Nov 12, 2021 | Conoscersi, Peso forma
Gli automatismi che spingono a mangiare troppo esistono davvero, non si tratta di una fantomatica scusa messa in campo da chi fa fatica a dimagrire. Nel percorso verso il peso forma esistono tutta una serie di ostacoli che possono metterti i bastoni tra le ruote e rendere difficile il raggiungimento dell’obiettivo.
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Ti capita di mangiare quando hai freddo, quando studi, oppure se sei stanco o agitato? Forse anche tu sei in qualche modo manipolato da alcuni trigger, interruttori che fanno scattare in te azioni automatiche che nulla hanno a che vedere con un bisogno reale.
Chiariamo subito una cosa. Superare gli automatismi che spingono a mangiare troppo non è la soluzione definitiva per sbarazzarsi dei chili di troppo in modo naturale e senza diete, ma fa parte di una delle molte azioni che puoi mettere in campo per preparare il terreno al dimagrimento. Se invece sei interessato a lavorare subito alla radice, ti consiglio la lettura del mio libro o la partecipazione ai miei laboratori Peso Forma.
Una potente spinta positiva
Anche se superare gli automatismi che spingono a mangiare troppo non è la principale strategia per dimagrire, si tratta comunque di un aiuto molto significativo, diciamo pure che è un vero e proprio potenziamento. Con la parola potenziamento in questo caso intendo qualcosa in grado di favorire e sostenere l’espressione della competenza del tuo corpo, che ha in sé tutte le capacità necessarie a raggiungere e mantenere il peso forma in modo naturale e spontaneo.
Cosa sono i trigger
Un comportamento che viene ripetuto in modo conscio, razionale e controllato diventa un’abitudine. Quando è instaurata l’abitudine, basta uno stimolo, sempre lo stesso, per innescare una reazione automatica. Si tratta di un meccanismo intelligente legato al funzionamento del nostro cervello. Gli automatismi rendono alcuni processi veloci ed efficaci (oltre che inconsapevoli).
Gli automatismi rendono alcuni processi veloci, efficaci e inconsapevoli
Lo stimolo, come ho già accennato, funziona da trigger, ovvero da interruttore che innesca la reazione. Perché un sistema del genere è benefico (generalmente) per il corpo e per la mente? Fa risparmiare tempo e risorse mentali.
In termini evolutivi, il binomio trigger-reazione protegge e aiuta. Ad esempio a mettersi in salvo quando siamo in pericolo. Alcuni automatismi, però, diventano d’intralcio e ci fanno agire in modo controproducente quando vogliamo attuare un cambiamento.
Conosci te stesso
Come ben sai se segui i miei interventi da tempo, conosci te stesso è uno dei consigli fondamentali che do sempre e che potrei ribadire all’infinito. In questo caso, riconoscere e capire i tuoi processi mentali è importante per poter scegliere se contrastarli, quando sono dannosi, o assecondarli, quando sono utili.
Riconoscere e capire i tuoi processi mentali è importante per poter scegliere se contrastarli
Nella mia esperienza di terapeuta ho toccato con mano l’importanza di riconoscere e superare gli automatismi che spingono a mangiare troppo, indipendentemente dal bisogno reale.
A caccia di automatismi
Per scoprire se metti in atto degli automatismi legati al cibo prova ad analizzare le tue abitudini. Quanto spesso continui a mangiare dopo che il corpo ti ha inviato un segnale di sazietà? Ti capita di mangiare anche se non sei affamato?
Mangiare quando non c’è alcuna richiesta fisica è il primo indizio che ci sono degli automatismi in atto. Per raggiungere il peso forma è molto importante recuperare la capacità di mangiare solo quando il corpo lo richiede, imparando di nuovo a riconoscere i messaggi che il tuo organismo ti invia.
Ti capita di mangiare anche se non sei affamato?
L’esercizio della settimana
Prenditi una settimana per osservare te stesso e tutti i tuoi comportamenti legati al cibo. Ogni volta che mangi anche se non hai fame, scrivi su un foglio qual è la situazione in cui lo fai. Magari sei da solo in casa, oppure al contrario sei in compagnia di colleghi o amici che stanno mangiando, o ancora stai lavorando o studiando.
Accanto a una breve descrizione della situazione che accende gli automatismi che spingono proprio te a mangiare troppo, scrivi anche le emozioni connesse a quel momento. Per aiutarti a identificarle puoi scegliere tra queste:
- Noia
- Rabbia o nervosismo
- Tristezza
- Ansia
- Insicurezza
- Gioia
- Smarrimento
- Eccitazione
- Solitudine
- Insoddisfazione
L’elenco non è esaustivo, potresti provare anche altre emozioni. Ascoltati e scrivi di cosa si tratta.
