Apr 16, 2025 | Bioconsapevolezza, Consigli pratici
I dolori mestruali sono molto diffusi, anche tra le ragazze più giovani. Secondo una revisione scientifica pubblicata sul Journal of Pediatric & Adolescent Gynecology e realizzata da ricercatrici e ricercatori di University College di Londra e Università di Birmingham, il 64% delle ragazze tra i 10 e i 25 anni sperimenta dolori mestruali intensi, che spesso comportano la rinuncia a sport, relazioni sociali e giornate di scuola.
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Il punto di vista della medicina cinese
Se guardiamo alla medicina integrata, esistono approcci ai dolori mestruali anche molto diversi tra loro. Le discipline mediche che prendono in considerazione l’aspetto energetico della persona, per esempio, danno un contributo molto interessante su questo tema. Personalmente, ho studiato e applicato per anni la medicina cinese. Secondo questa disciplina, ogni sintomo è considerato come un eccesso oppure una carenza di energia, a causa di un blocco del flusso energetico che pervade il corpo. L’obiettivo terapeutico è quello di favorire un’energia di buona qualità e in buona quantità, che scorra libera nei meridiani affinché ogni organo, viscere e qualunque altro componente del corpo possa avere una vitalità ottimale. Per la medicina cinese, dunque, anche i dolori mestruali raccontano di una carenza o di un eccesso di energia da incanalare diversamente.
Studiando la medicina cinese si impara che esistono dei tragitti chiamati “vasi meravigliosi” oppure “vasi curiosi”, che hanno a che fare con tutto ciò che per noi occidentali è l’aspetto ormonale. Per ogni persona, si può fare una diagnosi energetica precisa e comprendere il riequilibrio da favorire con l’agopuntura, la digitopressione, l’alimentazione oppure le erbe cinesi, per esempio.
Il recupero dell’equilibrio (dinamico) energetico permette di ripristinare una vitalità generale che provoca la sparizione del sintomo, in questo caso i dolori mestruali. Spesso ciò accade anche per altri sintomi che la persona non aveva preso in considerazione all’inizio della cura.
Per la medicina cinese anche i dolori mestruali raccontano di una carenza o di un eccesso di energia
Attenzione al vissuto emotivo
In questo articolo ho scelto di concentrarmi sull’aspetto emotivo legato alle mestruazioni e ai dolori che molte donne sperimentano in alcune fasi del ciclo. Il mio intento è quello di condividere con te l’approccio della bioconsapevolezza ai dolori mestruali, perché se ne soffri mi fa piacere poterti essere d’aiuto.
Faccio prima una piccola premessa. In caso di dolori mestruali forti e ricorrenti la medicina convenzionale, di solito, propone di prendere degli antidolorifici oppure di “mettere le ovaie a riposo” attraverso le pillole contraccettive, che instaurano un ciclo indotto, artificiale. Questo perché i contraccettivi orali contengono ormoni estrogeni e progestinici che evitano, di fatto, l’ovulazione. I farmaci, però, non sono l’unica strada, vediamo perché.
Tipologie di dolore mestruale o dismenorrea
I dolori mestruali sono chiamati anche dismenorree e sono classificati dalla medicina convenzionale in dismenorree primarie e dismenorree secondarie. Quelle primarie sono le più frequenti e in questo gruppo rientrano tutti i casi in cui non si sono trovate spiegazioni mediche al dolore.
Le dismenorree secondarie, invece, raggruppano quei dolori mestruali imputati a una patologia, come l’endometriosi, le cisti ovariche o le varie patologie dell’utero. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità in Italia sono oltre 1,8 milioni le donne in età riproduttiva che convivono con l’endometriosi.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità in Italia sono oltre 1,8 milioni le donne in età riproduttiva che convivono con l’endometriosi
Apriamo una parentesi sull’endometriosi
L’endometriosi viene diagnosticata quando l’endometrio (il tessuto che normalmente è solo nell’utero e dal quale si sviluppa “il nido” per accogliere l’ovulo fecondato) viene trovato al di fuori dell’utero; quindi è presente sulle ovaie, sulle tube di Falloppio, sul peritoneo, nella cavità addominale e così via.
L’endometriosi è considerata responsabile di dolori mestruali intensi e di infertilità. Nella mia esperienza, ci sono diverse donne a cui è stata diagnosticata una endometriosi e che non hanno nessun dolore e hanno avuto uno o più figli senza nessuna difficoltà. Condivido questo dato di realtà perché incontro spesso donne disperate che temono di non avere figli dopo aver scoperto di avere l’endometriosi.
In questo articolo ti propongo un punto di vista e degli spunti di riflessione da esplorare di fronte ai dolori mestruali, senza distinguere tra dolori primari o secondari. L’approccio che ti propongo non ha bisogno di tenerne conto.
Bioconsapevolezza e dolori mestruali
Nella mia esperienza ho potuto osservare che, ogni volta in cui si manifesta un dolore fisico intenso, a monte c’è anche un dolore emotivo. Se si riesce a dare libero sfogo al dolore emotivo, il dolore fisico si ridimensiona drasticamente e a volte sparisce del tutto. Di fronte a ciò non posso che pormi una domanda: perché avere le mestruazioni per alcune donne è doloroso? A quali informazioni sono legate le mestruazioni?
In realtà possono essere diverse, ma io vorrei concentrarmi su due tipologie in particolare.
- Primo: se ho le mestruazioni sono femmina
- Secondo: se ho le mestruazioni non sono incinta.
Partono da qui le nostre riflessioni sui dolori mestruali.
Perché è doloroso essere donna?
Indagando il vissuto personale di una donna con dolori mestruali è bene cercare traumi subiti in virtù del fatto di essere femmina. Come sempre, questa indagine andrebbe fatta sia nel passato personale della donna che manifesta i dolori sia nel suo vissuto genealogico: il passato delle sue antenate. Parliamo di donne escluse, violentate, di donne che si sono sentite rifiutate perché i loro genitori desideravano un maschio e così via.
L’indagine è ampia e sono le emozioni provate dalla persona, che racconta il suo vissuto e quello della sua famiglia, ad indicarci dove c’è stress o dove ci sono ferite emotive non ancora del tutto elaborate.
Come terapeuta, di fronte a queste sofferenze, indago anche sulle convinzioni legate al fatto stesso di essere donna. Vado, ad esempio, a dare voce a una possibile svalutazione del genere femminile in famiglia. “Le donne sono deboli, piagnucolose, stupide, cattive, manipolatrici, dipendenti…” Tutte convinzioni che portano alla conclusione che essere donna non sia un regalo ma una punizione.
