizzazione del dolore parla di un vissuto specifico.
In questo articolo voglio proporti un altro punto di vista, una veduta più ampia, da integrare all’approccio analitico che ho già condiviso.

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Quando una persona sperimenta molti sintomi in diversi punti del corpo, che riguardano tutti la propria struttura, cioè dolori a ossa, muscoli, tendini e così via, solitamente consiglio di osservare e analizzare attentamente il proprio vissuto, e in particolare il modo in cui ci si relaziona con i limiti.

Cosa rappresentano i limiti

I nostri limiti reali, fisici, quelli che riguardano le nostre capacità e possibilità, possono avere un ruolo nella manifestazione dei dolori articolari perché alcune persone (forse capita anche a te), entrano in una fase di resistenza e cercano a tutti i costi di superare tali limiti, lottando di fatto contro se stesse.

Attraverso questo nuovo intervento, vorrei invitarti a guardare i limiti in modo diverso. E se non fossero barriere da abbattere come tori infuriati ma caratteristiche peculiari di ciascuno di noi? Se fosse utile e benefico identificarli e rispettarli?

Sono decenni che lotti contro i tuoi limiti? Ti propongo di sperimentare un altro approccio. Apriti al fatto che ogni limite, se nasce dalla tua vera essenza, può essere persino di aiuto, perché ti protegge da tutto ciò che non fa per te e non ti rappresenta. Torniamo ora ai dolori osteoarticolari diffusi e alla loro genesi.

Apriti al fatto che ogni limite, se nasce dalla tua vera essenza, può essere persino di aiuto

Non ascoltare i segnali provoca dolori a ossa, articolazioni e tendini

Alcune persone, per diverse ragioni, non rispettano i propri limiti. Si tratta di qualcosa che osservo spesso nel mio lavoro. Come mai? La prima ragione che ho individuato è semplice: c’è chi fa fatica ad entrare in contatto con il proprio corpo. In questi casi, la responsabilità è della mente, che agisce come un despota, decidendo in autonomia e contro ogni altra evidenza cosa fare e cosa no, senza prendere in considerazione i segnali del corpo.

Non sentire il proprio corpo impedisce di recepire correttamente i segnali di fatica, stanchezza e difficoltà. Se ti riconosci in questa situazione, forse sai anche che, quando ciò accade, il corpo agisce. Dopo che hai esagerato, il corpo invia segnali a volte molto intensi che ti obbligano ad ascoltarlo. Il messaggio dietro a questi sintomi, come stanchezza e/o dolore osteoarticolare invalidante è lampante: hai superato i limiti.

Facciamo un esempio: hai deciso di fare giardinaggio. Finalmente ti ritagli del tempo e inizi a lavorare su tutto quello che si è accumulato. Sai che potresti non aver tempo nelle prossime settimane e che oggi è proprio il giorno giusto. Dopo qualche ora senti la stanchezza, abbinata a un po’ di dolori alla schiena o alle braccia, per esempio. Però, oggi è il giorno in cui ce l’hai fatta a ricavarti del tempo, allora vai avanti. Dopo qualche ora ancora, ormai la stanchezza è pesante e decidi di fermarti.

Peccato che non hai preso in considerazione che serve ancora una mezz’oretta di attività per riordinare tutto. In pratica, ti fermi davvero solo dopo ore rispetto a quando il tuo corpo ti aveva chiesto di non sforzarti più. Quale è il rischio? Avere dolori osteo-muscolari per giorni e giorni, che ti impediranno un’attività quotidiana serena e che registreranno nella memoria un ricordo negativo sul giardinaggio.

Non riuscire a riconoscere i propri limiti, anche temporanei

La seconda ragione riguarda la difficoltà di riconoscere i propri limiti. Non riuscire a vederli e di conseguenza ritrovarsi in situazioni che non si è capaci di affrontare con serenità. Facciamo un esempio per chiarire.

Non sai sciare, hai appena fatto la tua prima lezione di sci, ma i tuoi amici ti invitano a seguirli su una pista nera: non ricordano quale sia il tuo livello. Tu scegli di andare perché pensi che in fondo puoi cavartela, invece ti metti in una situazione di stress acuto, perché non sei in grado di arrivare in fondo alla pista senza cadere e magari finisci anche per romperti un osso o comunque farti molto male.

Non riconoscere i limiti porta a ritrovarsi in situazioni che è difficile affrontare con serenità

Quando riconosciamo i limiti, occorre rispettarli

Dall’altra parte ci sono persone che sono in grado di comprendere, e anche bene, i propri limiti, ma non possono o non vogliono accettarli. Si intestardiscono a fare quello che credono di dover fare, a tutti i costi, senza darsi tregua. Nell’esempio precedente, lo sciatore principiante potrebbe essere consapevole dei propri limiti ma non prenderli in considerazione per paura di deludere i suoi amici. Queste persone sanno di non essere capaci di fare determinate cose ma rifiutano di accettarlo, non riescono a sentirsi degni, all’altezza, non riescono ad amarsi con quei limiti. O invidiano, svalutando se stessi, chi è in grado di fare ciò che a loro è precluso.

Cercare un equilibrio che favorisca il benessere

Non fraintendermi, non sto suggerendo a nessuno di rimanere sempre e comunque nella propria zona di comfort senza mai fare nulla di nuovo, senza impegnarsi per crescere, migliorarsi, osare e acquisire nuove competenze. Come ho già spiegato in un altro articolo, però, un pesce è un pesce: sforzarsi contro ogni evidenza di essere ciò che non siamo può farci solo del male.