Pensi che il tuo trigger sia invece più spesso uno stato fisico? Prova capire se si tratta di una sensazione di freddo, caldo, sete, stanchezza e così via.
Il trigger può anche essere un semplice stato fisico
C’è sempre una risposta migliore
Quando hai preso atto che mangi anche se non hai fame, valuta la situazione per comprendere a quale bisogno reale cerchi di rispondere e trova un sistema migliore per soddisfare le tue esigenze. Chiediti: come posso rispondere meglio al mio bisogno reale? I bisogni possono essere molti. Per ciascuno, elenca su un foglio almeno due risposte alternative al mangiare. La buona notizia è che puoi cambiare l’abitudine che ti porta a soddisfare il tuo bisogno col cibo, sostituendola con una più sana e adeguata.
Gli esseri umani sono creature abitudinarie
Anche tu come tutti sei abitudinario, e questo è un bene nel momento in cui impari a conoscerti. Il cibo è uno strumento comodo e soddisfacente per compensare i disagi, spegnere le frustrazioni (momentaneamente) o creare connessioni nelle situazioni sociali. Siamo fortunati, perché (di solito) viviamo una situazione in cui c’è cibo in abbondanza. Possiamo trovare qualcosa da mettere sotto i denti dovunque ci troviamo e quasi a qualunque ora.
Ma ora sei diventato più consapevole del fatto che mangi anche se non hai fame e sai che questo ti allontana dal tuo obiettivo di raggiungere il peso forma. Ti invito a usare tutta la creatività di cui sei capace per rispondere in modo più consono ai tuoi bisogni senza impattare sulla bilancia.
La vita ti offre mille modi per farlo…
Esempi di risposte alternative ai bisogni
Mangi se hai freddo? Ti serve calore: copriti meglio. Prenditi il tempo per avvolgerti in una coperta calda e accogliente, oppure bevi una bevanda calda rigenerante. Sei annoiato e sgranocchi qualcosa? Fai qualcosa di stimolante. Ad esempio una telefonata a un amico, una coccola al tuo animale domestico. Puoi anche ascoltare un breve podcast, meditare eccetera.
Il cibo ti serve per superare i momenti di tristezza? Cerca altre fonti di sostegno: l’abbraccio di una persona cara, per esempio. Magari puoi anche andare a passeggiare nella natura e respirare profondamente.
Il cibo ti serve per superare i momenti di tristezza? Cerca altre fonti di sostegno
Trova strategie che ti rispettino e siano giuste per te e non dimenticare di scriverle tutte su un foglio. È un gesto di amore nei tuoi confronti.
L’abitudine buona
Così come può capitare di essere schiavi di abitudini “sbagliate”, al contrario è possibile incentivare una o più abitudini positive. Se ad esempio smetti di mangiare perché sono arrivate le 13, ma apri il frigo solo quando hai davvero fame, puoi rieducare il tuo cervello a percepire il reale stimolo della fame. Se impari a dire di no quando gli amici ti spingono a mangiare qualcosa, potrai stare in compagnia con altri che mangiano senza per forza mettere qualcosa sotto i denti.
Mangiare di fronte a un programma televisivo ti porta ad abbuffarti? Spegni il televisore durante i pasti e concentrati su quello che c’è nel piatto. Sei libero di farti questo grande regalo: scegli l’alternativa al trigger così da liberarti dell’automatismo.
Puoi uscire dagli schemi che ti impediscono di avvicinarti al peso forma e adottare uno stile di vita che risponda ai tuoi veri bisogni. Se riesci a ripetere un comportamento virtuoso in modo consapevole per almeno 21 giorni di fila quello che all’inizio richiede fatica e impegno diventerà una semplice abitudine. Ti invito a provare. Scoprirai che adottare uno stile di vita che risponda ai tuoi bisogni reali è possibile e molto soddisfacente!
Apr 2, 2021 | Conoscersi, Consigli pratici
I conflitti irrisolti portano a un continuo stato di tensione fisica e psicologica che può peggiorare la qualità della tua vita e minare pesantemente il tuo stato di salute. Si tratta di una situazione che vale per qualunque tipo di conflitto, dai più grandi ai più piccoli. Quindi non sto parlando solamente dei conflitti più gravi e generalizzati, come quelli che portano un popolo a ribellarsi contro un tiranno o uno Stato a combatterne un altro. Anche i conflitti di tutti i giorni sono potenzialmente dannosi.