Parliamo di donne escluse, violentate, di donne che si sono sentite rifiutate
Attenzione al punto di vista
Talvolta si possono anche scoprire convinzioni negative sul fatto di essere donna esplorando le convinzioni positive sull’essere uomo. Questo perché gli uomini vengono percepiti come favoriti: “la vita per loro è più facile, sono più forti, si possono difendere meglio, sono pagati meglio” eccetera.
Ogni convinzione è un interessante punto di vista che è stato generalizzato ed elevato al rango di Verità, trasformando un semplice modo di vedere le cose in una profezia.
Quando come terapeuta esploro il vissuto della persona con dolori mestruali, scopro molto spesso che c’è una sensazione negativa (nella maggior parte dei casi inconscia) legata al fatto di essere femmina. Se tutto questo esce alla luce del sole diventa possibile intraprendere un percorso di riappacificazione con il mondo femminile, e la paziente può riconnettersi alla bellezza del fatto di essere donna.
Quando si desidera un bambino
Come anticipato, l’altra informazione che ci danno le menstruazioni è che la donna in questione non è incinta. La mancanza di una gravidanza può essere dolorosa. Nel caso di dolori mestruali in una giovane ragazza scelgo spesso di indagare nelle memorie parentali e genealogiche alla ricerca della paura di non rimanere incinta della madre o di una “ossessione” per la maternità. Una prima gravidanza arrivata dopo moltissimo tempo in una mamma o una nonna. Se ci mettiamo nei panni di una donna che desidera fortemente un figlio, ogni mestruazione restituisce un messaggio di fallimento. Il desiderio, per un altro mese ancora, non si è realizzato.
Nel caso di una prima gravidanza che non arriva, spesso lo stress è ancora più alto, perché nasce il dubbio che non si possa diventare madre. Il dubbio non riguarda solo la domanda: diventerò madre presto? Ma riguarda la possibilità di esserlo in questa vita in generale.
Quando indago in questa direzione con le mie pazienti, talvolta trovo memorie di un aborto, spontaneo o provocato, vissuto con tantissimo dolore emotivo. Ogni sanguinamento mestruale riporta all’avvenimento dell’aborto, richiamando la ferita emotiva non elaborata e tutto il dolore ancora da accogliere.
Nel caso di una prima gravidanza che non arriva, spesso lo stress è ancora più alto
Il valore della memoria personale e genealogica
Per completare il lavoro sul dolore mestruale possiamo indagare più in generale sulle memorie legate alle emorragie vissute in modo drammatico. Bisogna lavorare sul doppio binario del vissuto personale e di quello genealogico, con un’attenzione particolare alla madre. La mamma della giovane con dismenorrea ha vissuto un aborto provocato o spontaneo, precoce o tardivo che sia?
Quando una persona chiede il mio aiuto a causa di dolori mestruali, cerco anche di capire se ci sono state altre emorragie dell’utero, indipendentemente dallo stato di gravidanza, in una parente prossima. Se la madre o la nonna si è ammalata e ha rischiato la vita o magari è morta a causa (oppure in concomitanza) di un’emorragia uterina, per esempio, l’inconscio della paziente può aver associato il sanguinamento a un vero e proprio dramma.
L’inconscio della paziente può aver associato il sanguinamento a un vero e proprio dramma
Ancora una volta, di fronte a un sintomo, possiamo decidere di farlo tacere e basta, oppure di ascoltarlo e iniziare un viaggio interiore alla scoperta di sé. I sintomi possono rappresentare una preziosa opportunità da cogliere per stare meglio e conoscersi di più. Ma possono anche essere semplicemente ignorati con l’aiuto di un farmaco. Ogni scelta è lecita in nome della libertà individuale.
Lug 13, 2024 | Bioconsapevolezza, Consigli pratici
Il rispetto tra uomini e donne è alla base di una relazione sana, di amore e sostegno. Le notizie di cronaca ci raccontano di uomini che operano ogni sorta di violenza sulle donne, le stesse donne che dicono di voler amare e proteggere. Una strada per fare pace tra uomini e donne è oggi, quindi, quanto mai fondamentale.
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Perché le relazioni di coppia, che idealmente dovrebbero essere relazioni d’amore, fondate sul sostegno reciproco e il rispetto, a volte sono invece relazioni tossiche dove non c’è alcun rispetto dell’altro e la violenza domina, manifesta o nascosta? In alcuni casi questo accade fin dall’inizio della relazione, in altri invece è qualcosa che succede nel tempo.
Come possiamo invertire la rotta?
Questo articolo vuole mettere qualche granello di sabbia nei troppo ben oliati meccanismi della violenza tra partner. Creando qualche attrito, vorrei favorire la trasformazione verso una realtà di maggiore rispetto tra uomini e donne.
Rispetto tra uomini e donne, non è questione di genere
Per semplificare, in questo articolo parlerò della violenza degli uomini sulle donne, ma è importante riconoscere che esiste anche la violenza delle donne sugli uomini, benché se ne parli molto poco.
Ciò accade per una ragione piuttosto semplice. Quando una donna viene picchiata da un uomo o subisce una violenza di qualunque genere, di solito suscita negli altri compassione, indignazione, empatia e desiderio di protezione.
Quando si parla di violenza sugli uomini da parte di donne, le reazioni immediate e le emozioni che emergono sono molto diverse: stupore, incredulità, giudizio, stigmatizzazione o persino ilarità. Ciò rende il vissuto degli uomini che subiscono queste violenze ancora più doloroso. La vergogna, spesso, impedisce agli uomini di chiedere aiuto e addirittura di testimoniare il vero di fronte alla giuria o ai propri cari. Soprattutto quando l’uomo è fisicamente più grande e più forte della partner.
Esiste anche la violenza delle donne sugli uomini, benché se ne parli molto poco
Il danno della violenza
Quando manca il rispetto e viene perpetrata una violenza c’è sempre un danno, è un dato di fatto da non sottovalutare. Viene automatico, in caso violenza, cercare il responsabile del danno. Quando viene identificato, ognuno reagisce a modo suo. C’è chi giudica, chi odia, chi condanna, chi insulta perché “non è possibile comportarsi così”. Dall’altra parte c’è anche chi giustifica, perché magari si tratta di una persona che sì, è violenta, ma ha subito abusi durante l’infanzia o ha una partner che non si comporta come vorrebbe la società, o ancora il violento è una persona fortemente stressata.
Quello che non dobbiamo perdere di vista è che, indipendentemente da come viene considerato il colpevole (indegno o vittima a sua volta), il danno è fatto. La violenza c’è stata, non viene cancellata dalle critiche o dalle giustificazioni.
