Affermare se stessi sul lavoro: perché è difficile dire no

Affermare se stessi sul lavoro: perché è difficile dire no

Come affermare se stessi sul lavoro per dare sempre il meglio e farsi rispettare? Allo scopo di raggiungere i tuoi obiettivi professionali individuali, che ti sono stati affidati per il buon funzionamento dell’azienda o del progetto, hai bisogno di concentrati sulle tue priorità e sulla creazione di valore aggiunto.

Con questo obiettivo in mente, puoi imparare a dire no a tutto il resto e avere il coraggio di affermare te stesso. Spesso, però, affermare se stessi sul lavoro dicendo di no è molto difficile. Cerchiamo di capire insieme perché.

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Il no ha una cattiva reputazione

La nostra educazione, o più in generale la cultura condivisa con i membri della nostra società, tende a instillare l’idea che il fatto di dire no sia negativo. Il no viene percepito come un’azione contro gli altri o una carenza di generosità, disponibilità e benevolenza. Dire no sembra equivalente a dire “non mi importa di te e delle tue richieste”.

Abbiamo già analizzato tutte le ragioni per cui è importante dire no. Per riassumere, se non sei in grado o non puoi dire di no:

  • non sai rispettarti perché non riesci a porti dei limiti
  • diventi inaffidabile verso te stesso ma anche verso gli altri
  • non puoi dire dei veri sì
  • sei impossibilitato a dare un contributo di qualità
  • non rispetti le tue priorità personali e quelle del tuo ruolo professionale
  • rischi di creare tensione nelle relazioni con sottoposti, colleghi e dirigenti.

Imparare a dire no permette di aumentare la percezione della tua affidabilità e il valore del tuo contributo. Inoltre, favorisce un clima positivo nel tuo ambiente di lavoro e relazioni più sane con gli altri. Perché allora a volte è cosi difficile dire di no?

Il tuo no è legittimo?

In alcune situazioni, dire di no può essere difficile perché il tuo no non è legittimo. Cerchiamo di capire come distinguere i no legittimi da quelli che non lo sono.

Per farlo, vediamo concretamente insieme qualche situazione in cui il tuo no non è legittimo.

  1. La richiesta fa parte delle tue mansioni e rispetta gli orari previsti dal tuo contratto. Il tuo no è illegittimo se ti viene chiesto di fare qualcosa per cui sei stato assunto e sei pagato, negli orari contemplati dal tuo contratto, quando non c’è una ragione valida per fare un’eccezione. Questo no illegittimo rischia di scombussolare l’organizzazione del lavoro di tutte le persone con cui collabori.
  2. Abbiamo visto che è perché sai dire no che il tuo sì ha valore, ma questo assunto vale anche in senso contrario. Poiché sai dire sì, il tuo no ha valore. Se dici no ogni volta che ti viene chiesto qualcosa, il tuo no rischia di perdere legittimità. Talvolta sul lavoro accadono degli imprevisti o delle occasioni da cogliere al volo. Quando non sono state programmate, le attività da fare si sommano al lavoro già previsto. Piuttosto che sbuffare, prova a essere collaborativo. Qualche ora di attività extra potrà essere recuperata una volta passata l’emergenza.
  3. Il tuo no è il risultato di una reazione emotiva. Quando sei tentato di dire no animato da un sentimento di rabbia, fastidio o vendetta, è meglio che tu faccia un respiro profondo. Aspetta di superare la reazione emotiva impulsiva prima di rispondere sì oppure no. Attieniti ai fatti per giudicare cosa sia meglio fare. È difficile e poco professionale rifiutare un compito a causa di un conflitto con la persona che te lo assegna.

È poco professionale rifiutare un compito a causa di un conflitto con la persona che te lo assegna

Dire no al no emotivo

Ogni volta in cui senti salire il no a fior di labbra spinto dall’emotività, trova delle strategie per disinnescare il conflitto in essere. Riconosci quale dei tuoi bisogni essenziali non è stato rispettato, accogli le tue emozioni e trova il modo di sfogarle. Puoi scrivere una lettera simbolica nella quale dai libero sfogo a tutto quello che hai nel cuore e nella pancia, puoi fare una camminata nella natura o ancora puoi sfogarti dando colpi a una punching balle così via.