Se anche tu ti trovi in questa situazione, se leggendo hai capito che i tuoi dolori a ossa, articolazioni e muscoli potrebbero essere dovuti al fatto che non accetti i tuoi limiti, ti consiglio di riflettere su una cosa. Per stare in salute è importante trovare un equilibrio tra due estremi: il pensiero di essere totalmente limitati e quello di essere, al contrario, senza limiti, onnipotenti.

Per stare in salute è importante trovare un equilibrio tra due estremi

Due facce della stessa medaglia

Tutti abbiamo dei limiti, è un dato di fatto: siamo umani e viviamo sulla Terra, dove siamo soggetti alla forza di gravità, dobbiamo sottostare alla nostra biologia, abbiamo bisogno di respirare, bere, mangiare eccetera. Limiti palesi, che la maggior parte di noi accetta senza troppi problemi. Non possiamo volare senza l’aiuto della tecnologia, la nostra biologia non ce lo consente. Così come non possiamo respirare sott’acqua senza bombola di ossigeno.

Dall’altra parte, abbiamo uno spirito che ha un potenziale enorme, inafferrabile per la nostra mente cosciente. Questo potenziale può essere esplorato e, se scegliamo di farlo, scopriremo uno spazio molto più ampio di azione, un nuovo modo di essere che facilita la vita e il benessere. Non possiamo, però, diventare puro spirito fino a quando abitiamo il nostro corpo.

Un’evoluzione fisica armoniosa

Guardando solo al corpo e alle sue possibilità, c’è comunque un modo per spingere molto più in là i propri limiti, avanzare, crescere. Puoi ampliare il tuo raggio di azione, competenza e padronanza di tecniche e abilità facendo esercizio in modo costante, progressivamente. In questa maniera ti impegnerai, ti sforzerai anche, ma rispettando il corpo così com’è in ogni momento. E il piacere che proverai sarà di gran lunga superiore alla fatica.

Un allenamento adatto e progressivo rinforza competenze e abilità, nel rispetto di un corpo in evoluzione. Ed è sempre possibile “alzare il tiro” man mano che si migliora e il corpo cambia. Facendo piccoli passi, puoi rendere adatta la tua struttura senza creare uno stress tale da scatenare sintomi e problemi quali infiammazioni, rotture, artriti, tendiniti e così via.

Puoi ampliare il tuo raggio di azione facendo esercizio in modo costante

Quando la competizione promuove i dolori a ossa, articolazioni e muscoli

Lo spirito di competizione è terreno fertile per lo sviluppo di dolori a ossa, articolazioni e tendini. La competizione è qualcosa di diffuso nella nostra società e favorito negli sport, ma anche sul lavoro. Dobbiamo affrontare gare, confronti, premi… Esiste però una forma di competizione più subdola, quella che si fa con se stessi per raggiungere un ideale di noi che esiste, spesso, solo nella nostra testa.

Oltre i dolori osteoarticolari

Il mio discorso, partendo dai dolori a ossa, articolazioni eccetera, si allarga a una filosofia di vita. Ti propongo un modo di vivere in grado di sostenere un sano equilibrio dinamico, fisico ma anche emotivo. Sottraendoti a un modello ideale esterno o interno che ti spinge a un confronto spietato e non ti fa mai sentire all’altezza, puoi sentirti libero di sperimentare, con rilassatezza.

Il percorso di vita diventa un’esplorazione del proprio potenziale ricca di curiosità, all’interno della quale ci si confronta con i diversi eventi della vita e si scoprono senza giudizio capacità, incapacità, talenti e limiti. Una strategia di questo genere non mette sotto stress insopportabile la nostra struttura fisica ed emotiva: la mette semplicemente in gioco.

Un modo nuovo e sano di mettersi in gioco

Sappi che è sempre possibile mettersi in gioco con piacere e senza rischiare di sviluppare sintomi. Quando non riesci a capire se stai rischiando di attivare uno stress eccessivo che richiederà una risposta del tuo corpo e che si tradurrà in sintomi tra cui anche dolori a ossa, articolazioni e tendini, prova a farti queste due domande.

  1. Stai agendo con piacere al massimo del tuo potenziale? Se lo stai facendo di certo non stai soffrendo, e man mano vedrai te stesso crescere nel tuo potenziale e migliorare.
  2. Ti stai impegnando per raggiungere a tutti i costi una determinata performance indipendentemente dal tuo stato fisico-emotivo reale? Forse proverai uno stato di angoscia latente, perché il messaggio che risuona nella tua testa, molto probabilmente, è un messaggio svalutante. “Non sono adatto in questa situazione”,Non valgo niente”, “Sarò eliminato dal mio clan”, “Nessuno mi noterà”, “Non mi ama nessuno” eccetera.

Mettersi in gioco con piacere e senza rischiare di sviluppare sintomi è sempre possibile

Come prevenire i sintomi psicofisici

Vuoi fare qualcosa di utile e positivo riguardo ai tuoi limiti? Esercitati, come prima cosa, a riconoscerli e accettarli. Impara a rispettarli. Cosa vuol dire? Prendili in considerazione senza riferirti ad essi in modo negativo, adatta la tua vita e le tue azioni per rispettarli e addirittura (perché no?) onorarli.