Si spendono tante energie per stigmatizzare l’autore della violenza o per difenderlo, dimenticando di occuparsi del danno e di cosa si possa fare per migliorare la condizione della vittima e del colpevole. Perché si può stare meglio anche quando il danno c’è o c’è stato. Bisogna però lavorarci su. Serve impegno e motivazione.
La giustificazione di chi perpetra violenza
La vittima che rimane all’interno di una coppia violenta ha la tendenza a giustificare le azioni del suo “carnefice”. Spesso crede di poter cambiare il suo uomo, dandogli quell’amore che potrebbe non aver ricevuto durante l’infanzia. In questa missione impossibile la donna sacrifica il proprio benessere, talvolta arrivando a perdere la vita.
Indipendentemente dalle ragioni alla base della violenza, anche se pensi che il tuo partner sia a sua volta una vittima, sappi che farcela da sola, in queste circostanze, è difficilissimo: chiedi aiuto. Esiste una rete nazionale anti violenza a sostegno delle donne. Chiama il numero verde 1522 oppure informati sul sito www.telefonorosa.it/. Troverai professionisti preparati per darti tutto il supporto che ti serve, senza giudizio.
Se sei vittima di violenza chiedi un aiuto qualificato
Cosa possiamo cambiare?
Per riportare il rispetto tra uomini e donne e favorire la pace tra i generi sono tante le azioni che possiamo scegliere di compiere. Il passato non può essere cambiato ma il presente sì. Cosa si può fare per trasformare una situazione infelice e potenzialmente drammatica in un’opportunità per accrescere il proprio benessere?
Ritengo che sia necessario precisare chi è responsabile di cosa. Perché farlo significa sapere cosa abbiamo il potere di cambiare e cosa no. Ci aiuta ad evitare di spendere tempo ed energie inutilmente, in direzioni dove non possiamo intervenire. L’affermazione che sto per fare è molto potente e non tutti sono pronti ad accoglierla: devi ricordare che ogni emozione vissuta è responsabilità di chi la vive, non degli altri. Al contrario, ogni azione è responsabilità di chi la compie.
Le responsabilità in una relazione
Caliamo questo discorso all’interno della violenza tra partner e della mancanza di rispetto tra uomini e donne. La reazione aggressiva appartiene alla persona che urla o picchia. Non è colpa o responsabilità della persona che la subisce. Il modo di vivere una determinata situazione, però, appartiene a noi.
L’altro non è responsabile della mia rabbia, della mia depressione, della paura. Infatti persone diverse reagiscono in modi differenti a una stessa situazione.
La qualità della relazione che vivo con un’altra persona è per il 50 % sotto la mia responsabilità.
Ho il potere di rimanere in una relazione o di interromperla. Intendiamoci: so bene che a volte è molto difficile utilizzare questo potere. La paura può dominare e bloccare le nostre azioni, impedendoci di uscire da una situazione tossica.
Ognuno ha il potere di rimanere in una relazione o di interromperla
Quando si resta in una relazione tossica
Di fatto, le vittime di una relazione tossica, dove non c’è rispetto tra uomini e donne, stanno in qualche modo prestando il loro consenso alla violenza. So che questa affermazione provocherà in molti una grande indignazione, chiedo però a te che mi stai leggendo di continuare a farlo, per comprendere bene il mio discorso. Se guardiamo alla relazione tossica da un punto di vista puramente biologico, per sopportare una tale situazione è necessaria una diminuzione del senso di disgusto emotivo (per scoprire di più sull’emozione primaria del disgusto ti consiglio questo video).
Questa diminuzione della sensibilità al disgusto parla di un passato in cui la persona ha vissuto in un ambiente con poco nutrimento emotivo positivo. C’è stata, quindi una carenza di amore. Un animale che mangia qualcosa di tossico è un animale in una situazione di scarsità di nutrimento, tale da rischiare di morire di fame. Mangiare qualcosa di tossico è il tentativo di riuscire a trovare qualche briciola di nutrimento per sopravvivere.
Di conseguenza, per favorire il processo di guarigione, a queste persone suggerisco di lavorare sulla propria autostima e sul proprio valore. L’intento è quello di riconnettersi all’abbondanza di amore, rispetto, considerazione che si hanno a disposizione e al fatto che si hanno il diritto e la dignità atte a ricevere tutto ciò.
Il passato ci viene in aiuto
Quando rivisitiamo la nostra vita passata e il vissuto dei nostri antenati, possiamo individuare la ripetizione di schemi nocivi che coinvolgono violenze, suicidi, mancanza di rispetto, povertà, svalutazione e così via. Questo può far pensare di essere quasi condannati a vivere situazioni sempre simili, ripetendo lo stesso schema all’infinito.
Per uscire da situazioni tossiche di questo o altro genere e riconquistare la libertà di esprimere tutto il tuo potenziale di gioia e serenità, hai bisogno prima di tutto di riconoscere questi schemi. Per questo voglio guidarti in due processi. Puoi iniziare da sola, ti invito però a farti aiutare da un buon terapeuta affinché tu ne possa trarre il massimo beneficio.
Riconoscere uno schema ricorrente è il primo passo
Un atto inconscio di fedeltà
Guarda al vissuto degli antenati costruendo il tuo albero genealogico. Potresti rintracciare un filo rosso di violenza che si perpetua di generazione in generazione. Subire violenza oggi, nella tua vita, può essere un atto di fedeltà inconscio verso le donne della tua famiglia (tua madre, le nonne). Si tratta di un atto d’amore. Qualcosa che può accadere in diverse situazioni e vissuti traumatici, come suicidi, fallimenti, malattie o povertà.
Come fare per uscire da uno schema che si ripete
Riconoscere che questa ripetizione è un atto d’amore inconscio è il primo passo. Un atto per sentire che appartieni a quel clan, un modo per onorarlo. Per trasformare la situazione puoi connetterti a un amore più grande. Appartieni a questo clan ed è grazie ai tuoi antenati che sei viva oggi. Ti hanno trasmesso la vita. Ti propongo allora di onorare il destino dei tuoi antenati. Uomini e donne. Vittime e carnefici. Ognuno ha fatto il meglio che poteva con le conoscenze, il livello di consapevolezza, le risorse che aveva e all’epoca in cui viveva. Queste esperienze fatte (inclusi i danni inflitti e subiti) vanno ad arricchire il bagaglio emotivo e sperimentale del clan. Tu porti in te le memorie di questi vissuti e puoi farne qualcosa di buono. Oggi puoi scegliere con amore e rispetto di contribuire alla ricchezza di queste esperienze e di sperimentare altro.
Facendo un altro tipo di esperienza rispetto alle donne del tuo clan, non sarai né migliore, né peggiore: darai semplicemente il tuo contributo. Avrai successi e fallimenti anche tu. Agisci per rispettarti e ripristinare il tuo valore di donna, in nome di tutti i tuoi antenati.