Non rimanere bloccato nel tentativo di capire se l’altro ti ha ferito di proposito o meno. Concentra le tue energie per fare in modo che il danno ricevuto venga riparato. E se non può essere riparato cerca di capire come stare bene nonostante il danno subito.

Evitare il braccio di ferro

Fai attenzione a non lasciarti trascinare in una lotta di potere, dove un no imposto si trasforma in un’azione contro l’altro. Rischi di ferire l’ego o risvegliare la suscettibilitàdell’altra persona, che potrebbe a sua volta reagire in modo squilibrato. Azioni e reazioni di questo genere possono generare conflitti latenti o anche evidenti.

Vuoi evitare rischi del genere? Ti consiglio di mettere in pratica il modello dell’equivalenza. Permette di uscire dai meccanismi tipici delle lotte di potere in cui uno vince e l’atro perde, per entrare invece nel mondo della trasformazione dei conflitti e della creazione di soluzioni win-win.

Dopo aver elencato le situazioni in cui il tuo no può non essere legittimo, vediamo invece quando lo è.

Richieste che non rispettano le leggi e leggi che non rispettano l’uomo

Può accadere che la richiesta che ti viene fatta non sia legittima. Ad esempio se qualcuno vuole spingerti a fare qualcosa contro la Legge. L’autorità, in questi casi, non è affidabile.

Per chi, però, vive in un regime politico in cui le leggi non rispettano i diritti umani, il no può essere legittimo anche se va contro la legge vigente.

Sei abituato a contribuire al bene comune? Può essere destabilizzante confrontarti con richieste illegittime. Dover disobbedire o diventare fuori legge per rimanere equo e integro è un problema per le persone oneste: il no diventa una sfida combattuta.

In tutti questi casi consiglio di riflettere sul valore dei diritti umani o di rivolgersi a un’autorità spirituale che abbia una validità maggiore di un’autorità umana. Può essere la Vita che scorre dentro di te, Dio o qualunque divinità contemplata dal tuo credo. Anche l’Amoros può guidarti nella tua decisione.

In una società non equa, alcuni no richiedono coraggio e possono mettere a repentaglio il diritto fondamentale al lavoro. Conoscere te stesso e le tue priorità ti aiuterà a fare la scelta giusta.

Quando il no è legittimo ma fuorilegge prova a rivolgerti a un’autorità spirituale

Se la richiesta non ha senso per te

Ci sono tutta una serie di situazioni in cui dire no è legittimo e fa bene alla relazione. Molto spesso, se senti di voler dire no, vuol dire che è utile farlo. È importante per affermare se stessi sul lavoro.

Quando ti viene chiesto di fare qualcosa in un modo che secondo la tua expertise è insensato, se sai che c’è un modo migliore di agire, puoi dire no senza remore. Ricordati che se dici di sì senza discutere rinunci al valore del tuo contributo.

Attenzione: vale sempre la pena chiedere spiegazioni prima di dare una risposta. Se dopo aver ascoltato le ragioni dell’altro pensi ancora che la richiesta non sia sensata, allora il tuo no è legittimo.

Faccio un esempio che mi riguarda da vicino. Il giuramento di Ippocrate incita ad agire in scienza e coscienza. In alcuni casi, un medico potrebbe essere tentato di non rispettare il giuramento, perché dire no può perturbare la relazione con un paziente o un’autorità che chiede qualcosa di insensato, magari facendosi forza di convinzioni sbagliate. Oltre a violare il giuramento pronunciato, se il medico opta per un falso sì non dà il suo contributo.

Dare coraggio agli altri

Prendere posizione con autenticità può permettere ad altri di fare altrettanto e affermare se stessi sul lavoro. Vedere che qualcuno ha il coraggio di dire no fa sentire meno soli e aiuta a esprimere lo stesso parere.