Immaginando di essere al centro di un cerchio il cui perimetro è rappresentato dai nostri limiti, c’è un grande spazio dentro a questo cerchio. Puoi passare una vita al confine o fuori dal cerchio distogliendo l’attenzione e perdendo l’opportunità di crescere in modo armonioso, sperimentando il tuo vero potenziale. Ad un pesce non serve arrampicarsi sugli alberi, gli serve saper nuotare e respirare sott’acqua.

Per esempio, conosco una persona che ha avuto durante l’infanzia così tanti problemi di salute che ha potuto fare poca attività fisica. È diventato un bravissimo pittore che trasmette bellezza con i suoi quadri. Quanti altri esempi di questo genere esistono? Di persone che, poiché sono state limitate in un campo, hanno sviluppato talenti in altri settori?

Quando penso a queste situazioni, vedo il limite come una porta che si chiude per indirizzare in un’altra direzione, più adatta alla realizzazione di quel singolo individuo.

Adatta la tua vita e le tue azioni per rispettare e addirittura onorare i tuoi limiti

Dalla svalutazione all’accoglienza

Prima di giudicarti subito come inadatto o comunque sbagliato, ti propongo di fare qualcosa di diverso e utile. Osserva il tuo limite e su un foglio prova a rispondere a queste domande.

  • Quale è il vantaggio di questo limite?
  • Potrebbe essere utile chiedere aiuto?
  • Mi dà veramente gioia l’idea di fare questa cosa che mi è così difficile?
  • Come posso fare diversamente (scatenando la mia creatività) per ottenere quello che voglio senza pesare sul corpo perché resisto al limite?

Talvolta un limite c’è perché hai altro da fare, cose più importanti per te e per il mondo. Oppure perché c’è un modo per risolvere un determinato problema o situazione più adatto a te e più efficiente: la tua anima lo sa. Ovviamente non credermi sulla parola, sperimenta e fatti la tua idea.

 

Scopri come nascono i dolori osteoarticolari

Scopri come nascono i dolori osteoarticolari

Come nascono i dolori osteoarticolari? Secondo l’approccio convenzionale, le ragioni dietro ai dolori osteoarticolari possono essere diverse. Tra le cause individuate ci sono i traumi fisici, grandi o piccoli, i movimenti sbagliati, i cosiddetti “acciacchi dell’età dovuti all’usura”. In pratica delle ragioni meccaniche. A volte vengono prese in considerazione anche cause infiammatorie come l’artrite, che sarebbe dovuta a reazioni immunologiche.

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Ma se le cause fossero solo meccaniche o immunologiche perché c’è chi ha mal di schiena a livello lombare e non cervicale, quando invece i raggi X mostrano artrosi ai due livelli o addirittura nessun problema strutturale?

In caso di artrite, invece, perché alcuni hanno male alla mano destra e non alla mano sinistra? Al mignolo e non al dito medio? In questo articolo ti voglio proporre un modo complementare di considerare i tuoi dolori osteoarticolari.

Ogni sintomo, infatti, racconta una predisposizione e una modalità di affrontare una determinata situazione. Nel caso dei dolori osteoarticolari, il vissuto emotivo profondo, a volte inconscio, è legato a un senso di inadeguatezza. Il messaggio sotteso, cioè, può essere “la mia struttura non è adatta”, “non ce la faccio”, “non sono capace”. In sintesi, si vive un senso di svalutazione.

La svalutazione nel senso biologico

In biologia, quando si parla di svalutazione, non si intende una svalutazione di tipo psicologico. Spesso non ci si rende conto del vissuto emotivo, e questo è un dato di fatto comune a moltissime persone. Per comprendere meglio quello di cui stiamo parlando, cioè quale sia il vissuto biologico, è più facile pensare agli animali.

Spesso non ci si rende conto del vissuto emotivo, e questo è un dato di fatto comune a moltissime persone

L’animale è “più semplice”, o meglio più biologico e concreto, perché vive la realtà. Non ha le ansie e le paure tipiche dell’essere umano riguardo a situazioni astratte, future, virtuali, immaginarie. Non vive, cioè, quegli stati d’animo che portano confusione e sono legati più alla cultura, al proprio ego e a un dialogo interiore non sano.

L’esempio dell’animale ci aiuta a comprendere davvero

Per comprendere l’aspettò biologico e capire come nascono i dolori osteoarticolari dobbiamo mettere da parte le sovrastrutture legate a ego e aspetti mentali per tornare a pensarci e considerarci come mammiferi, animali con dei bisogni fondamentali. Un animale che vive un momento di svalutazione è, per esempio, un animale che non riesce a scappare o a correre abbastanza velocemente per sfuggire ai predatori o restare insieme al suo branco, perché non ha la potenza muscolare adatta. Un cane che non riesce a saltare al di là di una recinzione perché questa è troppo alta.

Non stiamo parlando di un blocco psicologico e mentale, un messaggio tipo “non valgo”, “la mia vita non ha senso”, “non merito di essere felice”. È qualcosa di profondamente diverso.

Il corpo agisce in tuo aiuto

Quando si vive un senso di inadeguatezza relativo alla propria struttura fisica, il corpo comprende che è necessario un cambiamento e di conseguenza si attiva per cambiare di fatto, concretamente, e diventare più adatto. A seconda della struttura “chiamata in causa” le necessità di modifica e potenziamento possono essere diverse e riguardare ossa, legamenti, tendini, articolazioni, muscoli: il corpo crea una risposta diversa, su misura.
Un dettaglio importante che bisogna sempre tenere in considerazione è che, durante il momento di stress che identifichiamo con la fase di “azione e modifica”, il corpo non esprime sintomi di alcun tipo.