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La buona notizia è che puoi imparare a risolverli partendo dallo stesso modus operandi, quello della trasformazione dei conflitti. Prima di scoprire come si trasformano e si superano i conflitti, però, è necessario comprendere come nascono.
All’origine dei conflitti
Perché nasce un conflitto? Per rispondere a questa domanda voglio attingere alle conoscenze del sociologo norvegese Johan Galtung, grande studioso della pace. Da più di 50 anni Galtung svolge l’attività di mediazione per la trasformazione dei conflitti sia in ambito domestico sia in quello internazionale. Nel momento in cui un bisogno essenziale dell’essere umano non viene rispettato o viene anche solo minacciato si genera un conflitto, che può portare alla violenza.
Quando si parla di violenza, non si intende solo la violenza fisica e intenzionale, tecnicamente definita violenza diretta. Si include anche la violenza indiretta, più subdola, soggetto di grande attenzione da parte di chiunque sia impegnato nella costruzione della pace.
Riassumendo, secondo Johan Galtung la violenza nasce da conflitti irrisolti mentre il conflitto a sua volta è generato dal fatto che qualcuno non rispetta o minaccia un nostro Bisogno Essenziale.
Il conflitto nasce dalla minaccia a un bisogno essenziale
Quali sono i Bisogni Essenziali dell’uomo
L’ampia esperienza di Galtung in ambito internazionale e non solo, gli ha permesso di scoprire e formalizzare quattro Bisogni Essenziali universali.
- Sopravvivenza. I bisogni connessi alla sopravvivenza sono indispensabili alla conservazione della vita: accesso a ossigeno, acqua potabile, cibo, a un riparo dalle intemperie, a una situazione di sicurezza per la propria integrità fisica, eccetera. Si parla quindi di quantità della vita. Questo bisogno è minacciato in modo evidente in caso di guerra, di siccità e di carestia, per esempio. Ma qualcuno potrebbe sentire la propria vita minacciata nel momento in cui perde il lavoro e il sostentamento economico. Oppure in caso di malattia.
- Benessere. Con il termine generico benessere si identifica lo stare bene a livello fisico, psicologico, emotivo e sociale. Il fatto di poter aspirare a una buona qualità della vita. Si raggiunge il benessere quando si hanno a disposizione buon cibo, aria pulita, relazioni sociali soddisfacenti, ci si realizza a livello personale e professionale, si rispettano i propri ritmi e così via.
- Identità. Anche il rispetto della propria identità etnica, di genere, culturale e sociale è un bisogno essenziale. Ciascuno di noi ha il diritto di vedere riconosciuta la propria individualità e originalità. Parliamo del diritto ad avere ed esprimere i propri valori e convinzioni. Si fa cioè riferimento alla dignità di ogni colore di pelle, di ogni convinzione religiosa, di ogni identità sessuale, di ogni aspirazione personale o professionale eccetera.
- Libertà. Il rispetto delle scelte individuali deve essere garantito per mantenere la pace. A patto che la libertà del singolo non impedisca quella di altri esseri umani. Parliamo di libertà di movimento, espressione, cura eccetera.
Dall’alternativa “o-o” all’integrazione “e-e”
La necessità che i Bisogni Essenziali dell’individuo siano rispettati motiva le richieste che ciascuno fa per vederli soddisfatti. Ignorare questi bisogni o calpestarli è alla base dei conflitti e dell’eventuale violenza che ne consegue.
Se i Bisogni Essenziali di tutte le persone all’interno di una relazione non sono rispettati il conflitto è inevitabile. E lo stesso vale per le relazioni tra due soli individui.
Quando nessuno interviene mettendo in campo gli strumenti utili alla trasformazione del conflitto, ci si trova in una situazione dove esistono solo due possibilità. O vinco io, o vinci tu. O sono io ad avere ragione e vincere oppure l’altro. Nella maggior parte dei casi, però, questo modello di (non) gestione dei conflitti non porta a nessuna conclusione.
Pensare che una delle parti debba per forza aver ragione non porta alla soluzione del conflitto
La gestione e trasformazione dei conflitti consente di transitare da un’alternativa in cui c’è opposizione (“o-o”) a un’altra in cui c’è integrazione (“e-e”).