Dire no è a volte più coraggioso che dire sì. Non c’è una verità unica, e dunque un modo di fare che sia per forza giusto o sbagliato. L’importante è affermare se stessi sul lavoro, rispettarsi e agire in modo autentico.

Vedere che qualcuno ha il coraggio di dire no fa sentire meno soli

Richieste pericolose

Se accettando di dire sì metti a rischio te stesso, gli altri o il tuo lavoro, è importante trovare il coraggio di dire no. Ovviamente questo tipo di situazioni richiede che tu sia competente o possa valutare la pericolosità o meno di una richiesta. Non sempre è possibile capire se un’azione è potenzialmente utile o inutile, inefficace piuttosto che indispensabile o ancora dannosa o benefica. Se non hai la competenza di capirlo ma hai dei dubbi in merito, ti puoi rivolgere al parere di esperti competenti e affidabili.

Quando manca il tempo o le capacità

Se oggettivamente non hai il tempo di fare quanto ti viene richiesto, puoi dire di no senza remore. La giornata è fatta di 24 ore. Dire di sì a un nuovo compito può mettere a repentaglio la buona esecuzione di tutti gli altri lavori ai quali hai detto di sì. E così rischi di diventare molto meno affidabile.

Potresti anche trovarti nella situazione in cui compensi (e subisci) troppo spesso la cattiva organizzazione altrui. Dire no significa smettere di essere complice di una strategia poco efficace che non fa bene a nessuno. Stai mettendo il bastone tra le ruote a un processo o a un sistema inefficiente, all’interno del quale più persone sprecano tempo, energia e risorse senza ottenere gli scopi prefissati.

È anche possibile che ti venga chiesto qualcosa che non sai fare. Quando oggettivamente non hai le capacità adatte puoi dire di no senza farti alcun problema. Non puoi essere competente su tutto né capace di fare tutto. Puoi non essere formato per utilizzare uno specifico programma informatico, per esempio. O ti viene richiesto di salire su una scala altissima quando soffri di vertigini.

Saper dire no quando non hai tempo o le capacità adatte per svolgere un compito è segno di buon senso. Significa che sai riconoscere e accettare con umiltà i tuoi limiti. Cosa che può contribuire ad aumentare la tua credibilità e la percezione della tua affidabilità.

Quando il lavoro compromette la vita privata

Il lavoro, magari a causa delle richieste di colleghi e responsabili, prende il sopravvento e ruba spazio e risorse alla vita privata, ad un livello che non può più essere accettato.

È molto interessante, a questo proposito, osservare le differenze culturali tra Paesi. Non c’è bisogno di andare lontano, basta restare in Europa. In Francia e in Italia, per esempio, finire tardi di lavorare viene visto come un merito. Ci si congratula con chi fa gli straordinari o lavora fino a tarda notte. In Germania o in Norvegia, invece, accade esattamente l’opposto. Chi finisce troppo tardi di lavorare viene percepito come un lavoratore poco organizzato, che non riesce ad essere produttivo a sufficienza nelle ore previste per il lavoro.

L’imprenditore Vineet Nayar ha scritto un libro molto interessante: Employees First, Customers Second: Turning Conventional Management Upside Down. Il testo racconta tra le altre cose come Nayar sia riuscito a potenziare la produzione aziendale impedendo ai suoi dipendenti di fare straordinari.

Un buon equilibrio tra vita professionale e vita privata, oltre a favorire il benessere in entrambi gli ambiti, aumenta la produttività e permette di affermare se stessi sul lavoro.

Un buon equilibrio tra vita professionale e vita privata permette di affermare se stessi sul lavoro

Gli ostacoli interiori a un sano no

Ci sono varie ragioni per cui potresti sentire che non puoi dire no. Prima di tutto potresti essere influenzato da credenze limitanti. Sto parlando di quei pensieri e punti di vista che consideriamo verità assolute e che condizionano molto la nostra vita. Queste convinzioni provengono principalmente dalla nostra educazione e dalle nostre esperienze. Ad esempio potremmo aver vissuto uno o più episodi nell’infanzia in cui abbiamo detto di no, volendo far valere la nostra opinione. Ma siamo stati sgridati.