Il corpo comprende che è necessario un cambiamento e si attiva per cambiare di fatto, concretamente, e diventare più adatto

I dolori articolari arrivano dopo. Quando si supera la situazione stressante che ha innescato il bisogno di cambiare e l’intervento del corpo, allora si attivano infiammazione e dolore, che noi comunemente mettiamo (quando riguardano ossa, muscoli e tendini) sotto il cappello dei “dolori osteoarticolari”.

Facciamo degli esempi che ci riguardano da vicino

Un esempio molto concreto che non riguarda gli animali ma noi esseri umani, potrebbe essere quello di una persona che sta portando delle borse molto pesanti. Il peso è troppo ma ci prova e ce la fa lo stesso. Il pensiero biologico sotteso a questo evento sarà “la mia struttura fisica non è adatta a portare queste borse”. Nei fatti, la persona farà fatica fisicamente, senza per forza avere pensieri consci. In un secondo momento, però, accuserà dei dolori.

Facciamo un altro esempio. Quando non riesci ad aprire il barattolo della marmellata e si tratta magari di un evento ripetuto, che accade ogni mattina, il tuo corpo vive quotidianamente una svalutazione biologica. La tua struttura non è adatta per compiere quell’azione e poiché la situazione continua a ripetersi è possibile che tu viva un dolore cronico.

Dolori articolari specifici di tipo localizzato

A seconda della localizzazione del dolore o dell’infiammazione, è possibile capire per quale tipo di azione, movimento o gesto il corpo vive lo stress di non farcela, di non essere adatto.

Il pensiero biologico del corpo (non della mente!) è di questo tipo: non ce la faccio a trattenere, sostenere, avanzare, afferrare, allontanare, respingere, cucire con precisione e così via.

Il pensiero biologico è del corpo, non della mente

La buona domanda per ridurre i dolori osteoarticolari

Un modo per iniziare a indagare in autonomia la radice del proprio disagio è farsi questa semplice domanda: “quale è il movimento che non riesco a fare a causa del dolore?”. Una volta individuato questo movimento, potremmo osservare in quale situazione sarebbe utile compierlo, o in quale situazione cerchiamo di farlo senza ottenere un risultato soddisfacente.

L’esempio della spalla destra per un destrimano

Se il movimento che ti provoca dolore è quello di portare avanti il tuo braccio destro, prova a indagare in quali situazioni fatichi ad abbracciare, cioè a portare verso di te. Se al contrario senti male quando porti il gomito indietro, verso la schiena, cerca di capire se vivi una situazione in cui non riesci ad allontanare una persona che “ti sta addosso”.

Il lato destro, per un destrimano, è legato al padre, al partner oppure ai fratelli e sorelle.
Il lato sinistro, sempre per un destrimano, è legato alla madre e ai figli.

Il dolore potrebbe anche interessare un qualunque altro movimento. Ogni volta è importante osservare a cosa serve il movimento e cercare di capire a cosa potrebbe essere collegato.

Ogni volta è importante osservare a cosa serve il movimento e cercare di capire a cosa potrebbe essere collegato

Come nascono i dolori osteoarticolari alle cervicali

Quando si hanno dolori alle cervicali, consiglio di analizzare con attenzione il tipo di dolore. Si fa fatica a girare la testa a destra, a sinistra, ad abbassare la testa, oppure ad alzarla? Ogni movimento è legato e ci orienta ad analizzare un’azione specifica: il mio torcicollo mi impedisce di girare la testa a destra e a sinistra? Provo a chiedermi qual è stata la situazione stressante in cui era in gioco un “no” che volevo dire e che non sono riuscito a pronunciare, oppure che sono stato obbligato a dire.

Qual è invece la situazione in cui non devi guardare a destra e sinistra per non distrarti, perché è molto importante che focalizzi la tua attenzione su quello che hai davanti?
Non riesci ad abbassare la testa? Qual è la situazione stressante in cui vivi una sorta di sottomissione che ti fa stare male?

Il dolore che provoca dolore

Quando finalmente si supera la situazione stressante legata al movimento che non si poteva/doveva/riusciva a fare, il corpo si rilassa e sviluppa uno stato di infiammazione che si esprime (anche) attraverso il dolore.

Il dolore ha un suo senso e un significato profondo: il corpo ti “chiede” con gli strumenti che ha, di far riposare la zona osteoarticolare che ha attraversato il cambiamento, per permettere che recuperi al meglio le sue funzioni e ripristini un completo stato di benessere.

Il corpo chiede con gli strumenti che ha di far riposare la zona osteoarticolare

Il dolore limita nell’azione e ora hai capito che è un bene. Però, se non conosciamo questo vantaggio biologico e viviamo la situazione solo come un impedimento di tipo negativo, si concretizza il rischio di riattivare lo stress legato alla svalutazione biologica iniziale. Non riesco a fare il gesto a causa del dolore; quindi, il corpo si riattiva di nuovo per poi rilassarsi, di conseguenza si scateneranno l’infiammazione e il dolore e così via. In un continuo circolo vizioso di infiammazione.

In questi casi, la conoscenza che sto condividendo serve proprio a non preoccuparsi quando si presenta un dolore osteoarticolare e a lasciare che il corpo possa riposare quando serve. Possiamo farci aiutare dai farmaci per ridurre il dolore e l’infiammazione, rispettando però la necessità di quella parte di noi di non muoversi o muoversi molto poco, per il tempo che serve a ripristinarsi completamente.