I conflitti generano conflitti
Nei casi in cui c’è opposizione (“o-o”) il risultato è una “non soluzione”, che prevede un vincente e un perdente. Il primo apparentemente soddisfatto, il secondo frustrato.
L’antropologa belga Pat Patfoort, esperta di trasformazione di conflitti, ha individuato tre conseguenze che nascono da questo modello vincente/perdente.
- Escalation. Uno dei due gruppi o individui subisce una pressione e si difende attaccando, mentre l’altro viene spinto a difendersi e attaccare poi a sua volta. La difesa che ne consegue porta a un altro attacco/provocazione e così via. Ognuno accresce l’intensità del proprio attacco cercando di prendere il sopravvento sull’altro. Una modalità d’azione che provoca un aumento progressivo dell’intensità del conflitto. Il tutto può sbocciare nella violenza fisica diretta.
- Catena di violenze. Quando una delle due parti in lotta non riesce ad assumere (temporaneamente) una posizione di maggiore forza nei confronti dell’aggressore l’attenzione si rivolge altrove… Chi subisce l’abuso diventa a sua volta abusante nei confronti di un terzo. Ad esempio: lo Stato su un imprenditore, l’imprenditore su un dipendente, il dipendente su sua moglie, la moglie sul figlio, il figlio sul gatto. S’innesca appunto una catena e la violenza si propaga. Per riassumere, poiché una delle due parti in causa è decisamente troppo dominante (o Maggiore, come da definizione di Patfoort) il dominato (o minore) scarica la propria frustrazione sulla persona minore rispetto a sé.
- Interiorizzazione. Talvolta chi è in posizione di svantaggio è talmente soggiogato da non riuscire nemmeno ad attaccare un altro e a quel punto danneggia se stesso. Come? Tramite autosvalutazione, autolesionismo, suicidio eccetera.
In tutte queste situazioni vincente e perdente vivono sentimenti di rabbia, frustrazione, odio, colpa e cattiva coscienza. Se questi non vengono esternati e o incanalati adeguatamente, le persone coinvolte danneggiano sé o gli altri e la loro salute ne risente pesantemente.
Vincente e perdente vivono sentimenti di rabbia, frustrazione e odio
Qual è la soluzione?
Fortunatamente esistono più soluzioni che possono essere impiegate per la gestione di questi conflitti. Tutte partono dal modello dell’Equivalenza di Pat Patfoort. La relazione tra due soggetti A e B è sana quando ognuno riconosce l’altro come equivalente, cioè riconosce il valore dell’altro come pari. Nessuno di conseguenza ha bisogno di prendere il sopravvento sull’altro.
Per avviarsi verso la trasformazione del conflitto è importante non fermarsi alle richieste espresse in modo conscio delle parti in gioco. Un passaggio importante infatti è quello di indagare i Fondamenti alla base delle richieste. Perché ciascuno porta avanti quel determinato desiderio e volontà? Cosa pensa di ottenere di positivo soddisfacendo le proprie richieste?
Chi è coinvolto nel conflitto può così entrare in un processo che rivela le ragioni di entrambi, riconoscendole e rispettandole tanto quanto le proprie. Si procede poi per gradi, fino ad arrivare alla soluzione.
La relazione tra due soggetti è sana quando ognuno riconosce l’altro come equivalente
I conflitti nel quotidiano
Quando il soggetto A vuole qualcosa di apparentemente incompatibile con la volontà del soggetto B, ad esempio il primo vuole andare al mare, il secondo in montagna, si può creare tensione. La maggioranza delle persone è abituata a lottare perché vengano rispettati i propri desideri. Quando le cose stanno così è inevitabile che ci sia un vincente e un perdente. Uno dei due soddisferà la propria volontà mentre l’altro la dovrà sacrificare, rinunciando a far valere i propri bisogni.
Talvolta non c’è nessuna lotta: una delle persone in causa semplicemente si adegua immediatamente al desiderio dell’altro e, ad esempio, lo segue al mare.
Di fatto, però, una situazione come questa crea spesso, in chi ha ceduto, un senso di sacrificio più o meno rilevante. Sedimenta nella mente dei due interessati una specie di lista con debiti e crediti. Chi si è sottomesso pensa: “ok, per questa volta hai vinto, la prossima dovrai adeguarti tu alla mia volontà”.