Da questa esperienza abbiamo dedotto delle regole che portiamo ancora con noi 40 anni dopo.

Ti suggerisco un breve esercizio. Rispondi a questa domanda: quali convinzioni ti impediscono di dire no sul lavoro a colleghi, impiegati o al tuo capo? Metti la tua lista per iscritto. Per chiarire ecco qualche esempio:

  • non si può dire no a un superiore
  • dire no significa rifiutare l’altro
  • quando dico no sono poco collaborativo

A questo proposito, vorrei sottolineare che a volte dire no è una scelta più collaborativa che dire sì.

Le convinzioni che impediscono di rispettarsi

Alcuni pregiudizi legati al fatto di dire no sono influenzati da convinzioni sulla propria persona che rendono difficile affermare se stessi sul lavoro. Magari non sei del tutto connesso a quel potenziale biologico che ti permetterebbe di esprimere la tua legittimità e rispettare la tua dignità. La Biokinesiologia in questo caso può esserti di grande aiuto per liberare il potenziale bloccato. Ci sono dei blocchi, ad esempio, quando pensi cose di questo genere:

  • non valgo niente
  • credo di non meritare rispetto
  • non merito di far valere il mio parere
  • vorrei avere il potere di farmi rispettare ma non ne sono capace
  • mi devo sacrificare per gli altri
  • se tutti gli altri la pensano diversamente, probabilmente sbaglio io
  • esprimere la mia autenticità e rispettarmi mi isolerà dai colleghi

Hai individuato tra i tuoi pensieri almeno una credenza che blocca i no e impedisce di affermare se stessi sul lavoro? Guardala da un’altra prospettiva per riconoscere che questa credenza è un punto di vista e non una verità assoluta.

Come togliere potere alle credenze

Esistono due domande che aiutano a relativizzare una credenza, restituendole il suo status di semplice punto di vista. Chiediti chi ha fatto l’affermazione in cui credie prova a pensare se davvero questa credenza è vera sempre e comunque. Sicuramente puoi trovare tanti esempi in cui la credenza che ti blocca viene smentita.

Per chi ha sempre detto di sì

Se non sei abituatoo non hai esperienza in materia, dire di no può sembrarti molto complicato. Cercando di immaginare cosa potrebbe succedere, potresti dipingere nella tua mente uno scenario catastrofico. In realtà non hai alcuna esperienza per confermare o negare le tue idee. Dire di no può far paura e può farti sentire insicuro perché apre le porte a qualcosa di ignoto. Rifletti anche sul fatto che di solito è più facile immaginare scenari disastrosi piuttosto che paradisiaci. Sempre per via delle convinzioni limitanti.

Dire di no può far paura e può farti sentire insicuro perché apre le porte a qualcosa di ignoto

Ti consiglio di fare un po’ di pratica. Inizia pronunciando dei no che non sono molto importanti, dei piccoli no per avere più fiducia in te stesso. Man mano che si prende confidenza nell’affermare se stessi sul lavoro è possibile dire no in situazioni più delicate. Esercitandoti a dire no potrai diventare consapevole delle potenziali ripercussioni.

La paura delle conseguenze negative

Tante persone sono portate a temere le ripercussioni dei loro no. Quando si parla di dire no sul lavoro le paure più comuni riguardano un mancato aumento di stipendio, un licenziamento, difficoltà a fare carriera. Oppure si teme di creare tensioni nelle relazioni con superiori e colleghi. O si pensa che dire no possa farci perdere la stima altrui. Se dico no – pensano alcuni – verrò considerato un pigro o un fannullone. Ricordiamoci sempre che anche evitare di dire no può avere delle ripercussioni importanti.