Propongo di onorare il destino degli antenati
Ripercorrere il vissuto personale
Un altro processo che puoi mettere in atto riguarda invece il tuo vissuto personale. Descrivi nel dettaglio i fatti di una situazione dannosa che hai vissuto recentemente. Ad esempio: il mio partner è arrivato a casa, stavo stirando, mi ha detto qualcosa, io non ho capito, allora ha iniziato a urlare e tirarmi addosso i piatti. Questa parte dell’esercizio è come una cronaca, una descrizione oggettiva dei fatti priva del racconto delle emozioni.
Il secondo passaggio prevede di descrivere come ti sei sentita in ogni momento: impaurita, colpevole, arrabbiata, in allerta, disprezzata e così via.
Poi fai mente locale e vai a recuperare altri eventi nella tua vita passata, dalla tua nascita ad oggi, in cui ti sei sentita nello stesso modo e hai vissuto emozioni simili. Eventi che possono riguardare uomini e donne, il padre, la madre, altri familiari, insegnanti eccetera. Fai un elenco il più completo possibile. Lasciati guidare dalla similarità con ciò che hai sentito.
Infine, descrivi cosa produce oggi nella tua vita questo modo ricorrente di sentirti. Per esempio: nel passato in tutte queste situazioni mi sono sentita giudicata, sbagliata, non abbastanza per essere amata, una delusione, una creatura ingombrante. Oggi, mi capita di sentirmi subito in colpa, ho sempre l’impressione di sbagliare, se qualcuno è nervoso mi chiedo sempre cosa ho fatto di male.
Perché questo esercizio?
Quando ci accorgiamo che quello che stiamo vivendo è l’ennesima opportunità di rivivere quello che abbiamo attraversato già tante volte, possiamo riconoscere uno schema che ci appartiene. Se questo schema ci appartiene la persona con cui stiamo vivendo il conflitto non è più così prioritaria… Non possiamo cambiare l’altro ma possiamo accogliere il nostro vissuto e questa ripetizione di emozioni/sensazioni che continuano a risuonare in noi. Questo processo può essere fatto da chiunque e in qualunque situazione difficile: permette di conoscere meglio noi stessi.
Dopo aver acquisito consapevolezza su questa cosa, la proposta che ti faccio è questa: oggi sei adulta e puoi accogliere le emozioni della bambina che sei stata. Ad esempio scrivendo una lettera simbolica in cui lasci che la te bambina esprima tutte le sue emozioni, la rabbia, l’impotenza, l’amore non ricambiato, il dolore.
Il passaggio successivo è diventare l’adulta affidabile che può dare a quella bambina ciò che non ha avuto. Parlo di attenzioni, rassicurazioni, protezione, aiuto, stima, amore, il potere di chiedere aiuto eccetera. Assumerai una nuova posizione nei confronti di te stessa che influenzerà le tue azioni, le quali hanno il potere di cambiare la tua realtà.
Se vuoi approfondire il tema delle relazioni di coppia, ti consiglio due articoli che ho scritto:
Dipendenza affettiva nella coppia: cosa puoi fare per evitarla
Dire no, quando fa bene alla coppia e perché
Giu 5, 2024 | Bioconsapevolezza
Dolori a ossa, articolazioni e muscoli sono molto diffusi. Per alcune persone il dolore è localizzato in una sola zona del corpo, a un dito o ad un ginocchio, per esempio. Per altri, invece, i dolori osteoarticolari interessano punti differenti come vertebre cervicali, lombari, mani, ginocchia, dita eccetera. Chi più ne ha, più ne metta!
Come ho spiegato nell’articolo “Scopri come nascono i dolori osteoarticolari”, quando una persona ha dolori in diversi punti del corpo, ogni dolore e localizzazione del dolore parla di un vissuto specifico.
In questo articolo voglio proporti un altro punto di vista, una veduta più ampia, da integrare all’approccio analitico che ho già condiviso.
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Quando una persona sperimenta molti sintomi in diversi punti del corpo, che riguardano tutti la propria struttura, cioè dolori a ossa, muscoli, tendini e così via, solitamente consiglio di osservare e analizzare attentamente il proprio vissuto, e in particolare il modo in cui ci si relaziona con i limiti.
Cosa rappresentano i limiti
I nostri limiti reali, fisici, quelli che riguardano le nostre capacità e possibilità, possono avere un ruolo nella manifestazione dei dolori articolari perché alcune persone (forse capita anche a te), entrano in una fase di resistenza e cercano a tutti i costi di superare tali limiti, lottando di fatto contro se stesse.
Attraverso questo nuovo intervento, vorrei invitarti a guardare i limiti in modo diverso. E se non fossero barriere da abbattere come tori infuriati ma caratteristiche peculiari di ciascuno di noi? Se fosse utile e benefico identificarli e rispettarli?
Sono decenni che lotti contro i tuoi limiti? Ti propongo di sperimentare un altro approccio. Apriti al fatto che ogni limite, se nasce dalla tua vera essenza, può essere persino di aiuto, perché ti protegge da tutto ciò che non fa per te e non ti rappresenta. Torniamo ora ai dolori osteoarticolari diffusi e alla loro genesi.
Apriti al fatto che ogni limite, se nasce dalla tua vera essenza, può essere persino di aiuto
Non ascoltare i segnali provoca dolori a ossa, articolazioni e tendini
Alcune persone, per diverse ragioni, non rispettano i propri limiti. Si tratta di qualcosa che osservo spesso nel mio lavoro. Come mai? La prima ragione che ho individuato è semplice: c’è chi fa fatica ad entrare in contatto con il proprio corpo. In questi casi, la responsabilità è della mente, che agisce come un despota, decidendo in autonomia e contro ogni altra evidenza cosa fare e cosa no, senza prendere in considerazione i segnali del corpo.
Non sentire il proprio corpo impedisce di recepire correttamente i segnali di fatica, stanchezza e difficoltà. Se ti riconosci in questa situazione, forse sai anche che, quando ciò accade, il corpo agisce. Dopo che hai esagerato, il corpo invia segnali a volte molto intensi che ti obbligano ad ascoltarlo. Il messaggio dietro a questi sintomi, come stanchezza e/o dolore osteoarticolare invalidante è lampante: hai superato i limiti.
Facciamo un esempio: hai deciso di fare giardinaggio. Finalmente ti ritagli del tempo e inizi a lavorare su tutto quello che si è accumulato. Sai che potresti non aver tempo nelle prossime settimane e che oggi è proprio il giorno giusto. Dopo qualche ora senti la stanchezza, abbinata a un po’ di dolori alla schiena o alle braccia, per esempio. Però, oggi è il giorno in cui ce l’hai fatta a ricavarti del tempo, allora vai avanti. Dopo qualche ora ancora, ormai la stanchezza è pesante e decidi di fermarti.
