Gen 2, 2024 | Bioconsapevolezza, Conoscersi
Gestire le emozioni non significa reprimerle e neppure modificarle. Troppo spesso, le emozioni ci fanno paura perché crediamo che, se ci lasciassimo invadere da esse, ne rimarremmo schiacciati, disintegrati, in qualche modo sconfitti. È infatti diffusa l’erronea convinzione, forse anche tu la pensi così, che nel momento in cui accettiamo di sentire alcune emozioni queste ci abiteranno per sempre. Molte persone hanno paura di precipitare in un abisso senza fondo dal quale sarebbe impossibile uscire.
Ecco che diventa ovvio, partendo da queste convinzioni, il desiderio di gestire le emozioni nel senso di domarle, cancellarle, soffocarle.
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In questo blog ho già raccontato che il mio punto di vista sul tema è molto diverso. Anzi, potrei dire che è diametralmente opposto. Esprimere le emozioni è molto importante e oggi voglio raccontarti di un passaggio aggiuntivo essenziale per gestire le emozioni in modo nuovo. Il mio intento è aiutarti ad abbracciare anche le emozioni più potenti, con l’obiettivo di evitare che si accumulino. Evitare questo accumulo emotivo fa parte, per me e secondo il mio approccio terapeutico, della vera prevenzione delle malattie.
Vediamo allora come puoi fare perché le emozioni non rimangano troppo a lungo attive nel tuo organismo.
Primo passo per gestire le emozioni, capire da dove vengono
Spesso diamo la colpa delle nostre emozioni agli altri. “Sono arrabbiata perché mio marito non mi rispetta”. “Sono frustrato a causa del mio capo, mi chiede di lavorare moltissimo ma non mi paga abbastanza”. “Sono esausta: mio figlio mi fa impazzire”.
Gli altri, in realtà, non sono affatto responsabili delle nostre emozioni; esse ci appartengono e siamo noi a crearle. Le emozioni sono il risultato del nostro personale modo di vivere, in un determinato momento, una certa situazione.
Detto in altri termini, non sono gli eventi o le persone a provocare le emozioni. Questo diventa chiaro se rifletti sul fatto che di fronte a uno stesso evento dieci persone differenti possono avere altrettante emozioni diverse. Tra loro quasi sicuramente ci sarà anche chi rimarrà totalmente indifferente.
Le emozioni sono messaggi che raccontano quello che accade dentro di te, non quello che sta accadendo fuori.
Non sono gli eventi o le persone a provocare le emozioni, siamo noi stessi
Le emozioni condizionano azioni e risultati
Un’emozione si scatena dentro di te nel giro di pochi millisecondi (e quindi a una velocità che rende la cosa impossibile da controllare), insieme a essa si scatenano anche delle reazioni fisiche automatiche.
L’emozione provoca reazioni interne all’organismo (che puoi percepire oppure no). Secondo il tipo di emozione si possono verificare ad esempio un arrossamento del viso, l’aumento del battito cardiaco, l’inarcamento delle sopracciglia, l’irrigidimento della schiena. la dilatazione dello stomaco, la contrazione della mascella e così via.
Ogni emozione è anche accompagnata da una o più re-azioni agli stimoli esterni. Queste re-azioni (cioè azioni non propriamente volontarie rivolte all’esterno in risposta allo stimolo emotivo) sono un po’ più lente; per questo ci danno il tempo di scegliere se assecondarle o meno. In alcuni casi contrattacchiamo verbalmente in modo aggressivo, oppure smettiamo di parlare di colpo. In altri casi parte uno schiaffo, ci spostiamo di scatto, cambiamo posizione, ci blocchiamo fisicamente e così via.
L’emozione non si può impedire
Mettiti il cuore in pace: non puoi fare nulla sul momento per impedire a un’emozione di nascere e neppure per bloccare i suoi effetti fisiologici immediati. Hai però un grandissimo potere: puoi scegliere cosa fare di questa emozione, cioè se rifiutarla o accoglierla.
Scegliere di accogliere l’emozione, però, non significa darle il potere di farci reagire in modo automatico e controproducente. In effetti, quando siamo in balia delle nostre emozioni, non agiamo ma re-agiamo. Queste re-azioni ci portano spesso fuori strada e sono controproducenti rispetto ai nostri obiettivi e desideri profondi.
Cosa facciamo spesso
Spesso quando arriva un’emozione, intensa o meno che sia, blocchiamo il respiro e andiamo in contrazione per reprimerla e resistere ai suoi effetti. Questo non è saper gestire le emozioni.
Gestire le emozioni positivamente vuol dire invece trasformarsi in ampi contenitori che si lasciano attraversare dalla tempesta emotiva, respirando e restando fermi. Accogliere l’emozione è un’azione attiva e consapevole di osservazione, senza re-azioni.
Gestire le emozioni positivamente significa anche lasciarsi attraversare dalla tempesta emotiva
Cosa significa accogliere un’emozione
Accogliere un’emozione che vogliamo gestire in modo positivo e utile per noi significa riuscire a viverla in tutta la sua potenza, accettando di essere completamente coinvolti, senza però identificarci con essa. Significa anche accettare di non giudicare quest’emozione.