Un aiuto per dimagrire più facilmente, definisci così i tuoi obiettivi

Un aiuto per dimagrire più facilmente, definisci così i tuoi obiettivi

Sei in cerca di un aiuto per dimagrire più facilmente? Innanzitutto sono importanti gli obiettivi che ti dai quando vuoi dimagrire, tanto quanto il metodo che sceglierai di seguire. In questo articolo voglio darti gli strumenti per definire degli obiettivi adatti a te, che costituiscono concretamente un aiuto per dimagrire più facilmente, senza stress, cioè in serenità.

Impara come darti degli obiettivi che aiutano a dimagrire più facilmente

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Se conosci il mio blog o hai seguito uno dei miei laboratori, sai già che quando si parla di sovrappeso propongo un metodo di dimagrimento che non prevede diete. Come racconto nel libro Conquista per sempre il tuo peso forma, se hai dei chili in più di cui non riesci a liberarti significa che dentro di te è in atto un conflitto: una parte vuole dimagrire mentre l’altra vuole restare in sovrappeso. Ecco perché da anni sono impegnata ad aiutare le persone a individuare le ragioni inconsce, psicologiche e biologiche, che spingono a opporsi al dimagrimento. Attenzione, si tratta di ragioni personali, che possono essere anche molto diverse da persona a persona.

Qualunque metodo per raggiungere il peso forma tu scelga di seguire, in ogni caso, che preveda una dieta oppure no, va sostenuto da obiettivi chiari e ben definiti. Cosa che vale per qualunque altro traguardo nella vita.

Perché dico questo? La ragione principale per cui le persone non ottengono ciò che vogliono, è una sola: non sanno davvero quello che desiderano. Se ci pensi scoprirai che capita spesso anche a te. Scommetto che sai molto bene quello che non vuoi, mentre forse hai le idee confuse riguardo a quello che vuoi. Cosa che nel caso specifico del sovrappeso, ti impedisce di trovare aiuto per dimagrire più facilmente.

Il mio metodo di dimagrimento non prevede diete

La metafora del navigatore

Facciamo un paragone in cui tutti possono facilmente immedesimarsi. Immagina di essere al volante di una macchina veloce e comoda che può portarti ovunque. L’auto ha un motore potente, il serbatoio è pieno e il GPS funziona benissimo. Non resta che inserire la destinazione. Stai per digitare qualcosa, ma ti viene in mente solo il fatto che non vuoi andare a Roma… Senza una direzione precisa, purtroppo, non puoi muoverti neppure di un millimetro. Il GPS non conosce la negazione. E, forse questo ti sorprenderà: neppure il tuo inconscio conosce la negazione.

Quando dici a te stesso semplicemente non voglio più essere in sovrappeso, il tuo cervello si concentrerà sui chili di troppo. Poiché l’inconscio non conosce la negazione lavorerà per mantenere i chili di troppo, su cui hai concentrato la sua attenzione, anziché per lasciarli andare. È come se stessi dicendo al navigatore di andare a Roma anche se è l’unico posto che non vuoi proprio raggiungere.

L’inconscio non conosce la negazione, ecco perché è importante cambiare modo di darsi degli obiettivi

Superare la negazione

Fermati e prenditi il tempo per riflettere. Cosa desideri davvero quando parliamo di peso corporeo? Prendi un foglio e scrivi nero su bianco il tuo desiderio. Mi raccomando, ogni frase deve essere espressa in modo positivo. Se ci sono cose che non vuoi, non pensarle e non nominarle nemmeno. Altrimenti ti allontanerai dai tuoi obiettivi anziché avvicinarti. Concentrati sull’alternativa che è di tuo interesse.

Come ho sottolineato attraverso la metafora del navigatore, devi essere il più preciso possibile per trovare in te stesso un aiuto per dimagrire più facilmente. Quando vuoi raggiungere una destinazione, di solito, sei abituato a inserire non solo la città ma anche la via e il numero civico: ti invito a fare altrettanto.

Se ci sono cose che non vuoi, non pensarle e non nominarle nemmeno

Esempi concreti

Per permetterti di trovare aiuto per dimagrire più facilmente vorrei analizzare con te alcuni dei desideri che, spesso, i miei pazienti esprimono quando vogliono raggiungere il loro peso forma.

La frase che mi sento dire più spesso è: voglio perdere tot chili. Ma come ho sottolineato in più occasioni sulle pagine di questo blog, perdere è un verbo che ha una accezione negativa. Quando perdi qualcosa di solito non sei felice, ma piuttosto triste o arrabbiato. Perdiamo un’occasione, le chiavi di casa, il telefono o peggio ancora una persona cara.

La parola perdere richiama al nostro inconscio un senso di vuoto, fa pensare che c’è qualcosa che ci manca e che vorremmo ritrovare. Ecco allora che i chili di troppo, se pensi al fatto che li vuoi perdere, ti si attaccheranno addosso con ancora più forza! Questa è una delle ragioni per cui molti, dopo una dieta, si ritrovano a lottare con l’effetto yo-yo e recuperano tutti i chili persi e anche di più.

Hai un mondo di alternative a disposizione

Piuttosto che voglio perdere peso prova a pensare voglio sbarazzarmi dei chili di troppo. Nessuno sente la mancanza di ciò di cui si vuole sbarazzare. Dovresti però anche scendere nel dettaglio, quindi potresti pensare, ad esempio, voglio sbarazzarmi di 10 chili. Ma puoi anche concentrarti su qualcosa che ti dia un’idea di maggiore leggerezza, ad esempio voglio liberarmi di 5 chili. Sei alla ricerca di un obiettivo più neutrale? Puoi optare per voglio dimagrire 7 chili o ancora voglio pesare 52 chili, voglio portare la taglia 42 e così via.