A volte, la paura di ripercussioni negative è dovuta solo alle proprie convinzioni limitanti e non c’è alcuna relazione con la realtà. È altrettanto vero però che il tuo no può metterti di fronte alla necessità di affrontare conseguenze negative. Vedremo insieme in un altro articolo come imparare a dire no nel modo migliore, perché il no diventi parte integrante di una relazione sana.

In alcune situazioni e contesti, dire di no, anche se si tratta di un no legittimo, può farti rischiare di perdere il lavoro. Qualunque sia la decisione che prenderà chi si sente costretto a fare una scelta così impegnativa, un’imposizione del genere non può che essere una ferita difficile da rimarginare nella relazione di fiducia con l’autorità.

Valuta bene il rapporto tra rischi e benefici prima di rinunciare al no. Perché significa rinunciare ad affermare se stessi sul lavoro. Pensa a tutte le conseguenze e chiediti se saprai perdonare chi ti ha costretto a non rispettare te stesso.

Valuta bene il rapporto tra rischi e benefici prima di rinunciare al no

Abbracciare l’autenticità

Saper dire no permette di aumentare la tua affidabilità e il valore del tuo contributo. Capire se il no che vorresti dire è legittimo o meno ti aiuta a ragionare e a trovare le giuste motivazioni e il coraggio per pronunciare risposte autentiche.

Osare di dire no è positivo perché significa affermare se stessi e contribuire al mantenimento di un buon equilibrio tra vita professionale e privata.

Tutto questo favorisce benessere e salute. Quando dici no (se il no è legittimo) il tuo rendimento professionale migliora. Collezionerai meno assenze per malattia, sarai meno tentato di cambiare lavoro, la tua motivazione a dare il meglio crescerà. Tutto ciò non è positivo solo per te ma anche per la tua azienda o per i tuoi clienti.

Saper dire no e affermare se stessi sul lavoro crea un clima vantaggioso per tutti.

Trasformare i conflitti per migliorare la qualità della vita

Trasformare i conflitti per migliorare la qualità della vita

I conflitti irrisolti portano a un continuo stato di tensione fisica e psicologica che può peggiorare la qualità della tua vita e minare pesantemente il tuo stato di salute. Si tratta di una situazione che vale per qualunque tipo di conflitto, dai più grandi ai più piccoli. Quindi non sto parlando solamente dei conflitti più gravi e generalizzati, come quelli che portano un popolo a ribellarsi contro un tiranno o uno Stato a combatterne un altro. Anche i conflitti di tutti i giorni sono potenzialmente dannosi.

 

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La buona notizia è che puoi imparare a risolverli partendo dallo stesso modus operandi, quello della trasformazione dei conflitti. Prima di scoprire come si trasformano e si superano i conflitti, però, è necessario comprendere come nascono.

All’origine dei conflitti

Perché nasce un conflitto? Per rispondere a questa domanda voglio attingere alle conoscenze del sociologo norvegese Johan Galtung, grande studioso della pace. Da più di 50 anni Galtung svolge l’attività di mediazione per la trasformazione dei conflitti sia in ambito domestico sia in quello internazionale. Nel momento in cui un bisogno essenziale dell’essere umano non viene rispettato o viene anche solo minacciato si genera un conflitto, che può portare alla violenza.

Quando si parla di violenza, non si intende solo la violenza fisica e intenzionale, tecnicamente definita violenza diretta. Si include anche la violenza indiretta, più subdola, soggetto di grande attenzione da parte di chiunque sia impegnato nella costruzione della pace.

Riassumendo, secondo Johan Galtung la violenza nasce da conflitti irrisolti mentre il conflitto a sua volta è generato dal fatto che qualcuno non rispetta o minaccia un nostro Bisogno Essenziale.

Il conflitto nasce dalla minaccia a un bisogno essenziale

Quali sono i Bisogni Essenziali dell’uomo

L’ampia esperienza di Galtung in ambito internazionale e non solo, gli ha permesso di scoprire e formalizzare quattro Bisogni Essenziali universali.