Quando un’emozione arriva, non cercare di razionalizzare pensando se sia giusta o sbagliata, legittima oppure no. Semplicemente prendi atto che c’è e lasciale spazio. Se le emozioni sono accolte, diventano effimere e non c’è ragione di aver paura che ti invadano a lungo.
Il rilassamento dopo lo tsunami emotivo
Dopo qualche minuto, o più raramente dopo qualche ora, di un vero e proprio tsunami emotivo, arriverà la fase del rilassamento. Proprio come il mare si calma ogni volta dopo la tempesta. Vedrai: a quel punto sarai libero dall’emozione e ti sentirai più vitale, anche se molto probabilmente sarai stanco. Si sperimenta, di solito, quella stanchezza rilassata tipica delle fasi successive a uno sforzo fisico importante.
Avendo accolto senza giudizio l’emozione, ci sarà tutto lo spazio libero per la serenità e la gioia. È proprio questo il vantaggio di accogliere le emozioni, evitando di reprimerle o nasconderle.
Abbi fiducia: dopo un momento di disperazione o di furia, potresti veramente provare una grande gioia. Ti sembrerà impossibile se non ne hai ancora fatto l’esperienza ma invece è proprio così.
Imparare dai bambini a gestire le emozioni
Recuperiamo la spontaneità e l’autenticità del bambino che è capace di piangere disperato per dieci lunghi minuti per poi scoppiare in una fragorosa risata pochi istanti dopo.
Nella mia esperienza, la gioia e la serenità provate dopo uno sfogo emotivo nascono dal fatto di aver lasciato agire l’emozione ed essersi liberati della tensione emotiva accumulata.
C’è anche un livello più profondo all’origine di questa gioia e serenità. La gioia profonda e sottile legata al fatto di aver accettato noi stessi e l’emozione, piacevole o spiacevole che sia. I nostri lati oscuri, in questo modo, diventano molto meno cupi e spaventosi proprio perché li abbiamo accolti.
Prova tu stesso. Dopo aver accettato di vivere un’emozione, specialmente una di quelle che ritieni scomode o sconvenienti, senza giudicarti, sentirai in te qualcosa di nuovo, l’apertura verso te stesso e verso gli altri. Una sensazione di amore, gioia e pace che provengono dall’interno.
Gestire le emozioni positivamente vuol dire pure accettare i lati più cupi e oscuri di noi stessi
Gestire le emozioni positivamente porta a un cambiamento
Nel tempo, man mano che si sperimenta la sensazione di pace data dall’accettare le emozioni e viverle liberamente, senza pregiudizi, costrizioni o paure, la vita diventa più leggera. Gestire le emozioni positivamente permette di essere semplicemente quello che siamo e di vivere sempre di più in pace con noi stessi e gli altri.
La spontaneità nella nostra società, è fattibile?
So già cosa stai pensando: come si fa nella nostra società a lasciar liberamente agire le emozioni? “Non posso infuriarmi con il mio capo”. “Non è possibile scoppiare a piangere durante una lezione”. “Come faccio a urlare contro lo Stato?”.
Ci sono situazioni nelle quali esprimere le nostre emozioni potrebbe essere controproducente. Per paura di “versare benzina sul fuoco”, crescendo impariamo a trattenere le emozioni.
Per ora le cose stanno così: la nostra società non vede di buon occhio la possibilità di esprimere le emozioni liberamente. Aspettando che l’umanità evolva e cambi atteggiamento nei confronti delle emozioni ti suggerisco una strategia, quella dei post-it.
La strategia dei post-it
Quando un’emozione sta arrivando e non pensi di essere nelle giuste condizioni per esprimerla liberamente scrivi mentalmente un post-it, un appunto da conservare dentro di te.
Ricordati di tornare sull’emozione in seguito, quando sarai libero di esprimerla. Le emozioni possono essere accolte anche a distanza, ripensando alle situazioni che le hanno generate. Per aiutarti a farlo puoi scrivere una lettera. Mi raccomando: usa carta e penna, al computer l’effetto non sarebbe lo stesso.
Quando esprimere le emozioni non è possibile perché non sarebbe socialmente accettato, possiamo usare alcuni espedienti per non reprimere le emozioni ma accoglierle in un secondo momento
La lettera e l’atto simbolico del fuoco
Pensa alla situazione che ha generato l’emozione che ti sei sentito costretto a trattenere e scrivi tutte le parole che ti vengono in mente.
Scrivi rivolgendoti alla persona o all’evento che pensi sia la causa scatenante dell’emozione (anche se in realtà la causa scatenante è il tuo modo di vivere la situazione). Ad esempio puoi scrivere “Signor capo non può trattarmi così! È profondamente ingiusto! Sono furioso…”. Oppure “Maledetti politici che non mettete al primo posto il benessere dei cittadini! Servirebbe così poco per far funzionare tutto al meglio!” e così via. Sviluppa tutti gli argomenti e sfoga liberamente le parole trattenute.
Non cercare di essere gentile, educato, simpatico o rispettoso, non avrebbe senso. Questa lettera non verrà mai recapitata a nessuno, non verrà letta da nessun altro a parte te. Scrivi di pancia: insulti, esagerazioni, generalizzazioni, sentenze drastiche… Tutto è permesso. Intanto che ti sfoghi verbalmente, respira, osserva e accogli anche le reazioni del tuo corpo.