Peccato che non hai preso in considerazione che serve ancora una mezz’oretta di attività per riordinare tutto. In pratica, ti fermi davvero solo dopo ore rispetto a quando il tuo corpo ti aveva chiesto di non sforzarti più. Quale è il rischio? Avere dolori osteo-muscolari per giorni e giorni, che ti impediranno un’attività quotidiana serena e che registreranno nella memoria un ricordo negativo sul giardinaggio.
Non riuscire a riconoscere i propri limiti, anche temporanei
La seconda ragione riguarda la difficoltà di riconoscere i propri limiti. Non riuscire a vederli e di conseguenza ritrovarsi in situazioni che non si è capaci di affrontare con serenità. Facciamo un esempio per chiarire.
Non sai sciare, hai appena fatto la tua prima lezione di sci, ma i tuoi amici ti invitano a seguirli su una pista nera: non ricordano quale sia il tuo livello. Tu scegli di andare perché pensi che in fondo puoi cavartela, invece ti metti in una situazione di stress acuto, perché non sei in grado di arrivare in fondo alla pista senza cadere e magari finisci anche per romperti un osso o comunque farti molto male.
Non riconoscere i limiti porta a ritrovarsi in situazioni che è difficile affrontare con serenità
Quando riconosciamo i limiti, occorre rispettarli
Dall’altra parte ci sono persone che sono in grado di comprendere, e anche bene, i propri limiti, ma non possono o non vogliono accettarli. Si intestardiscono a fare quello che credono di dover fare, a tutti i costi, senza darsi tregua. Nell’esempio precedente, lo sciatore principiante potrebbe essere consapevole dei propri limiti ma non prenderli in considerazione per paura di deludere i suoi amici. Queste persone sanno di non essere capaci di fare determinate cose ma rifiutano di accettarlo, non riescono a sentirsi degni, all’altezza, non riescono ad amarsi con quei limiti. O invidiano, svalutando se stessi, chi è in grado di fare ciò che a loro è precluso.
Cercare un equilibrio che favorisca il benessere
Non fraintendermi, non sto suggerendo a nessuno di rimanere sempre e comunque nella propria zona di comfort senza mai fare nulla di nuovo, senza impegnarsi per crescere, migliorarsi, osare e acquisire nuove competenze. Come ho già spiegato in un altro articolo, però, un pesce è un pesce: sforzarsi contro ogni evidenza di essere ciò che non siamo può farci solo del male.
Se anche tu ti trovi in questa situazione, se leggendo hai capito che i tuoi dolori a ossa, articolazioni e muscoli potrebbero essere dovuti al fatto che non accetti i tuoi limiti, ti consiglio di riflettere su una cosa. Per stare in salute è importante trovare un equilibrio tra due estremi: il pensiero di essere totalmente limitati e quello di essere, al contrario, senza limiti, onnipotenti.
Per stare in salute è importante trovare un equilibrio tra due estremi
Due facce della stessa medaglia
Tutti abbiamo dei limiti, è un dato di fatto: siamo umani e viviamo sulla Terra, dove siamo soggetti alla forza di gravità, dobbiamo sottostare alla nostra biologia, abbiamo bisogno di respirare, bere, mangiare eccetera. Limiti palesi, che la maggior parte di noi accetta senza troppi problemi. Non possiamo volare senza l’aiuto della tecnologia, la nostra biologia non ce lo consente. Così come non possiamo respirare sott’acqua senza bombola di ossigeno.
Dall’altra parte, abbiamo uno spirito che ha un potenziale enorme, inafferrabile per la nostra mente cosciente. Questo potenziale può essere esplorato e, se scegliamo di farlo, scopriremo uno spazio molto più ampio di azione, un nuovo modo di essere che facilita la vita e il benessere. Non possiamo, però, diventare puro spirito fino a quando abitiamo il nostro corpo.
Un’evoluzione fisica armoniosa
Guardando solo al corpo e alle sue possibilità, c’è comunque un modo per spingere molto più in là i propri limiti, avanzare, crescere. Puoi ampliare il tuo raggio di azione, competenza e padronanza di tecniche e abilità facendo esercizio in modo costante, progressivamente. In questa maniera ti impegnerai, ti sforzerai anche, ma rispettando il corpo così com’è in ogni momento. E il piacere che proverai sarà di gran lunga superiore alla fatica.
Un allenamento adatto e progressivo rinforza competenze e abilità, nel rispetto di un corpo in evoluzione. Ed è sempre possibile “alzare il tiro” man mano che si migliora e il corpo cambia. Facendo piccoli passi, puoi rendere adatta la tua struttura senza creare uno stress tale da scatenare sintomi e problemi quali infiammazioni, rotture, artriti, tendiniti e così via.
Puoi ampliare il tuo raggio di azione facendo esercizio in modo costante
Quando la competizione promuove i dolori a ossa, articolazioni e muscoli
Lo spirito di competizione è terreno fertile per lo sviluppo di dolori a ossa, articolazioni e tendini. La competizione è qualcosa di diffuso nella nostra società e favorito negli sport, ma anche sul lavoro. Dobbiamo affrontare gare, confronti, premi… Esiste però una forma di competizione più subdola, quella che si fa con se stessi per raggiungere un ideale di noi che esiste, spesso, solo nella nostra testa.
Oltre i dolori osteoarticolari
Il mio discorso, partendo dai dolori a ossa, articolazioni eccetera, si allarga a una filosofia di vita. Ti propongo un modo di vivere in grado di sostenere un sano equilibrio dinamico, fisico ma anche emotivo. Sottraendoti a un modello ideale esterno o interno che ti spinge a un confronto spietato e non ti fa mai sentire all’altezza, puoi sentirti libero di sperimentare, con rilassatezza.
Il percorso di vita diventa un’esplorazione del proprio potenziale ricca di curiosità, all’interno della quale ci si confronta con i diversi eventi della vita e si scoprono senza giudizio capacità, incapacità, talenti e limiti. Una strategia di questo genere non mette sotto stress insopportabile la nostra struttura fisica ed emotiva: la mette semplicemente in gioco.
Un modo nuovo e sano di mettersi in gioco
Sappi che è sempre possibile mettersi in gioco con piacere e senza rischiare di sviluppare sintomi. Quando non riesci a capire se stai rischiando di attivare uno stress eccessivo che richiederà una risposta del tuo corpo e che si tradurrà in sintomi tra cui anche dolori a ossa, articolazioni e tendini, prova a farti queste due domande.