  1. Sopravvivenza. I bisogni connessi alla sopravvivenza sono indispensabili alla conservazione della vita: accesso a ossigeno, acqua potabile, cibo, a un riparo dalle intemperie, a una situazione di sicurezza per la propria integrità fisica, eccetera. Si parla quindi di quantità della vita. Questo bisogno è minacciato in modo evidente in caso di guerra, di siccità e di carestia, per esempio. Ma qualcuno potrebbe sentire la propria vita minacciata nel momento in cui perde il lavoro e il sostentamento economico. Oppure in caso di malattia.
  2. Benessere. Con il termine generico benessere si identifica lo stare bene a livello fisico, psicologico, emotivo e sociale. Il fatto di poter aspirare a una buona qualità della vita. Si raggiunge il benessere quando si hanno a disposizione buon cibo, aria pulita, relazioni sociali soddisfacenti, ci si realizza a livello personale e professionale, si rispettano i propri ritmi e così via.
  3. Identità. Anche il rispetto della propria identità etnica, di genere, culturale e sociale è un bisogno essenziale. Ciascuno di noi ha il diritto di vedere riconosciuta la propria individualità e originalità. Parliamo del diritto ad avere ed esprimere i propri valori e convinzioni. Si fa cioè riferimento alla dignità di ogni colore di pelle, di ogni convinzione religiosa, di ogni identità sessuale, di ogni aspirazione personale o professionale eccetera.
  4. Libertà. Il rispetto delle scelte individuali deve essere garantito per mantenere la pace. A patto che la libertà del singolo non impedisca quella di altri esseri umani. Parliamo di libertà di movimento, espressione, cura eccetera.

Dall’alternativa “o-o” all’integrazione “e-e”

La necessità che i Bisogni Essenziali dell’individuo siano rispettati motiva le richieste che ciascuno fa per vederli soddisfatti. Ignorare questi bisogni o calpestarli è alla base dei conflitti e dell’eventuale violenza che ne consegue.

Se i Bisogni Essenziali di tutte le persone all’interno di una relazione non sono rispettati il conflitto è inevitabile. E lo stesso vale per le relazioni tra due soli individui.

Quando nessuno interviene mettendo in campo gli strumenti utili alla trasformazione del conflitto, ci si trova in una situazione dove esistono solo due possibilità. O vinco io, o vinci tu. O sono io ad avere ragione e vincere oppure l’altro. Nella maggior parte dei casi, però, questo modello di (non) gestione dei conflitti non porta a nessuna conclusione.

Pensare che una delle parti debba per forza aver ragione non porta alla soluzione del conflitto

La gestione e trasformazione dei conflitti consente di transitare da un’alternativa in cui c’è opposizione (“o-o”) a un’altra in cui c’è integrazione (“e-e”).

I conflitti generano conflitti

Nei casi in cui c’è opposizione (“o-o”) il risultato è una “non soluzione”, che prevede un vincente e un perdente. Il primo apparentemente soddisfatto, il secondo frustrato.

L’antropologa belga Pat Patfoort, esperta di trasformazione di conflitti, ha individuato tre conseguenze che nascono da questo modello vincente/perdente.

  1. Escalation. Uno dei due gruppi o individui subisce una pressione e si difende attaccando, mentre l’altro viene spinto a difendersi e attaccare poi a sua volta. La difesa che ne consegue porta a un altro attacco/provocazione e così via. Ognuno accresce l’intensità del proprio attacco cercando di prendere il sopravvento sull’altro. Una modalità d’azione che provoca un aumento progressivo dell’intensità del conflitto. Il tutto può sbocciare nella violenza fisica diretta.
  2. Catena di violenze. Quando una delle due parti in lotta non riesce ad assumere (temporaneamente) una posizione di maggiore forza nei confronti dell’aggressore l’attenzione si rivolge altrove… Chi subisce l’abuso diventa a sua volta abusante nei confronti di un terzo. Ad esempio: lo Stato su un imprenditore, l’imprenditore su un dipendente, il dipendente su sua moglie, la moglie sul figlio, il figlio sul gatto. S’innesca appunto una catena e la violenza si propaga. Per riassumere, poiché una delle due parti in causa è decisamente troppo dominante (o Maggiore, come da definizione di Patfoort) il dominato (o minore) scarica la propria frustrazione sulla persona minore rispetto a sé.
  3. Interiorizzazione. Talvolta chi è in posizione di svantaggio è talmente soggiogato da non riuscire nemmeno ad attaccare un altro e a quel punto danneggia se stesso. Come? Tramite autosvalutazione, autolesionismo, suicidio eccetera.