Dopo aver liberato l’emozione in ogni sua parte, puoi bruciare la lettera per trasformare il suo contenuto in cenere: una sostanza leggera e fertile.
Puoi eliminare la cenere gettandola nel water oppure spargendola nella terra ai piedi di una pianta. Poiché la cenere è fertile, aiuterà la pianta a crescere. In questo modo avrai trasformato e messo di nuovo in circolo, nel ciclo della vita, ciò che era rimasto bloccato dentro di te.
La scelta di accogliere le proprie emozioni
Se ignoriamo le nostre emozioni e ci rifiutiamo di ascoltarle e prenderle in considerazione, accettiamo di essere in balia di quello che ci accade e che proviamo. Ci troviamo ad agire in modo automatico senza comprenderne le cause. Le emozioni ci gestiscono e ci sentiamo senza potere. Inoltre, perdiamo una preziosa occasione per conoscere noi stessi.
Quando invece scegliamo di essere attivi e osservare cosa accade nel momento in cui nasce un’emozione, abbiamo l’opportunità di comprendere:
- il contesto in cui l’emozione nasce in noi, cioè i fatti oggettivi;
- il motivo per cui nasce quest’emozione, ovvero il modo in cui interpretiamo la realtà e perché lo facciamo;
- quale reazione o reazioni si scatenano in noi in modo automatico.
Quando osserviamo con onestà, possiamo anche valutare se quanto proviamo e le sue conseguenze sono “appropriate” alla situazione, cioè razionalmente adatte e proporzionate all’evento. Oppure se la reazione emotiva scaturita è oggettivamente sproporzionata alla situazione contingente.
Ci accorgiamo (senza giudicare o condannare) che l’emozione è sproporzionata? Possiamo interrogarci sul perché sia tanto intensa.
La qualità e l’intensità dell’emozione sono condizionate dal nostro modo di vivere la situazione e dunque dai filtri con cui interpretiamo la realtà. Questi filtri nascono dal nostro dialogo interiore, dal vissuto personale presente e passato e addirittura da quanto è accaduto ai nostri familiari risalendo alla genealogia.
Il potere di accogliere l’emozione
Accogliere l’emozione ci permette di osservare cosa accade in noi e perché. Quando provi un’emozione, puoi scegliere di lasciare che ti guidi verso altri episodi della tua vita in cui hai provato qualcosa di analogo. Potresti anche approdare in contesti diversi, in epoche diverse. Le emozioni del presente sono spesso emozioni già vissute nell’infanzia e nella vita dei nostri avi.
L’emozione può farci da guida per risalire ad altri episodi nel passato in cui ci siamo sentiti allo stesso modo
L’emozione come porta d’ingresso a un viaggio interiore
Se accetti di accogliere un’emozione che provi nel presente, farlo potrebbe ricondurti a una ferita emotiva del passato e potrebbe aiutarti a elaborarla. Sto parlando di quei traumi dolorosi che rimangono in noi e che guidano le nostre azioni senza che ce ne rendiamo conto. Potresti renderti conto che la furia che senti, il senso di svalutazione o di ingiustizia che provi, oggi, nei confronti di una persona o di una situazione, è la stessa emozione che provavi nell’infanzia di fronte a tuo padre o a tua madre.
L’emozione acuta e drammatica diventa così una preziosa alleata, il segnale di una ferita passata che si può scegliere di guarire per essere in pace con il passato e con il presente. Fare pace significa diventare più aperti e sereni rispetto alla propria vita presente e al futuro.
Nov 16, 2023 | cambio culturale, Consigli pratici
Possiamo favorire la pace nella nostra vita quotidiana e anche nel resto del mondo, partendo da quello che pensiamo, diciamo e facciamo in prima persona. In questo articolo vorrei mostrare una strada che tutti possono percorrere e che ha proprio l’obiettivo di favorire la pace in molti modi e in molte direzioni.
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Una premessa sulla guerra
Prima di parlare di pace vorrei fare una premessa sulla guerra che ritengo importante, per poi nominare la parola guerra il meno possibile nel corso di questo articolo. Purtroppo pace e guerra si alternano senza sosta. Sono anni che osservo la guerra, quella vicina e quella lontana. Dai “piccoli” conflitti tra gli esseri umani vicini a me, e che quindi conosco personalmente, fino ai grandi conflitti internazionali. C’è poi l’abitudine alla guerra contro la malattia, i virus e i batteri diffusa soprattutto in occidente. C’è la guerra tra due o più Paesi, popolazioni, gruppi etnici o religiosi, in zone del mondo che personalmente non ho mai visitato, della cui lingua, cultura e storia personalmente so molto poco.
Sono anni che osservo le persone schierarsi violentemente per o contro una persona, un Paese, un punto di vista e di conseguenza contro chiunque osi avere una visione differente dalla propria. Oppure contro chiunque si azzardi a dichiarare di non avere un’opinione.