Trasformare concretamente un conflitto
Abbinando l’esperienza di Galtung e Patfoort si integrano i Bisogni Essenziali, il concetto di Equivalenza e la conoscenza dei Fondamenti. Sfruttando questa integrazione possiamo creare una realtà in cui le persone collaborano per trovare un accordo, una soluzione win-win, grazie alla quale tutti vincono. I soggetti prima coinvolti nel conflitto si rilassano perché i loro Bisogni Essenziali vengono soddisfatti al 100 %. I Fondamenti dei loro desideri sono stati ascoltati e insieme si è cercata la migliore soluzione per rispettare tutte le parti in gioco.
Il percorso di trasformazione dei conflitti si articola in quattro passaggi.
Il percorso di trasformazione dei conflitti si articola in quattro tappe
Primo passaggio: Equivalenza
Mettiti nella condizione di considerare ogni persona coinvolta nella situazione di conflitto come Equivalente. Avete tutti uguale diritto di essere rispettati e felici. È legittimo per ognuno vedere soddisfatti i propri desideri e Bisogni Essenziali.
Questa tappa non è un’azione vera e propria ma uno stato d’essere fondamentale che condizionerà le tue azioni e permetterà di trasformare il conflitto con successo.
Tutti hanno lo stesso diritto di essere rispettati e felici
Secondo passaggio: conoscere se stessi
Prova a capire qual è il Bisogno Essenziale che non viene rispettato nella situazione che ti crea tensione. Perché provi, ad esempio, il desiderio di andare al mare? Cosa ti aspetti di ottenere dalla tua vacanza al mare? La ragione per cui vuoi qualcosa costituisce le Fondamenta del tuo desiderio.
Magari pensi che andando al mare il contatto con l’acqua e il sole ti rigenererà. Hai voglia di riposo dopo mesi di sovraffaticamento lavorativo. Solo così nutrirai davvero il tuo bisogno di benessere. L’idea della montagna non ti attira affatto, perché hai proprio necessità del contatto con l’acqua e di sdraiarti al sole.
Ascolta i tuoi desideri e quello che è importante per te
Terzo passaggio: comunicazione
Impegnati a comunicare i tuoi desideri alle altre persone coinvolte nel conflitto e spiega cosa è importante per te. È fondamentale conoscere te stesso e saper riconoscere i tuoi bisogni.
Poi, ascolta i desideri dell’altro e quello che è importante per l’altro. Cercando di comprendere insieme quali sono i Fondamenti del suo desiderio di andare in montagna. E quali sono i Bisogni Essenziali che l’altro pensa non vengano rispettati se rinuncerà a farlo.
L’altra persona, per esempio, immagina che la vacanza in montagna gli porterà tranquillità e pace. Vuole camminare nella Natura respirando aria pulita. Per contro immagina il mare e le spiagge affollate da turisti.
Ascolta i desideri dell’altro e quello che è importante per l’altro
Quarto passaggio: creatività
Collabora in modo creativo, empatico ed equo alla ricerca di una soluzione win-win. Una soluzione che rispetti i Fondamenti e i Bisogni Essenziali di ogni persona coinvolta nel conflitto.
Nell’esempio del mare o della montagna, una meta come la Sardegna, la Corsica o la Liguria potrebbe essere vincente, perché offre entrambi i paesaggi. Oppure potrebbe essere una soluzione scegliere di raggiungere spiagge incontaminate, includendo nella vacanza sia bagni sia passeggiate su un sentiero costiero. Si potrebbe anche optare per un viaggio in montagna, programmando soste e bagni al lago. E niente impedisce di valutare la prenotazione di qualche ora in una Spa, con l’obiettivo di rigenerarsi ulteriormente.
La soluzione è di tipo win-win quando ognuno si sente rispettato nei propri Bisogni Essenziali di sopravvivenza, benessere, identità e libertà e i Fondamenti all’origine della richiesta sono stati accolti e raggiunti al meglio.
Collabora in modo creativo, empatico ed equo alla ricerca di una soluzione win-win
Rispetto e gratitudine al posto di rabbia e frustrazione
Applicare queste conoscenze alla tua vita quotidiana è un contributo importante per la tua pace interiore ma anche per la pace nel mondo.
La trasformazione dei conflitti genera situazioni caratterizzate da rispetto reciproco, gratitudine e serenità. La relazione è dinamica e le persone prima coinvolte nel conflitto sperimentano una pace positiva, cioè una realtà in cui possono osare di essere se stesse. Possono così ambire a rispettarsi e farsi rispettare senza paura che nasca un conflitto. Perché sanno che se anche un conflitto dovesse nascere hanno comunque i mezzi per trasformare la situazione, sempre. Si garantisce così maggiore vitalità e auto-realizzazione per tutti.