- Stai agendo con piacere al massimo del tuo potenziale? Se lo stai facendo di certo non stai soffrendo, e man mano vedrai te stesso crescere nel tuo potenziale e migliorare.
- Ti stai impegnando per raggiungere a tutti i costi una determinata performance indipendentemente dal tuo stato fisico-emotivo reale? Forse proverai uno stato di angoscia latente, perché il messaggio che risuona nella tua testa, molto probabilmente, è un messaggio svalutante. “Non sono adatto in questa situazione”, “Non valgo niente”, “Sarò eliminato dal mio clan”, “Nessuno mi noterà”, “Non mi ama nessuno” eccetera.
Mettersi in gioco con piacere e senza rischiare di sviluppare sintomi è sempre possibile
Come prevenire i sintomi psicofisici
Vuoi fare qualcosa di utile e positivo riguardo ai tuoi limiti? Esercitati, come prima cosa, a riconoscerli e accettarli. Impara a rispettarli. Cosa vuol dire? Prendili in considerazione senza riferirti ad essi in modo negativo, adatta la tua vita e le tue azioni per rispettarli e addirittura (perché no?) onorarli.
Immaginando di essere al centro di un cerchio il cui perimetro è rappresentato dai nostri limiti, c’è un grande spazio dentro a questo cerchio. Puoi passare una vita al confine o fuori dal cerchio distogliendo l’attenzione e perdendo l’opportunità di crescere in modo armonioso, sperimentando il tuo vero potenziale. Ad un pesce non serve arrampicarsi sugli alberi, gli serve saper nuotare e respirare sott’acqua.
Per esempio, conosco una persona che ha avuto durante l’infanzia così tanti problemi di salute che ha potuto fare poca attività fisica. È diventato un bravissimo pittore che trasmette bellezza con i suoi quadri. Quanti altri esempi di questo genere esistono? Di persone che, poiché sono state limitate in un campo, hanno sviluppato talenti in altri settori?
Quando penso a queste situazioni, vedo il limite come una porta che si chiude per indirizzare in un’altra direzione, più adatta alla realizzazione di quel singolo individuo.
Adatta la tua vita e le tue azioni per rispettare e addirittura onorare i tuoi limiti
Dalla svalutazione all’accoglienza
Prima di giudicarti subito come inadatto o comunque sbagliato, ti propongo di fare qualcosa di diverso e utile. Osserva il tuo limite e su un foglio prova a rispondere a queste domande.
- Quale è il vantaggio di questo limite?
- Potrebbe essere utile chiedere aiuto?
- Mi dà veramente gioia l’idea di fare questa cosa che mi è così difficile?
- Come posso fare diversamente (scatenando la mia creatività) per ottenere quello che voglio senza pesare sul corpo perché resisto al limite?
Talvolta un limite c’è perché hai altro da fare, cose più importanti per te e per il mondo. Oppure perché c’è un modo per risolvere un determinato problema o situazione più adatto a te e più efficiente: la tua anima lo sa. Ovviamente non credermi sulla parola, sperimenta e fatti la tua idea.
Mag 8, 2024 | Bioconsapevolezza, Conoscersi
Come nascono i dolori osteoarticolari? Secondo l’approccio convenzionale, le ragioni dietro ai dolori osteoarticolari possono essere diverse. Tra le cause individuate ci sono i traumi fisici, grandi o piccoli, i movimenti sbagliati, i cosiddetti “acciacchi dell’età dovuti all’usura”. In pratica delle ragioni meccaniche. A volte vengono prese in considerazione anche cause infiammatorie come l’artrite, che sarebbe dovuta a reazioni immunologiche.
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Ma se le cause fossero solo meccaniche o immunologiche perché c’è chi ha mal di schiena a livello lombare e non cervicale, quando invece i raggi X mostrano artrosi ai due livelli o addirittura nessun problema strutturale?
In caso di artrite, invece, perché alcuni hanno male alla mano destra e non alla mano sinistra? Al mignolo e non al dito medio? In questo articolo ti voglio proporre un modo complementare di considerare i tuoi dolori osteoarticolari.
Ogni sintomo, infatti, racconta una predisposizione e una modalità di affrontare una determinata situazione. Nel caso dei dolori osteoarticolari, il vissuto emotivo profondo, a volte inconscio, è legato a un senso di inadeguatezza. Il messaggio sotteso, cioè, può essere “la mia struttura non è adatta”, “non ce la faccio”, “non sono capace”. In sintesi, si vive un senso di svalutazione.
La svalutazione nel senso biologico
In biologia, quando si parla di svalutazione, non si intende una svalutazione di tipo psicologico. Spesso non ci si rende conto del vissuto emotivo, e questo è un dato di fatto comune a moltissime persone. Per comprendere meglio quello di cui stiamo parlando, cioè quale sia il vissuto biologico, è più facile pensare agli animali.
Spesso non ci si rende conto del vissuto emotivo, e questo è un dato di fatto comune a moltissime persone
L’animale è “più semplice”, o meglio più biologico e concreto, perché vive la realtà. Non ha le ansie e le paure tipiche dell’essere umano riguardo a situazioni astratte, future, virtuali, immaginarie. Non vive, cioè, quegli stati d’animo che portano confusione e sono legati più alla cultura, al proprio ego e a un dialogo interiore non sano.
L’esempio dell’animale ci aiuta a comprendere davvero
Per comprendere l’aspettò biologico e capire come nascono i dolori osteoarticolari dobbiamo mettere da parte le sovrastrutture legate a ego e aspetti mentali per tornare a pensarci e considerarci come mammiferi, animali con dei bisogni fondamentali. Un animale che vive un momento di svalutazione è, per esempio, un animale che non riesce a scappare o a correre abbastanza velocemente per sfuggire ai predatori o restare insieme al suo branco, perché non ha la potenza muscolare adatta. Un cane che non riesce a saltare al di là di una recinzione perché questa è troppo alta.
Non stiamo parlando di un blocco psicologico e mentale, un messaggio tipo “non valgo”, “la mia vita non ha senso”, “non merito di essere felice”. È qualcosa di profondamente diverso.
Il corpo agisce in tuo aiuto
Quando si vive un senso di inadeguatezza relativo alla propria struttura fisica, il corpo comprende che è necessario un cambiamento e di conseguenza si attiva per cambiare di fatto, concretamente, e diventare più adatto. A seconda della struttura “chiamata in causa” le necessità di modifica e potenziamento possono essere diverse e riguardare ossa, legamenti, tendini, articolazioni, muscoli: il corpo crea una risposta diversa, su misura.
Un dettaglio importante che bisogna sempre tenere in considerazione è che, durante il momento di stress che identifichiamo con la fase di “azione e modifica”, il corpo non esprime sintomi di alcun tipo.