Osservando quanto sia contagiosa la violenza e quanto sia facile farsi contagiare e influenzare da emozioni o situazioni come rabbia, odio, carenza di rispetto, mancanza di discernimento, mi sono chiesta molto spesso cosa possiamo fare per favorire la pace, l’equilibrio, l’amorevolezza, il rispetto, la gioia e il benessere.
L’importanza di agire nel qui e ora
La mia risposta, per quanto di vasta portata, è semplice. Possiamo favorire pace, equilibrio, amorevolezza, rispetto, gioia e benessere, agendo all’interno della nostra vita quotidiana. Quando e se lo facciamo, partecipiamo all’incremento di sentimenti e situazioni positive e benefiche che migliorano la qualità della vita di chiunque nel mondo, vicino e lontano rispetto a noi. Primo perché se anche una sola persona sta meglio ed è più sana, la popolazione globale è di conseguenza più sana. Secondo perché pace, amore, rispetto e gioia sono anch’essi contagiosi.
Nel qui e ora è dove possiamo agire: lì è dove abbiamo potere. So che ne sei consapevole, ma capita di dimenticarselo. Anzi molte persone se lo dimenticano e quindi ci tengo a ripeterlo. Non puoi cambiare gli altri: né quelli vicini né quelli lontani; tuttavia, lavorandoci su, puoi cambiare te stesso. L’obiettivo non è cambiare quello che sei, ma tornare a essere maggiormente quello che sei: favorire l’espressione del tuo potenziale luminoso.
Nel qui e ora è dove possiamo agire: lì è dove abbiamo potere
Favorire la pace accrescendo il potenziale di luce
La prima tappa, quella più importante, è accogliere quello che sei. Non c’è quasi nulla di più sfiancante e controproducente che lottare contro se stessi. La lotta contro te stesso ti condanna alla guerra ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette. Nessuna tregua fino alla fine della vita.
Favorire la pace con te stesso, vuol dire in prima istanza accoglierti, accettando i lati luminosi ma anche quelli oscuri e difficoltosi: i paradossi, le insicurezze, le incoerenze. Accogliere le tue emozioni senza sentirti in qualche modo obbligato a scaricare la responsabilità sugli altri. Vuol dire, piuttosto che “è lui/lei che mi fa sentire così”, provare a dire “io mi sento così”.
Riconoscere quello che si muove in noi, farne l’esperienza, lasciarsi attraversare è il primo passo per favorire la pace.
Superare gli ostacoli di un’educazione poco accogliente
Molti di noi non sono stati affatto educati all’accoglienza di se stessi e delle proprie emozioni. Siamo esseri sociali, di conseguenza appartenere a un clan e sentire di avere un posto riconosciuto da tutti all’interno della società è molto importante. A volte, però, questa necessità si trasforma in ansia che viene riversata sui figli e si rischia di non accoglierli con curiosità, per assistere in modo semplice e senza preconcetti allo sbocciare del loro potenziale.
Al contrario, si agisce (inconsapevolmente o meno) schiacciandoli con aspettative e pretese parentali. Troppo spesso, i genitori hanno molto chiaro quello che i propri figli dovrebbero fare e quello che dovrebbero essere per adattarsi e farsi apprezzare dalla società.
Troppo spesso, i genitori hanno molto chiaro quello che i propri figli dovrebbero fare
Una scuola che ignora molte delle intelligenze
La scuola e i voti diventano un criterio per valutare non solo il valore del figlio ma anche dei genitori. La scuola è spesso un luogo competitivo, dove si viene facilmente etichettati come falliti se i risultati non sono all’altezza delle aspettative. Tra i diversi problemi c’è il fatto che la scuola si concentra quasi esclusivamente su due intelligenze: quella logico-matematica e quella linguistica, quando invece secondo il docente e psicologo Howard Gardner ne esistono almeno nove. Di conseguenza, chi ha un’eccellente intelligenza spaziale o interpersonale, musicale, corporea-cinestetica, intrapersonale, naturalistica ed esistenziale non è valutato come un individuo adeguato dalla scuola. E il confine tra il fatto che un individuo non adatto alla scuola (così come oggi è organizzata!) non possa integrarsi o essere felice è molto spesso superato da insegnanti e genitori.
Possiamo fare qualcosa per favorire la pace in questo contesto? Assolutamente sì. Favorire la varietà dell’insegnamento per favorire l’espressione di tutte le intelligenze può essere una strada. Dare valore all’educazione emozionale e all’intelligenza intrapersonale è un’altra direzione percorribile, soprattutto se pensiamo al fatto che quest’ultima intelligenza rappresenta la capacità di riconoscere la propria individualità, sentire cosa accade dentro di sé e riconoscere le proprie risorse e i limiti.
Consiglio a tutti di accogliere i figli con maggiore fiducia e curiosità. Anche se sono membri della famiglia, potenzialmente hanno talenti, destini e strumenti molto diversi dai genitori e dai nonni.
Accogliere se stessi per accogliere gli altri
Per potersi accogliere serve osare, incontrare, ascoltare e conoscere se stessi. Più sarai capace di accogliere te stesso ed essere in pace, più sarai capace di accogliere gli altri ed essere in pace con loro.