Desiderare di essere magri o snelli non è sufficiente, perché quello che significa magro per me può essere diverso da quello che significa magro per te. Non solo. Nell’ottica di imparare a chiedere e ricevere aiuto, è fondamentale, quando si fa una richiesta a se stessi e all’Universo, essere chiari.

Desiderare di essere magri non basta, è importante imparare a chiedere e ricevere aiuto

Desideri dettagliati

Il risultato che vuoi ottenere rientra tra quelli che sono misurabili. Quando ti sarai sbarazzato dei dieci chili di troppo (ad esempio) entrerai nel vecchio paio di pantaloni che ti piace tanto e che ora non ti sta più. Tutti vedranno che sei più snello. Se è questo l’obiettivo, devi chiederlo con esattezza. Persino voglio dimagrire di 10 chili potrebbe essere una formulazione poco precisa.

Immagina di esprimere il tuo desiderio a un genio della lampada. Se non sei preciso, quei dieci chili potresti perderli a causa di una malattia che ti toglie l’appetito, oppure potresti vederli sparire solo da alcune parti del tuo corpo, mentre il tuo obiettivo è quello di dimagrire in modo armonioso. O ancora potresti “perderli” in 10 anni (un tempo troppo lungo) o in 10 giorni (un tempo troppo breve, temo, per essere una mossa sana).

Esprimi il tuo desiderio specificando in quanto tempo vorresti sbarazzarti dei chili che non vuoi. Oppure definisci in quanto tempo vorresti raggiungere la taglia ideale per te. Ma meglio aggiungere che vuoi farlo in modo sereno, armonioso e in piena salute. Questo è uno dei “segreti” per trovare aiuto per dimagrire più facilmente.

Un’ultima cosa. È importante avere dei desideri, ma non aspettare di realizzarli per essere felice. Tante persone rimandano la loro felicità al futuro. Pensano che saranno felici una volta cresciuti, fidanzati, laureati, quando saranno genitori, nonni, una volta raggiunta la pensione e così via. Personalmente ti invito caldamente a fare diversamente.

Non aspettare le condizioni ideali per essere felice. Inizia subito ad agire e farti del bene. Parti da quello che sei oggi. È più che abbastanza. Puoi decisamente essere felice prima di aver raggiunto il tuo peso forma.

Aiutare i pazienti a dimagrire, nuovo approccio al sovrappeso

Aiutare i pazienti a dimagrire, nuovo approccio al sovrappeso

Aiutare i pazienti a dimagrire e mantenere il peso forma senza lavorare alla radice del sovrappeso è difficile, soprattutto a lungo termine. L’imposizione di un regime alimentare o di una dieta di qualsiasi tipo funziona, purtroppo, solo fino a un certo punto.

Sei un biologo nutrizionista, un dietologo o comunque uno specialista impegnato nell’aiutare le persone a raggiungere il proprio peso forma? Quante volte ti è capitato nella tua carriera di ottenere risultati buoni con pazienti che hanno beneficiato delle tue competenze? Spesso, immagino, altrimenti avresti cambiato strategia!

SE DESIDERI, ASCOLTA LA VERSIONE AUDIO DELL’ARTICOLO

 

Quante volte ti è anche capitato che, dopo aver festeggiato insieme al tuo assistito il raggiungimento degli obiettivi, l’hai osservato impotente e dispiaciuto riprendere tutti i chili persi?

Ti è successo spesso di accompagnare una persona che inizialmente era molto motivata e poi man mano ha perso sia la motivazione sia la forza di impegnarsi, con il risultato che la possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati si è allontanata sempre di più?

Se sei un professionista serio, che sostiene con passione le persone nel percorso verso il raggiungimento del peso forma, sai quanto questa situazione può essere frustrante.

Una frustrazione condivisa

La situazione è davvero difficile per le persone che lottano contro i chili di troppo e si sentono sempre in colpa per ciò che mangiano, così come per le persone che sono di cattivo umore per tutto quello che non possono mangiare, piuttosto che per chi si svaluta a causa dell’incapacità di raggiungere gli obiettivi e mantenerli. Un contesto ovviamente molto frustrante anche per il professionista che accompagna i suoi assistiti nel percorso di dimagrimento.

Questo articolo è rivolto proprio a te, che come professionista cerchi strategie per supportare ancora meglio le persone che chiedono il tuo aiuto. Su queste pagine vorrei condividere alcune mie scoperte, per sostenerti nel compito importante che stai svolgendo. Scoprirai che l’integrazione del lavoro emotivo può essere di grande aiuto ai professionisti che si occupano di nutrizione e raggiungimento del peso forma.

Integrare il lavoro emotivo può essere di grande aiuto ai professionisti della nutrizione

Il ruolo della medicina non convenzionale

Negli anni di pratica come medico e terapeuta ho sviluppato un mio metodo, quello della Bioconsapevolezza, che coniuga i saperi provenienti da diverse discipline tra cui la medicina cinese, la Biokinesiologia, la Biopsicogenealogia e le Biocostellazioni. Alla base del metodo ci sono tre principi. Primo: il corpo è competente. Secondo: ogni malattia o sintomo, sovrappeso compreso, è una strategia che mette in atto il corpo per aiutarci e pertanto può essere letto come un messaggio che ci informa di un disagio. Terzo: Ogni ostacolo allo scorrere naturale della Vita crea la necessità di compensare.