In tutte queste situazioni vincente e perdente vivono sentimenti di rabbia, frustrazione, odio, colpa e cattiva coscienza. Se questi non vengono esternati e o incanalati adeguatamente, le persone coinvolte danneggiano sé o gli altri e la loro salute ne risente pesantemente.

Vincente e perdente vivono sentimenti di rabbia, frustrazione e odio

Qual è la soluzione?

Fortunatamente esistono più soluzioni che possono essere impiegate per la gestione di questi conflitti. Tutte partono dal modello dell’Equivalenza di Pat Patfoort. La relazione tra due soggetti A e B è sana quando ognuno riconosce l’altro come equivalente, cioè riconosce il valore dell’altro come pari. Nessuno di conseguenza ha bisogno di prendere il sopravvento sull’altro.

Per avviarsi verso la trasformazione del conflitto è importante non fermarsi alle richieste espresse in modo conscio delle parti in gioco. Un passaggio importante infatti è quello di indagare i Fondamenti alla base delle richieste. Perché ciascuno porta avanti quel determinato desiderio e volontà? Cosa pensa di ottenere di positivo soddisfacendo le proprie richieste?

Chi è coinvolto nel conflitto può così entrare in un processo che rivela le ragioni di entrambi, riconoscendole e rispettandole tanto quanto le proprie. Si procede poi per gradi, fino ad arrivare alla soluzione.

La relazione tra due soggetti è sana quando ognuno riconosce l’altro come equivalente

I conflitti nel quotidiano

Quando il soggetto A vuole qualcosa di apparentemente incompatibile con la volontà del soggetto B, ad esempio il primo vuole andare al mare, il secondo in montagna, si può creare tensione. La maggioranza delle persone è abituata a lottare perché vengano rispettati i propri desideri. Quando le cose stanno così è inevitabile che ci sia un vincente e un perdente. Uno dei due soddisferà la propria volontà mentre l’altro la dovrà sacrificare, rinunciando a far valere i propri bisogni.

Talvolta non c’è nessuna lotta: una delle persone in causa semplicemente si adegua immediatamente al desiderio dell’altro e, ad esempio, lo segue al mare.

Di fatto, però, una situazione come questa crea spesso, in chi ha ceduto, un senso di sacrificio più o meno rilevante. Sedimenta nella mente dei due interessati una specie di lista con debiti e crediti. Chi si è sottomesso pensa: “ok, per questa volta hai vinto, la prossima dovrai adeguarti tu alla mia volontà”.

Trasformare concretamente un conflitto

Abbinando l’esperienza di Galtung e Patfoort si integrano i Bisogni Essenziali, il concetto di Equivalenza e la conoscenza dei Fondamenti. Sfruttando questa integrazione possiamo creare una realtà in cui le persone collaborano per trovare un accordo, una soluzione win-win, grazie alla quale tutti vincono. I soggetti prima coinvolti nel conflitto si rilassano perché i loro Bisogni Essenziali vengono soddisfatti al 100 %. I Fondamenti dei loro desideri sono stati ascoltati e insieme si è cercata la migliore soluzione per rispettare tutte le parti in gioco.
Il percorso di trasformazione dei conflitti si articola in quattro passaggi. 