Già a scuola si possono aiutare bambine, bambini, ragazze e ragazzi a sviluppare la capacità di accogliere le proprie emozioni, riconoscerle e coltivare le competenze relazionali e di comunicazione e trasformazione dei conflitti.
Perché sia possibile, servirebbe che gli insegnanti in primis fossero competenti su questi aspetti. La buona notizia è che se anche da adulto non padroneggi queste competenze non è mai troppo tardi per svilupparle. Non conosco miglior investimento sul proprio benessere e sulla propria salute che quello di acquisire nuovi strumenti per avere relazioni sane con se stessi, le proprie emozioni e ovviamente anche gli altri.
È possibile così aumentare la capacità di mantenere un equilibrio dinamico nella vita e partecipare alla creazione di un presente di pace. E si può anche essere di sostegno come adulto nei confronti dei bambini, che sono gli adulti di domani e saranno i protagonisti nella costruzione del futuro.
Possiamo migliorare in qualunque momento le competenze relazionali e di trasformazione dei conflitti
Combattere la guerra o fare pace?
Quando ci diamo un obiettivo, non è importante solo l’obiettivo in sé ma anche il modo che scegliamo per perseguirlo e così le parole che usiamo per pensare a questo obiettivo. Quando combatti la guerra con le armi della distruzione, alimentando rabbia e odio, non puoi raccogliere che altra rabbia e ancora odio.
Se non c’è coerenza tra il tuo scopo e gli strumenti che usi per cercare di raggiungerlo, l’obiettivo si allontanerà da te sempre di più. Per questo è fondamentale che la strada per la pace sia costruita con sentimenti e azioni di pace, lontani anni luce dalle armi e dalla distruzione. Per riuscire in qualunque impresa deve esserci coerenza tra fine e mezzi.
Un altro ingrediente fondamentale per favorire la pace riguarda ancora una volta noi stessi, Per favorire la pace in modo attivo ed efficace, infatti, dobbiamo essere in pace, rispettare i nostri valori e nutrire ciò che ci rende felici. Solo così possiamo trovare la forza per perseguire obiettivi anche molto difficili da raggiungere, sentendoci sempre in accordo con noi stessi. Tutto questo è proprio il contrario del proverbio machiavellico “il fine giustifica i mezzi”. Come diceva Gandhi: “tali i mezzi, così i fini”; in altre parole, quel che semini raccoglierai.
Se hai bisogno di incitare te stesso lungo un cammino complesso, piuttosto di immaginare che stai “lottando contro qualcosa” pensa invece che ti stai “battendo per qualcosa”.
Da dove arriva un punto di vista?
Di fronte a un punto di vista, ti propongo di porti ogni volta alcune domande. Il punto di vista per il quale stai combattendo ferocemente, nasce da una tua esperienza personale diretta? Se non è un’esperienza diretta, sei sicuro della validità delle tue fonti di informazione? Sei sicuro che quello che ti è stato detto o mostrato sia reale?
Purtroppo, la televisione e i media in generale sono mezzi di trasmissione di massa (non di comunicazione: la comunicazione è altra cosa), che focalizzano l’attenzione sul pericolo e il dramma, favorendo la dualità. Quando stiamo assistendo in prima persona e dal vivo a una situazione, abbiamo già un punto di vista ridotto. Nonostante sia possibile guardare a destra, a sinistra, davanti e dietro, mi piace dire che vediamo la realtà dal buco della serratura.
La parzialità dell’informazione aumenta drasticamente quando la realtà è trasmessa tramite una videocamera: il cameraman può scegliere un angolo specifico per mettere in evidenza qualche dettaglio e nasconderne altri, veicolando così alcune emozioni e orientando le interpretazioni.
Visti i rischi di manipolazione, volontaria o meno, credo sia saggio dubitare, prima di prendere un’informazione parziale come base o fondamenta della propria lotta. La mia proposta è di verificare le fonti e studiare approfonditamente: è bene riconoscere la complessità delle situazioni.
Quando non hai tempo e voglia di approfondire, autorizzati a dire “non lo so”, “non sono abbastanza informato per avere un’opinione su questo argomento”, non posso sapere “chi ha ragione e chi ha torto“. Potrai, immagino, trovarti d’accordo con molte persone sul fatto che la guerra è un dramma e che sarebbe molto bello trovare insieme soluzioni per favorire la pace.
Non sempre possiamo essere sicuri che quello che ci è stato detto o mostrato sia reale
Conflitti lontani e conflitti vicini
Ispirandomi a una frase attribuita a Madre Teresa di Calcutta, vorrei ricordare che “se tutti pulissero davanti alla propria porta di casa, il mondo sarebbe pulito”. Ti suggerisco di dedicare tempo ed energia per trasformare i conflitti in cui sei direttamente coinvolto, quelli davanti alla tua porta di casa. Parlo dei conflitti con i membri della tua famiglia di origine, con quelli della tua famiglia acquisita, con i colleghi di lavoro, con i vicini di casa e così via.