La Bioconsapevolezza, tra le altre cose, può essere di grande aiuto per dimagrire, con o senza diete. L’idea che si possa dimagrire senza diete potrebbe farti storcere il naso, ma ti invito a continuare a leggere questo articolo con la mente aperta, potresti scoprire uno strumento utile al tuo lavoro e al benessere dei tuoi pazienti.

Se preferisci approfondire subito puoi leggere il mio libro che ho scritto sull’argomento Peso forma. Puoi trovare molti spunti utili ed esercizi da suggerire ai tuoi pazienti che vogliono dimagrire in modo duraturo.

Dimagrire senza diete è possibile, andando alla radice del sovrappeso

Il sovrappeso non esiste in Natura

Partiamo da un dato di fatto: in Natura non esiste il sovrappeso. Qualsiasi animale, indipendentemente dalla sua biologia, vive al proprio peso forma. Ovviamente sto parlando di animali selvatici, cioè non addomesticati e pesantemente condizionati dall’uomo. Anche noi, in quanto esseri umani, siamo animali: mammiferi come tanti altri. C’è quindi dentro di me, di te, di tutti noi, la capacità di essere al peso forma e di mantenerlo in modo naturale e spontaneo. Perché allora tante persone ingrassano e fanno fatica a dimagrire? Oppure riescono a buttare giù i “chili di troppo” ma poi ne riprendono puntualmente quanti e più di prima? Chi vive questo stress ha dentro di sé una forza che ostacola l’innata capacità di esprimere la forma più naturale del suo corpo.

Chi ingrassa ha dentro di sé una forza che ostacola la forma naturale del suo corpo

Peso forma non significa essere magri

A questo punto vorrei fare una precisazione importante. Non credo affatto che tutti dovremmo essere necessariamente magri e longilinei per stare bene. Salute e magrezza non sono sinonimi. L’esistenza di persone di tutte le forme, in larghezza come in altezza, è una caratteristica meravigliosa della specie a cui apparteniamo. Il mio metodo non tende affatto a fare sì che diventiamo tutti uguali. Piuttosto il contrario: il mio intento è che ognuno trovi il suo peso forma e sia contento e in pace con il proprio corpo.

Il mio intento è che ognuno trovi il suo peso forma e sia contento e in pace con il proprio corpo

Sai perché? Questa pace libera tempo ed energia, da usare per esprimere al meglio i talenti e la creatività di cui si è portatori. A questo proposito ti invito a fare subito una proposta a chiunque entri nel tuo studio…

Smetti di lottare per perdere peso

Per aiutare i pazienti a dimagrire suggerisci loro di smettere di lottare. L’idea di lottare per perdere peso è di per sé controproducente. Mette nella condizione di investire moltissima energia in qualcosa che porta, come risultato, a una perdita. Spesso non ce ne rendiamo conto, ma le parole che usiamo per riferirci alle nostre azioni, e i pensieri che formuliamo quando vogliamo motivarci al raggiungimento di un obiettivo, sono molto potenti.

I termini scelti per parlare a noi stessi condizionano il risultato. Innanzitutto è meglio non pensare di perdere chili. Perdere è di per sé un’espressione con connotazione negativa. Difficilmente si associa a un successo o a un evento portatore di benessere. Se approfondirai il mio approccio scoprirai che in caso di sovrappeso c’è, in sottofondo, un vuoto da colmare. Comprendi quindi che perdere ancora qualcosa è inconcepibile. Ti invito dunque a consigliare ai tuoi pazienti di non usare l’espressione perdere peso. Ci sono tanti altri modi di dire che si possono adottare: si vuole dimagrire, raggiungere il peso forma, guadagnare leggerezza, sbarazzarsi dei chili di troppo, eccetera.

Suggerisco pure di lasciare andare l’idea della lotta, in questo caso. Contro chi lottano i tuoi assistiti? Il corpo è un alleato, non un nemico da combattere. E tu, come professionista della nutrizione, hai un ruolo molto importante. Nell’aiutare i pazienti a dimagrire puoi spiegare loro che il corpo è un amico e che hanno in sé la capacità e la possibilità di raggiungere il proprio peso forma, e di mantenerlo senza per questo fare la fame.

Parole da evitare

Tornando alle parole da usare e a quelle da evitare, per facilitare il raggiungimento degli obiettivi legati al peso forma, fissa con i tuoi assistiti un traguardo in termini di chili e aiutali a visualizzarlo. Ad esempio possono pensare di voler pesare 54 chili, piuttosto che 60 e così via, o di essere una taglia 42 o 44. Avere in mente un obiettivo preciso espresso in termini positivi è di grande aiuto. La nostra parte inconscia lavora sugli obiettivi che ci diamo anche quando consapevolmente non ce ne accorgiamo, perfino mentre dormiamo.

La nostra parte inconscia lavora sugli obiettivi che ci diamo anche quando non ce ne accorgiamo

Aiutare i pazienti a dimagrire: vai al cuore del problema

Una volta in possesso del linguaggio per compiere al meglio il percorso di dimagrimento, vediamo in cosa consiste l’approccio della Bioconsapevolezza al sovrappeso. Il mio metodo consente di andare al cuore del problema, permette cioè di scoprire perché una persona è in sovrappeso.