Il corpo comprende che è necessario un cambiamento e si attiva per cambiare di fatto, concretamente, e diventare più adatto
I dolori articolari arrivano dopo. Quando si supera la situazione stressante che ha innescato il bisogno di cambiare e l’intervento del corpo, allora si attivano infiammazione e dolore, che noi comunemente mettiamo (quando riguardano ossa, muscoli e tendini) sotto il cappello dei “dolori osteoarticolari”.
Facciamo degli esempi che ci riguardano da vicino
Un esempio molto concreto che non riguarda gli animali ma noi esseri umani, potrebbe essere quello di una persona che sta portando delle borse molto pesanti. Il peso è troppo ma ci prova e ce la fa lo stesso. Il pensiero biologico sotteso a questo evento sarà “la mia struttura fisica non è adatta a portare queste borse”. Nei fatti, la persona farà fatica fisicamente, senza per forza avere pensieri consci. In un secondo momento, però, accuserà dei dolori.
Facciamo un altro esempio. Quando non riesci ad aprire il barattolo della marmellata e si tratta magari di un evento ripetuto, che accade ogni mattina, il tuo corpo vive quotidianamente una svalutazione biologica. La tua struttura non è adatta per compiere quell’azione e poiché la situazione continua a ripetersi è possibile che tu viva un dolore cronico.
Dolori articolari specifici di tipo localizzato
A seconda della localizzazione del dolore o dell’infiammazione, è possibile capire per quale tipo di azione, movimento o gesto il corpo vive lo stress di non farcela, di non essere adatto.
Il pensiero biologico del corpo (non della mente!) è di questo tipo: non ce la faccio a trattenere, sostenere, avanzare, afferrare, allontanare, respingere, cucire con precisione e così via.
Il pensiero biologico è del corpo, non della mente
La buona domanda per ridurre i dolori osteoarticolari
Un modo per iniziare a indagare in autonomia la radice del proprio disagio è farsi questa semplice domanda: “quale è il movimento che non riesco a fare a causa del dolore?”. Una volta individuato questo movimento, potremmo osservare in quale situazione sarebbe utile compierlo, o in quale situazione cerchiamo di farlo senza ottenere un risultato soddisfacente.
L’esempio della spalla destra per un destrimano
Se il movimento che ti provoca dolore è quello di portare avanti il tuo braccio destro, prova a indagare in quali situazioni fatichi ad abbracciare, cioè a portare verso di te. Se al contrario senti male quando porti il gomito indietro, verso la schiena, cerca di capire se vivi una situazione in cui non riesci ad allontanare una persona che “ti sta addosso”.
Il lato destro, per un destrimano, è legato al padre, al partner oppure ai fratelli e sorelle.
Il lato sinistro, sempre per un destrimano, è legato alla madre e ai figli.
Il dolore potrebbe anche interessare un qualunque altro movimento. Ogni volta è importante osservare a cosa serve il movimento e cercare di capire a cosa potrebbe essere collegato.
Ogni volta è importante osservare a cosa serve il movimento e cercare di capire a cosa potrebbe essere collegato
Come nascono i dolori osteoarticolari alle cervicali
Quando si hanno dolori alle cervicali, consiglio di analizzare con attenzione il tipo di dolore. Si fa fatica a girare la testa a destra, a sinistra, ad abbassare la testa, oppure ad alzarla? Ogni movimento è legato e ci orienta ad analizzare un’azione specifica: il mio torcicollo mi impedisce di girare la testa a destra e a sinistra? Provo a chiedermi qual è stata la situazione stressante in cui era in gioco un “no” che volevo dire e che non sono riuscito a pronunciare, oppure che sono stato obbligato a dire.
Qual è invece la situazione in cui non devi guardare a destra e sinistra per non distrarti, perché è molto importante che focalizzi la tua attenzione su quello che hai davanti?
Non riesci ad abbassare la testa? Qual è la situazione stressante in cui vivi una sorta di sottomissione che ti fa stare male?
Il dolore che provoca dolore
Quando finalmente si supera la situazione stressante legata al movimento che non si poteva/doveva/riusciva a fare, il corpo si rilassa e sviluppa uno stato di infiammazione che si esprime (anche) attraverso il dolore.
Il dolore ha un suo senso e un significato profondo: il corpo ti “chiede” con gli strumenti che ha, di far riposare la zona osteoarticolare che ha attraversato il cambiamento, per permettere che recuperi al meglio le sue funzioni e ripristini un completo stato di benessere.
Il corpo chiede con gli strumenti che ha di far riposare la zona osteoarticolare
Il dolore limita nell’azione e ora hai capito che è un bene. Però, se non conosciamo questo vantaggio biologico e viviamo la situazione solo come un impedimento di tipo negativo, si concretizza il rischio di riattivare lo stress legato alla svalutazione biologica iniziale. Non riesco a fare il gesto a causa del dolore; quindi, il corpo si riattiva di nuovo per poi rilassarsi, di conseguenza si scateneranno l’infiammazione e il dolore e così via. In un continuo circolo vizioso di infiammazione.
In questi casi, la conoscenza che sto condividendo serve proprio a non preoccuparsi quando si presenta un dolore osteoarticolare e a lasciare che il corpo possa riposare quando serve. Possiamo farci aiutare dai farmaci per ridurre il dolore e l’infiammazione, rispettando però la necessità di quella parte di noi di non muoversi o muoversi molto poco, per il tempo che serve a ripristinarsi completamente.
Feb 11, 2022 | Bioconsapevolezza, Peso forma
Sei in cerca di un aiuto per dimagrire più facilmente? Innanzitutto sono importanti gli obiettivi che ti dai quando vuoi dimagrire, tanto quanto il metodo che sceglierai di seguire. In questo articolo voglio darti gli strumenti per definire degli obiettivi adatti a te, che costituiscono concretamente un aiuto per dimagrire più facilmente, senza stress, cioè in serenità.
Impara come darti degli obiettivi che aiutano a dimagrire più facilmente
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Se conosci il mio blog o hai seguito uno dei miei laboratori, sai già che quando si parla di sovrappeso propongo un metodo di dimagrimento che non prevede diete. Come racconto nel libro Conquista per sempre il tuo peso forma, se hai dei chili in più di cui non riesci a liberarti significa che dentro di te è in atto un conflitto: una parte vuole dimagrire mentre l’altra vuole restare in sovrappeso. Ecco perché da anni sono impegnata ad aiutare le persone a individuare le ragioni inconsce, psicologiche e biologiche, che spingono a opporsi al dimagrimento. Attenzione, si tratta di ragioni personali, che possono essere anche molto diverse da persona a persona.