Trasformando i conflitti nel tuo ambito di azione, farai molto di più per la pace nel mondo rispetto a quando, per esempio, nutri odio per degli sconosciuti che vedi in televisione. Esistono conoscenze fondamentali tratte dagli studi sulla pace che trasformano una missione che sembra impossibile in un percorso pieno di soddisfazioni. Non serve essere un esperto: queste conoscenze sono accessibili a tutti. Se risparmi tempo ed energia evitando di alimentare rabbia, separazione, guerra, conflitti e odio, libererai tempo ed energia per studiare come favorire la pace.
Una goccia alla volta, un essere umano alla volta, la trasformazione diventa possibile.
Gran parte della mia attività professionale ha questo intento: aiutare le persone a creare pace, gioia e serenità, in sé stessi e intorno a loro. Per iniziare subito questo percorso prova a prenderti cura di te stesso favorendo rilassamento e benessere.
Apr 23, 2021 | Bioconsapevolezza, Consigli pratici, Peso forma
Perché il fatto di mangiare troppo, abbuffandosi indipendentemente dallo stimolo della fame, è legato al vissuto emozionale? Il cibo, nella società contemporanea e nei Paesi più ricchi, dove ce n’è in abbondanza, è diventato per molti uno strumento di gestione dei momenti di crisi. C’è quindi chi lo usa come anestetico nei confronti delle emozioni negative.
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Quando si fa fatica a gestire le proprie emozioni è facile cadere in un circolo vizioso… Poiché si provano sentimenti e sensazioni che non si vorrebbero vivere, ci si abbuffa di cibi consolatori, spesso ipercalorici.
È capitato anche a te? Se sei condizionato dalla cultura delle diete, in modo palese o più subdolo, mangiare troppo ti fa sentire in colpa. Da queste scorpacciate ne esci portando dentro un senso di disagio, svalutazione e vergogna. Questi giudizi negativi su te stesso e queste emozioni sono a loro volta difficili da elaborare e sei spinto nuovamente a rifugiarti nel cibo. E così via.
Quando provi sentimenti e sensazioni che non vuoi vivere, ti abbuffi di cibi consolatori
Un cortocircuito che parte dall’infanzia
C’è chi ha talmente paura delle proprie emozioni da temere di esserne schiacciato o addirittura ucciso. La paura di essere travolto da un’onda emotiva, ti fa scappare lontano da quello che provi.
A molti sarà capitato, soprattutto nell’infanzia, di seppellire le proprie emozioni a causa dell’educazione impartita dai genitori e dalla società. “Non piangere non è successo nulla”, “non fare così, è tutto a posto”, “perché sei triste se ti ho dato quello che volevi?”, “sei molto cattivo!”. Quanti di noi si sono sentiti ripetere più e più volte queste frasi? Un bambino non ha la capacità di mettere in discussione i propri eroi (le figure genitoriali, gli insegnanti), di conseguenza mette in dubbio se stesso.
Le emozioni riportano la nostra attenzione sul corpo e su quello che sentiamo. Quando siamo bambini siamo delle vere e proprie spugne emotive. Abbiamo delle antenne speciali che captano tutto quanto ci circonda: emozioni, vibrazioni, tensioni… Da adulti questa capacità risulta più o meno repressa a seconda dell’individuo. Tornare a sentire, a prestare attenzione al corpo e alle emozioni, può farti molta paura perché da piccolo, quando eri in grado di farlo, hai provato dolore. La mancanza della mamma, la paura delle ombre notturne, le tensioni tra gli adulti che ti circondavano, l’incoerenza spiazzante tra linguaggio verbale e non verbale e così via.
Tornare a sentire, a prestare attenzione al corpo e alle emozioni, può fare molta paura
Da spugna emotiva a dittatore
Nel processo di continua negazione delle proprie emozioni che si innesca durante la crescita e il raggiungimento dell’età adulta, molti diventano dei dittatori impietosi e giudicano se stessi senza tregua.
Nel mio lavoro mi capita spesso di conoscere persone che si rivolgono a se stesse in modi che non userebbero neppure con il loro peggior nemico, scegliendo parole e toni offensivi, pieni di disprezzo.
Tristezza ma anche rabbia
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, mangiare troppo non è un meccanismo usato solo da coloro che si sentono tristi o inadeguati. Anche chi prova altre emozioni può rifugiarsi nel cibo.
Se la tua rabbia, per esempio, ti fa paura, se temi di danneggiare qualcuno altro o anche te stesso nel momento in cui la lasci sfogare, è possibile che tu abbia trovato dei modi alternativi per placarla. Hai scoperto, consapevolmente o meno, che non potendo mordere l’individuo con cui sei in conflitto, addentare del cibo ti dà sollievo. D’altra parte, fare il pieno di cibo fa sentire intorpiditi. La belva che c’è in te si calma, temporaneamente. Il leone affamato è più pericoloso di quello con la pancia piena.
Mangiare aiuta a ritrovare il proprio centro
Quando ci si abbuffa, oltre a tentare di scappare dalle proprie emozioni, spesso si cerca un altro beneficio importante. Mangiare, poiché fa lavorare lo stomaco, che occupa anatomicamente una posizione centrale nel corpo, ti aiuta a ritrovare il tuo centro. Grazie alla medicina cinese sappiamo che lo stomaco, insieme alla milza, è legato all’elemento Terra, che rappresenta il centro. Mangiare può aiutare a riconnettersi alla Terra.