Non sto parlando del fatto che quella persona mangia troppo o male. Come avrai notato senza comprendere il perché, a volte delle persone mangiano tanto e male e sono magre. L’intento è trovare la ragione profonda dietro al sovrappeso. Perché quel tuo paziente si sveglia in piena notte per svuotare la dispensa? Perché l’altro non riesce a eliminare più neppure un grammo e fa moltissima fatica a seguire il regime alimentare che gli hai consigliato? Ciascuno ha un motivo inconscio per cui non riesce a raggiungere e/o mantenere il peso forma. C’è una ragione profonda, una causa alla radice dei chili in più.

L’alleato di ogni regime alimentare

Eliminata la causa alla base dei chili di troppo, il corpo potrà riacquistare la sua naturale capacità di vivere al proprio peso forma, senza fatica o restrizioni. Per alcune persone che sono state messe a dieta dalla prima infanzia e che hanno perso la fiducia e il contatto con il proprio corpo, è difficile ritrovarsi libere di mangiare quello che vogliono. Vivono un senso di smarrimento. Il tuo sostegno è prezioso per una rieducazione all’alimentazione equilibrata. Qualche conoscenza, dritte, esempi di pasti equilibrati saranno un aiuto per mangiare bene, prediligendo ad esempio frutta e verdura.

Viviamo in società gravate da numerose sovrastrutture. Tanti hanno dimenticato come si ascolta il corpo. Se sapessimo recepire e comprendere i messaggi che il corpo ci invia, sapremmo anche come nutrirci per rispondere alle nostre reali esigenze. Per chi ha dimenticato come farlo, c’è bisogno di un aiuto professionale, di una figura come la tua, che guidi le persone verso una riscoperta dei bisogni reali.

Tanti di noi hanno dimenticato come si ascolta il corpo

Molti uomini e donne, infatti, scelgono alcuni cibi o magari si abbuffano perché hanno freddo, sono tristi o si sentono soli. In questo caso non è il corpo a chiedere quell’alimento ma la mente. Capendolo, è possibile intervenire per soddisfare quei bisogni (che non hanno davvero a che fare con il cibo) in altro modo. Ma torniamo ora alla ricerca della causa profonda dei chili di troppo.

Come si va alla radice del problema?

Per capire come mai una persona non riesce a dimagrire o a mantenere il peso forma è importante conoscere sia la sua storia personale sia quella familiare e genealogica. Dietro i chili di troppo c’è un conflitto interiore. Il problema è che una parte della persona vorrebbe dimagrire ed essere snella mentre un’altra non lo vuole. È quest’ultima parte che spinge a mangiare di più quando lo stomaco è già pieno o che fa sentire addosso una stanchezza tremenda proprio nel momento in cui si dovrebbe fare attività fisica. Per aiutare i pazienti a dimagrire è importante capire questo aspetto cruciale del sovrappeso.

Immagina due cavalli che tirano una carrozza in due direzioni diverse. Questo è quello che accade dentro ai tuoi pazienti (senza che ne siano consapevoli). Una volta individuate le due parti in conflitto, viene la tentazione di eliminare definitivamente quella che impedisce il dimagrimento. Eppure questo non è l’approccio più efficiente.

Dietro i chili di troppo c’è un conflitto interiore

Il cambio di paradigma che permette il dimagrimento

Come ho già sottolineato il corpo è competente: il sovrappeso è un messaggio, anzi una vera e propria strategia di sopravvivenza per ognuno dei tuoi assistiti. Come professionista puoi aiutare i pazienti a dimagrire spiegando che entrambe le parti in conflitto, quella che vuole dimagrire e quella che vuole restare in sovrappeso, agiscono solo e soltanto per il loro bene.

Il sovrappeso è un messaggio, anzi una vera e propria strategia di sopravvivenza per chi vive questa condizione

Non c’è nessun sabotatore interiore che ha come obiettivo il malessere e l’infelicità della persona. Anzi: spesso è proprio la parte che lotta per mantenere il sovrappeso a rappresentare la risorsa più importante. Una volta acquisita questa consapevolezza non resta che capire perché ciascun assistito ha in sé una parte che non vuole dimagrire.

Mettersi in viaggio

Per capire le ragioni profonde dietro al sovrappeso è necessario intraprendere un viaggio, in cui il tuo assistito sarà sottoposto ad alcune domande fondamentali. Un viaggio che farà dentro se stesso e dentro il proprio passato. Questo percorso il tuo paziente può farlo da solo (con l’aiuto del libro), oppure con il tuo supporto come professionista della nutrizione, se ti piace l’idea di integrare l’aspetto emotivo nel tuo lavoro di consulenza. Oppure ancora puoi proporre di fare squadra con un altro tipo di specialista. Si tratta di un percorso su misura, che non può essere uguale per tutti.

Individuate le ragioni alla radice del sovrappeso, la causa dei chili di troppo può essere rimossa, o meglio elaborata e risolta. A quel punto il processo di dimagrimento diventerà del tutto naturale. Tu e il tuo paziente potrete registrare insieme molti cambiamenti che avverranno in modo spontaneo e senza fatica. Il tuo assistito vedrà risultati duraturi e sarà molto contento del percorso fatto con il tuo aiuto, mentre tu lavorerai con molta più soddisfazione, perché nel tuo studio entreranno tante facce sorridenti.

Per scoprire quali sono le domande che guidano alla radice dei chili di troppo e aiutare i pazienti a dimagrire ti invito a leggere il libro Conquista per sempre il tuo peso forma.