Il percorso di trasformazione dei conflitti si articola in quattro tappe 

Primo passaggio: Equivalenza

Mettiti nella condizione di considerare ogni persona coinvolta nella situazione di conflitto come Equivalente. Avete tutti uguale diritto di essere rispettati e felici. È legittimo per ognuno vedere soddisfatti i propri desideri e Bisogni Essenziali.

Questa tappa non è un’azione vera e propria ma uno stato d’essere fondamentale che condizionerà le tue azioni e permetterà di trasformare il conflitto con successo.

Tutti hanno lo stesso diritto di essere rispettati e felici

Secondo passaggio: conoscere se stessi

Prova a capire qual è il Bisogno Essenziale che non viene rispettato nella situazione che ti crea tensione. Perché provi, ad esempio, il desiderio di andare al mare? Cosa ti aspetti di ottenere dalla tua vacanza al mare? La ragione per cui vuoi qualcosa costituisce le Fondamenta del tuo desiderio.

Magari pensi che andando al mare il contatto con l’acqua e il sole ti rigenererà. Hai voglia di riposo dopo mesi di sovraffaticamento lavorativo. Solo così nutrirai davvero il tuo bisogno di benessere. L’idea della montagna non ti attira affatto, perché hai proprio necessità del contatto con l’acqua e di sdraiarti al sole.

Ascolta i tuoi desideri e quello che è importante per te

Terzo passaggio: comunicazione

Impegnati a comunicare i tuoi desideri alle altre persone coinvolte nel conflitto e spiega cosa è importante per te. È fondamentale conoscere te stesso e saper riconoscere i tuoi bisogni.

Poi, ascolta i desideri dell’altro e quello che è importante per l’altro. Cercando di comprendere insieme quali sono i Fondamenti del suo desiderio di andare in montagna. E quali sono i Bisogni Essenziali che l’altro pensa non vengano rispettati se rinuncerà a farlo.

L’altra persona, per esempio, immagina che la vacanza in montagna gli porterà tranquillità e pace. Vuole camminare nella Natura respirando aria pulita. Per contro immagina il mare e le spiagge affollate da turisti.

Ascolta i desideri dell’altro e quello che è importante per l’altro

Quarto passaggio: creatività

Collabora in modo creativo, empatico ed equo alla ricerca di una soluzione win-win. Una soluzione che rispetti i Fondamenti e i Bisogni Essenziali di ogni persona coinvolta nel conflitto.

Nell’esempio del mare o della montagna, una meta come la Sardegna, la Corsica o la Liguria potrebbe essere vincente, perché offre entrambi i paesaggi. Oppure potrebbe essere una soluzione scegliere di raggiungere spiagge incontaminate, includendo nella vacanza sia bagni sia passeggiate su un sentiero costiero. Si potrebbe anche optare per un viaggio in montagna, programmando soste e bagni al lago. E niente impedisce di valutare la prenotazione di qualche ora in una Spa, con l’obiettivo di rigenerarsi ulteriormente.

La soluzione è di tipo win-win quando ognuno si sente rispettato nei propri Bisogni Essenziali di sopravvivenza, benessere, identità e libertà e i Fondamenti all’origine della richiesta sono stati accolti e raggiunti al meglio.

Collabora in modo creativo, empatico ed equo alla ricerca di una soluzione win-win

Rispetto e gratitudine al posto di rabbia e frustrazione

Applicare queste conoscenze alla tua vita quotidiana è un contributo importante per la tua pace interiore ma anche per la pace nel mondo.

La trasformazione dei conflitti genera situazioni caratterizzate da rispetto reciproco, gratitudine e serenità. La relazione è dinamica e le persone prima coinvolte nel conflitto sperimentano una pace positiva, cioè una realtà in cui possono osare di essere se stesse. Possono così ambire a rispettarsi e farsi rispettare senza paura che nasca un conflitto. Perché sanno che se anche un conflitto dovesse nascere hanno comunque i mezzi per trasformare la situazione, sempre. Si garantisce così maggiore vitalità e auto-realizzazione per tutti.