Ogni volta che sei destabilizzato, potresti essere tentato di mangiare per recuperare nuovamente una centralità. Non è sbagliato di per sé, anzi è funzionale. Il problema è farlo in modo compulsivo, senza controllo e senza consapevolezza, come se fosse l’unica soluzione possibile.
Il sapore dolce (sto parlando dei carboidrati, come pane, focaccia, brioche, pasta eccetera, che hanno questo sapore) da un punto di vista energetico nutre milza e stomaco. Come abbiamo sottolineato questi organi sono legati all’elemento Terra, che rappresenta il centro. La tua attrazione per i carboidrati, può essere la conseguenza del bisogno di radicarsi. Ecco che ancora una volta diventa evidente che è meglio evitare di rendere tabù alcuni alimenti. I carboidrati non sono il tuo nemico, come spesso capita di pensare a chi segue delle diete.
Lo stomaco, insieme alla milza, è legato all’elemento Terra, che rappresenta il centro
Trovare un’alternativa
Quando mangiare troppo ti fa stare male (ti senti gonfio, appesantito, poco reattivo, in sovrappeso) ti suggerisco di cercare altri modi, oltre al cibo, per ritrovare il tuo centro. Puoi sperimentarne diversi e utilizzarli a seconda del momento che vivi e del tuo specifico bisogno. Puoi sfogare l’emozione che ti ha destabilizzato, oppure regalarti un momento di rilassamento (trovi degli audio gratuiti a disposizione sul mio sito alla pagina risorse).
Oppure ancora, ad esempio, puoi fare venti respiri profondi in silenzio e a occhi chiusi. Immagina di avere delle radici che scendono dalle tue gambe verso il centro della Terra, mentre il tuo corpo e la tua testa si espandono dritti verso il cielo.
Anche una camminata a passo veloce può aiutare, così come qualche minuto di meditazione vera propria.
Ci sono vari modi per ritrovare il tuo centro, indipendentemente dal cibo
Il cibo è portatore di emozioni piacevoli
Oltre a scappare dalle emozioni negative, è possibile che nel cibo tu sia portato a cercare delle emozioni piacevoli.
Ti propongo ora un esercizio. Quale è l’alimento che per te è irresistibile? Questo è il tema di uno dei miei Laboratori sul peso forma. Ho anche dedicato a questo argomento un capitolo del mio libro per dimagrire senza diete. Quando hai individuato l’alimento, prova a chiederti: questo cibo cosa suscita in me? Per molti è legato a una sensazione di benessere, ricordi spensierati, momenti di festa, di condivisione, di vacanza eccetera. Ti faccio degli esempi.
- I dolci e la panna montata riportano Anna ai festeggiamenti in famiglia, quando era piccola e i suoi genitori, nonni e zii erano ancora vivi. Oggi non ci sono più.
- Pane, pizza e focaccia ricordano a Maurizio la cucina e il calore della mamma.
- Il cioccolato al latte con le nocciole riconnette Paola alle vacanze estive dalla nonna. Le fa ricordare momenti spensierati, passati in mezzo alla natura insieme agli amici del paesino di montagna.
- Linda non può fare a meno dell’aperitivo a fine giornata. Richiama in lei il ricordo di suo padre, che aveva appunto l’abitudine di prendere un aperitivo dopo il lavoro. Questo gesto per Linda è un atto di vicinanza a suo padre.
Quando avrai compreso perché quel cibo è così importante e prezioso per te, prova a chiederti come puoi connetterti a quell’emozione senza dover ricorrere per forza al cibo. Scrivi su un foglio almeno tre azioni mirate che ti possano aiutare a farlo.
Puoi riconnetterti a sensazioni ed emozioni positive senza chiedere aiuto al cibo
Come uscire dal circolo vizioso delle abbuffate
Per smettere di mangiare troppo in modo compulsivo, devi imparare ad accogliere le tue emozioni. Prova a dare nuovamente spazio al tuo bambino interiore e alle tue sensazioni. Parla a te stesso e agisci con l’obiettivo di diventare il tuo migliore amico (o amica). L’adulto che c’è in te ha la capacità di essere amorevole, affidabile, comprensibile e paziente con il bambino interiore che urla il suo bisogno di essere accolto, rassicurato, e amato in modo incondizionato.
Al posto di giudicare prova ad ascoltare e rassicurare il bambino che c’è in te. Grazie a questa riconciliazione potrai fare pace con emozioni e sensazioni.
Al posto di giudicare prova ad ascoltare e rassicurare il bambino che c’è in te
A livello simbolico, non esistono né tempo né spazio. Tutto accade nel qui e ora. Se l’adulto che sei oggi prende per mano il bambino che sei stato, si crea uno spazio nuovo. Potete fare grandi cose insieme e operare importanti guarigioni. Potete vivere il bello delle emozioni, delle sensazioni legate al corpo, al piacere, al qui e ora, grazie alla presenza del bambino. E al contempo potete contare su conoscenza, sicurezza in se stessi e senso di responsabilità propri dell’adulto.
Per smettere di mangiare troppo, oltre a riconnetterti con il tuo bambino interiore è importante riconciliarti con le emozioni.