Qualunque metodo per raggiungere il peso forma tu scelga di seguire, in ogni caso, che preveda una dieta oppure no, va sostenuto da obiettivi chiari e ben definiti. Cosa che vale per qualunque altro traguardo nella vita.
Perché dico questo? La ragione principale per cui le persone non ottengono ciò che vogliono, è una sola: non sanno davvero quello che desiderano. Se ci pensi scoprirai che capita spesso anche a te. Scommetto che sai molto bene quello che non vuoi, mentre forse hai le idee confuse riguardo a quello che vuoi. Cosa che nel caso specifico del sovrappeso, ti impedisce di trovare aiuto per dimagrire più facilmente.
Il mio metodo di dimagrimento non prevede diete
La metafora del navigatore
Facciamo un paragone in cui tutti possono facilmente immedesimarsi. Immagina di essere al volante di una macchina veloce e comoda che può portarti ovunque. L’auto ha un motore potente, il serbatoio è pieno e il GPS funziona benissimo. Non resta che inserire la destinazione. Stai per digitare qualcosa, ma ti viene in mente solo il fatto che non vuoi andare a Roma… Senza una direzione precisa, purtroppo, non puoi muoverti neppure di un millimetro. Il GPS non conosce la negazione. E, forse questo ti sorprenderà: neppure il tuo inconscio conosce la negazione.
Quando dici a te stesso semplicemente non voglio più essere in sovrappeso, il tuo cervello si concentrerà sui chili di troppo. Poiché l’inconscio non conosce la negazione lavorerà per mantenere i chili di troppo, su cui hai concentrato la sua attenzione, anziché per lasciarli andare. È come se stessi dicendo al navigatore di andare a Roma anche se è l’unico posto che non vuoi proprio raggiungere.
L’inconscio non conosce la negazione, ecco perché è importante cambiare modo di darsi degli obiettivi
Superare la negazione
Fermati e prenditi il tempo per riflettere. Cosa desideri davvero quando parliamo di peso corporeo? Prendi un foglio e scrivi nero su bianco il tuo desiderio. Mi raccomando, ogni frase deve essere espressa in modo positivo. Se ci sono cose che non vuoi, non pensarle e non nominarle nemmeno. Altrimenti ti allontanerai dai tuoi obiettivi anziché avvicinarti. Concentrati sull’alternativa che è di tuo interesse.
Come ho sottolineato attraverso la metafora del navigatore, devi essere il più preciso possibile per trovare in te stesso un aiuto per dimagrire più facilmente. Quando vuoi raggiungere una destinazione, di solito, sei abituato a inserire non solo la città ma anche la via e il numero civico: ti invito a fare altrettanto.
Se ci sono cose che non vuoi, non pensarle e non nominarle nemmeno
Esempi concreti
Per permetterti di trovare aiuto per dimagrire più facilmente vorrei analizzare con te alcuni dei desideri che, spesso, i miei pazienti esprimono quando vogliono raggiungere il loro peso forma.
La frase che mi sento dire più spesso è: voglio perdere tot chili. Ma come ho sottolineato in più occasioni sulle pagine di questo blog, perdere è un verbo che ha una accezione negativa. Quando perdi qualcosa di solito non sei felice, ma piuttosto triste o arrabbiato. Perdiamo un’occasione, le chiavi di casa, il telefono o peggio ancora una persona cara.
La parola perdere richiama al nostro inconscio un senso di vuoto, fa pensare che c’è qualcosa che ci manca e che vorremmo ritrovare. Ecco allora che i chili di troppo, se pensi al fatto che li vuoi perdere, ti si attaccheranno addosso con ancora più forza! Questa è una delle ragioni per cui molti, dopo una dieta, si ritrovano a lottare con l’effetto yo-yo e recuperano tutti i chili persi e anche di più.
Hai un mondo di alternative a disposizione
Piuttosto che voglio perdere peso prova a pensare voglio sbarazzarmi dei chili di troppo. Nessuno sente la mancanza di ciò di cui si vuole sbarazzare. Dovresti però anche scendere nel dettaglio, quindi potresti pensare, ad esempio, voglio sbarazzarmi di 10 chili. Ma puoi anche concentrarti su qualcosa che ti dia un’idea di maggiore leggerezza, ad esempio voglio liberarmi di 5 chili. Sei alla ricerca di un obiettivo più neutrale? Puoi optare per voglio dimagrire 7 chili o ancora voglio pesare 52 chili, voglio portare la taglia 42 e così via.
Desiderare di essere magri o snelli non è sufficiente, perché quello che significa magro per me può essere diverso da quello che significa magro per te. Non solo. Nell’ottica di imparare a chiedere e ricevere aiuto, è fondamentale, quando si fa una richiesta a se stessi e all’Universo, essere chiari.
Desiderare di essere magri non basta, è importante imparare a chiedere e ricevere aiuto
Desideri dettagliati
Il risultato che vuoi ottenere rientra tra quelli che sono misurabili. Quando ti sarai sbarazzato dei dieci chili di troppo (ad esempio) entrerai nel vecchio paio di pantaloni che ti piace tanto e che ora non ti sta più. Tutti vedranno che sei più snello. Se è questo l’obiettivo, devi chiederlo con esattezza. Persino voglio dimagrire di 10 chili potrebbe essere una formulazione poco precisa.
Immagina di esprimere il tuo desiderio a un genio della lampada. Se non sei preciso, quei dieci chili potresti perderli a causa di una malattia che ti toglie l’appetito, oppure potresti vederli sparire solo da alcune parti del tuo corpo, mentre il tuo obiettivo è quello di dimagrire in modo armonioso. O ancora potresti “perderli” in 10 anni (un tempo troppo lungo) o in 10 giorni (un tempo troppo breve, temo, per essere una mossa sana).
Esprimi il tuo desiderio specificando in quanto tempo vorresti sbarazzarti dei chili che non vuoi. Oppure definisci in quanto tempo vorresti raggiungere la taglia ideale per te. Ma meglio aggiungere che vuoi farlo in modo sereno, armonioso e in piena salute. Questo è uno dei “segreti” per trovare aiuto per dimagrire più facilmente.
Un’ultima cosa. È importante avere dei desideri, ma non aspettare di realizzarli per essere felice. Tante persone rimandano la loro felicità al futuro. Pensano che saranno felici una volta cresciuti, fidanzati, laureati, quando saranno genitori, nonni, una volta raggiunta la pensione e così via. Personalmente ti invito caldamente a fare diversamente.
Non aspettare le condizioni ideali per essere felice. Inizia subito ad agire e farti del bene. Parti da quello che sei oggi. È più che abbastanza. Puoi decisamente essere felice prima di aver raggiunto il tuo peso forma.