Ri-addomesticarsi alle emozioni
Di solito, quando si presenta un’emozione, automaticamente smettiamo di respirare. Invece la prima cosa da fare è respirare profondamente. Chi ha partorito può pensare a quello che ha imparato durante il corso pre-parto per affrontare le contrazioni uterine. Queste contrazioni iniziano piano, poi crescono di intensità fino ad arrivare a un picco di dolore e infine si affievoliscono. L’onda emotiva si comporta alla stessa maniera.
Quando senti che un’emozione sta per arrivare a travolgerti, respira e osserva. Ascolta cosa accade nel tuo corpo quando l’emozione lo attraversa, con la fiducia che passerà anche questa sensazione, apparentemente soverchiante. Se hai vissuto situazioni molto difficili e senti che le emozioni potrebbero scatenare in te il panico, chiedi aiuto a un professionista esperto.
Quando senti che un’emozione sta per arrivare a travolgerti, respira e osserva
Ascoltare e comprendere le emozioni
Le emozioni sono anche dei messaggi. Hanno una ragione di essere. Possono essere risvegliate da un evento, da una persona, ma anche da un luogo, da un piccolo dettaglio che mette il dito nella piaga, provocando una reazione emotiva sproporzionata alla situazione effettiva che stai vivendo. Facciamo un esempio per chiarire.
Nel corso di un laboratorio una dei partecipanti, che chiameremo Bruna, ci ha raccontato delle sue abbuffate, che stranamente avvenivano dopo il pasto. Mangiava anche in abbondanza, fino a sazietà, durante il pranzo. Dopo un sonnellino di mezz’ora, si svegliava, parole sue, con la sensazione di sentirsi mancare la terra sotto i piedi. Questa sensazione la spingeva a precipitarsi a divorare un dolce. Per prima cosa ho verificato che non si trattasse di ipoglicemia, e indagando ancora ho scoperto che l’orario del pranzo e la tipologia di cibo assunta non influenzavano tanto il fenomeno, che si ripeteva inevitabilmente alle due del pomeriggio. Da circa due anni.
Indagare sul vissuto emotivo
Insieme a Bruna ricostruiamo cosa è accaduto due anni prima. Seguendo il mio modo consueto di ragionare e il mio metodo, quello della Bioconsapevolezza, ho cercato di scoprire cosa è successo che le ha fatto mancare la terra sotto i piedi. Individuiamo quindi il responsabile: una diagnosi di cancro, che l’aveva lasciata del tutto spiazzata. Parlando scopriamo che aveva ritirato il referto in ospedale proprio alle due del pomeriggio. E da quel momento il suo mondo era crollato.
Per Bruna lo choc della diagnosi si era come cristallizzato. Allo scoccare delle due la voragine emotiva riaffiorava. Non sapendo cosa fare di questa emozione inaspettata e incomprensibile, Bruna cercava rifugio nel cibo. Senza saperlo, cercava di ritrovare un suo centro.
Questa partecipante aveva già attraversato tutto l’iter di cure per il suo cancro. Ed era stata sostenuta psicologicamente durante il percorso. Il momento della diagnosi, però, non era stato rivisitato. Al contrario era stato come “risucchiato” dall’inconscio.
Mangiare troppo dopo pranzo era solo la punta dell’iceberg. Il sintomo dell’abbuffata ha richiamato l’attenzione sul trauma della diagnosi e Bruna ha potuto finalmente rielaborarlo e guarire.
Mangiare troppo può essere solo la punta dell’iceberg
Come accade per ogni sintomo, una volta consegnato il messaggio ed elaborato il trauma, l’abbuffata può sparire così come è apparsa. Da un giorno all’altro.
Strumenti concreti per smettere di mangiare troppo
Scrivi liberamente su un quaderno, da usare come una sorta di diario. Lascia che a esprimersi sia la tua “pancia”: senza censura, con curiosità e accoglienza benevola nei confronti di qualsiasi sensazione. Il tuo vaso, forse troppo pieno, deve poter traboccare in un luogo sicuro. Oltre a sfogarsi, l’obiettivo del quaderno è prendere coscienza di cosa c’è dietro l’agitazione che ti spinge a mangiare troppo.
Dai a te stesso l’opportunità di sfogare la frustrazione e la rabbia fisicamente. Picchia un cuscino, vai a correre, taglia la legna eccetera.
Potrebbe sembrarti strano ma anche l’urlo muto è di grande aiuto. Con i pugni chiusi apri la bocca e immagina di urlare, senza emettere alcun suono. Perché muto? Il rumore dell’urlo potrebbe alimentare il panico, riportando alla memoria momenti di pericolo. Ho provato sulla mia pelle e so che funziona, invito anche te a fare questa esperienza.
Ridare al cibo la sua giusta importanza
Quando avrai fatto pace con le tue emozioni e saprai accoglierle senza negarle, non avrai più bisogno di un anestetico. Saprai comprendere i tuoi veri bisogni e le abbuffate inspiegabili smetteranno di manifestarsi. Potrai ritrovare il piacere di nutrirti di buon cibo in tutta serenità e naturalezza. Ne trarrai allora l’energia giusta per percorrere la via della leggerezza, dentro e fuori.
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